Italica, patria di Traiano e Adriano

Italica

Italica fu la prima colonia dei Romani in Spagna. La città venne fondata nel 206 a. C. da Publio Cornelio Scipione Africano (colui che sconfisse Annibale) in corrispondenza dell’attuale Santiponce, nei pressi di Siviglia.

Italica assunse questo nome poiché nacque in principio come luogo di accoglienza per i legionari italici rimasti feriti nella battaglia di Ilipa, durante la seconda guerra punica, che vide le truppe romane di Scipione sconfiggere quelle cartaginesi di Asdrubale Giscone, nonostante l’inferiorità numerica dei soldati schierati sul campo di battaglia (45.000 fanti e 4.000 cavalieri romani e spagnoli, contro quasi 70.000 fanti e 4.000 cavalieri cartaginesi).

Dopo la sua fondazione, Italica rappresentò un importante centro nevralgico dell’Impero Romano. Nel 49 a. C. Giulio Cesare ne fece una colonia ufficiale romana e le cambiò il nome in Hìspalis. Inoltre, la città venne ingrandita gradualmente fino a raggiungere il punto in cui vi è collocata attualmente Siviglia. Proprio riguardo la costruzione Siviglia, successivamente, con la dominazione della città degli Arabi e dei Cristiani, le strutture romane di Italica subirono purtroppo un processo di spoliazione dei loro marmi e altri materiali. Italica, inoltre, diede i natali a due imperatori romani: Marco Ulpio Nerva Traiano e Publio Elio Traiano Adriano. Traiano fu il primo imperatore ad avere un’origine provinciale (Hispania Bætica) (altre fonti ci dicono provenisse da una famiglia italica residente in una provincia romana), mentre con Adriano, successore del primo, Italica raggiunse il suo massimo splendore grazie alla fondazione di una nuova città accanto alla vecchia. La Nova Urbs di Adriano era molto vasta e comprendeva 21 edifici, attualmente ancora sepolti.

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Di Ángel M. Felicísimo from Mérida, España – Anfiteatro de Itálica, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=87432600

Ai giorni nostri Italica, o per meglio dire Santiponce, offre a chi la visita delle rovine tra le più suggestive di tutta la penisola iberica. Passeggiando infatti tra le vie principali della città ci si può imbattere casualmente nelle rovine dell’antico centro. Il sito archeologico offre alla vista un anfiteatro, le terme, sculture, mosaici e diverse case e strade romane. Tra le caratteristiche principali di Italica ci sono proprio i numerosi mosaici conservati, sia policromi che in bianco e nero, che rappresentano vari soggetti, come creature del mare, sette divinità della settimana (a forma esagonale, conservati nella Casa del Planetario) e 32 specie di uccelli (conservati nella suggestiva Casa degli Uccelli o Casa de los Pájaros).

Prendiamo in considerazione proprio la Casa degli Uccelli e del Planetario: La prima è così denominata per lo splendido mosaico che rappresenta Orfeo circondato dalle numerose specie di uccelli. Situata a sud rispetto alla Casa di Nettuno (di cui parleremo tra poco), la Casa degli Uccelli, grande 1700 metri quadrati, probabilmente apparteneva a un nobile di Italica. Infatti, la qualità dei materiali, le rifiniture, la grandezza della struttura e la posizione privilegiata sono tipiche di una villa nobiliare dell’epoca. Attualmente solo una parte dell’edificio è stata restaurata e resa visibile ai visitatori. Le mura sono state recentemente costruite nell’intento di ricreare gli spazi abitativi che si sviluppavano intorno ad un peristilio o ad un giardino porticato. La Casa del Planetario si trova sul lato opposto rispetto a quella degli Uccelli. Grande quasi come la precedente (1600 metri quadrati), la Casa del Planetario è famosa soprattutto per il suo mosaico del II sec. d. C., raffigurante le sette divinità planetarie: Luna, Marte, Mercurio, Giove, Venere, Saturno e Sole. Da queste derivano i nomi dei giorni della settimana.

Accanto alla Casa degli Uccelli vi è quella di Hylas. Nella mitologia greca Ila è un giovinetto di grande bellezza, tanto da far invaghire di sé Eracle, che lo rapisce e lo porta con sé nella spedizione degli Argonauti. Durante il viaggio scompare rapito dalle ninfe di uno stagno. La Casa di Hylas è rinomata per il suo mosaico del II secolo d. C., che raffigura proprio la scena del rapimento di Ila.

Tra le rovine di Italica vi è anche la Casa di Nettuno, così chiamata per via della divinità rappresentata nel mosaico al suo interno, il dio dei mari per l’appunto. Oltre a Nettuno sono raffigurate anche altre creature marine. Il mosaico di Nettuno si trova sul pavimento della piscina del frigidarium (la parte delle terme romane dove potevano essere presi bagni in acqua fredda). La Casa di Nettuno, rispetto a quelle elencate in precedenza, è una struttura enorme se pensiamo che occupa 6000 metri quadrati. Scavato nella parte di un impianto termale, questo edificio è formato da molte sale che ospitano diversi mosaici, sia policromi che in bianco e nero. Tra questi mosaici citiamo quello rappresentante un labirinto, formato da tessere bianche e nere. Al centro del mosaico vi era una figura, ma non sappiamo chi vi fosse rappresentato poiché è stata cancellata volontariamente. Probabilmente è stata cancellata in epoca cristiana, forse per il suo carattere pagano.

