Il Sarcofago di Portonaccio

Sarcofago di Portonaccio

E’ considerato il più raffinato esempio di scultura privata della fine del II secolo, appartenuto probabilmente alle spoglie di un valoroso generale romano delle guerre germaniche. Alto circa 1.5 metri, il cosiddetto Sarcofago di Portonaccio fu rinvenuto nei primi anni 30 nel quartiere romano di Portonaccio (Via delle Cave di Pietralata) ed oggi conservato presso il Museo Nazionale Romano (Palazzo Massimo alle Terme).

Il grandioso sarcofago riproduce sul lato frontale lo scenario di una battaglia che si dipana su vari piani focalizzando l’attenzione sulla figura di un cavaliere romano che viene rappresentato con l’enfasi di un vincitore. La rappresentazione del combattimento viene esaltata dall’abile gioco di chiari scuri prodotti dalla profondità del taglio della pietra. La punizione inflitta a chi si ribella al dominio romano viene esaustivamente espressa dall’espressione afflitta dalle due coppie di barbari poste sui margini bassi della facciata.

Sui lati vengono riportate fasi successive dello scontro nelle quali sono raffigurati dei capi barbari che si sottomettono ai vincitori da un lato e dall’altro prigionieri condotti da soldati romani attraverso un ponte costituito da barche. Il modello iconografico del barbaro, che veniva introdotto sempre più di frequente nelle opere romane in quel periodo, mostra un cattivo combattente, disorganizzato, che concentra il destino della battaglia esclusivamente su forza fisica e ferocia, invece che sull’astuzia, sull’intelligenza, sulla tattica dell’arte della guerra. Anche le donne sono raffigurate di cattivo aspetto, con vesti lacerate e capelli in disordine, in antitesi con la classica rappresentazione della donna romana.

Il fregio frontale del coperchio, incorniciato tra i volti di due barbari poste agli angoli, enfatizza la dextrarum iunctio del defunto con la sua sposa. I volti dei defunti sono rimasti incompiuti. La datazione dell’opera è ipotizzata intorno al 180 d.C. e appare ispirata alla colonna Antonina, in altorilievo marcato. Attraverso il riconoscimento delle insegne militari riportate sul bordo superiore della cassa, identificate con la Legio IV Flavia (Aquila) e Legio I Italica (Cinghiale) si è supposto che l’identità del defunto possa essere assegnata all’ufficiale Aulus Iulius Pompilius che militò al servizio di Marco Aurelio al comando della cavalleria nella guerra contro i Marcomanni nel 172-175 d.C.

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