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Di José Luis Filpo Cabana – Opera propria, CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=50611245

Degna di nota è anche la Casa dell’Esedra, chiamata in questo modo per l’esedra semicircolare situata alla fine del lungo cortile. La domus è collocata lungo il Cardo Maximo, si estende su una superficie di quattromila metri quadrati e occupa un intero isolato. Tali dimensioni sono dovute al fatto che l’edificio comprende alcune terme e una palestra a pianta allungata, in fondo alla quale si possono vedere alcuni grandi blocchi di cementizio, che non sono altro che i resti della volta che copriva una grande esedra. Il giardino centrale, i cui portici hanno pilastri cruciformi, mostra i resti di una bella fontana. È probabile che si trattasse di un collegium.

L’anfiteatro di Italica è attualmente uno dei meglio conservati tra i maggiori anfiteatri di tutto l’Impero. La struttura poteva contenere fino a 25.000 spettatori. Al centro dell’arena vi è una fossa che, coperta con una struttura di legno, veniva usata come zona di servizio durante gli spettacoli in cui si esibivano gladiatori e belve. La cavea, invece, è formata da tre livelli (ima, media e summa), di cui oggi restano solo i due inferiori. Riguardo l’esterno della struttura, la facciata, ormai perduta, era formata da due ordini di colonne collegate ai pilastri che sostengono le arcate. Il corpo dell’edificio era in opera cementizia, rivestita in pietra e mattoni, ma nelle parti più importanti era rivestito in marmo. Edificato per volere di Adriano (per dare alla sua città natale una struttura importante e fondamentale per il divertimento degli abitanti), l’Anfiteatro era meta anche per gli abitanti delle città limitrofe (teniamo conto infatti che l’Anfiteatro ospitava 25.000 persone, mentre Italica era abitata da circa 8.000 cittadini).

C’era poi il Traianeum, il tempio dedicato a Traiano, circondato da una piazza porticata con esedra. Il monumento si innalza nel centro di Italica e ne costituisce il punto più alto essendo sulla sommità della collina. Costituito da otto colonne per lato ed edificato su un alto podio, possiamo dire che sia l’edificio più importante dell’antica città. I lavori di scavo e di conservazione furono decisamente mal gestiti, tanto da compromettere la salvaguardia dei resti rinvenuti. L’immagine del Traianeum è ulteriormente aggravata dalla presenza di un passaggio per il cimitero di Santiponce che divide in due il tempio.

Ad Italica si trovano anche le terme più grandi della Spagna. Parliamo delle Terme Maggiori, scavate solo in parte ai giorni d’oggi. Secondo studi geofisici condotti negli anni ’90 queste terme si estenderebbero per circa 3200 metri quadrati. È stata rivelata anche la presenza di una palestra di notevoli dimensioni adiacente al muro meridionale del complesso termale. Gran parte della superficie delle Terme, inoltre, era rivestita di marmo, che nel corso dei secoli furono saccheggiate rendendo così più difficile la comprensione delle rovine. Nei pressi dell’abitato di Santiponce ci sono anche le Terme Minori, che occupavano un’area di circa 3000 metri quadrati.

Oltre agli edifici pubblici e privati, la città era dotata di un servizio di rifornimento idrico e di una rete di cloache. L’acqua corrente arrivava per mezzo di un acquedotto alle Cisterne o Castellum acquae, e da qui fluiva alle fontane pubbliche e agli edifici principali attraverso tubazioni di piombo. Le acque di scarico, così come quelle piovane, andavano a finire nelle cloache, che oggi sono visibili, poiché situate sotto alcune grate poste agli incroci delle strade della città.

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Di Emilio J. Rodríguez Posada – Edificio del mosaico de Neptuno en Itálica, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=62051594

Parliamo infine del Teatro, che si trova nei pressi dell’odierno villaggio di Santiponce, al di fuori delle mura urbane. Edificato in età augustea (secondo alcuni studiosi già con Cesare), con Adriano venne edificata una cappella per il culto della dea Iside. La costruzione dei teatri in Spagna si concentrò comunque in un periodo breve, approssimativamente tra il periodo cesariano/augusteo e i primi anni dell’età dei Flavi. Questo spiegherebbe l’uniformità delle costruzioni.

La cavea del Teatro poteva ospitare 3000 spettatori e venne costruita intorno al I secolo a. C.. Tra la cavea e l’orchestra, lo spazio semicircolare davanti alla scena, si localizza il balteus, una cornice di marmo davanti alla quale si dispongono i posti in prima fila (proedria) per ospitare gli spettatori più importanti, come magistrati e senatori. L’ordine di occupazione dei posti nel teatro risponde infatti a un rigido protocollo: nei primi tre gradoni, più ampi rispetto agli altri, si sedevano le persone più importanti della città, mentre il grande pubblico sedeva dove poteva. Le donne e gli schiavi dovevano occupare la parte più alta della cavea e ai forestieri era proibito l’ingresso. Il diametro della cavea è di 77,70 metri, mentre la scena misura 48,50 metri.

L’orchestra e le sue immediate vicinanze compongono il settore meglio conservato del Teatro di Italica. Essendo la parte più bassa del teatro, è stata anche la prima ad essere coperta da terra a causa delle inondazioni; questo ha permesso la conservazione di una percentuale significativa della sua epidermide (gli strati marmorei che vennero saccheggiati invece nelle altre parti). C’è poi il proscaenium, la cui funzione è fondamentalmente strutturale, in quanto serve su uno dei suoi lati lunghi come appoggio del muro. Il proscaenium è decorato con ornamenti e fregi che celebrano la famiglia imperiale e le origini mitiche di Italica.

Sono presenti anche tre porte (valvae) che servivano per il passaggio degli attori dalla scena alla piazza porticata sul retro. I portici permettevano agli spettatori di ripararsi dal sole cocente e dalle piogge.

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