Il Settizonio di Settimio Severo

Settizonio

L’imperatore Settimio Severo, nell’anno 203, in occasione delle sistemazioni delle pendici a sud del Palatino, ordinò di monumentalizzare quella zona del colle con una grande facciata a ninfeo, che ricordava una sorta di scena teatrale vitruviana. Fu così innalzato il Settizonio (Septizodium o Septizonium), con il completamento di vari impianti termali progettati in epoca domizianea, all’incirca un secolo prima.

Di Franck devedjian – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=81086605

Il ninfeo severiano ci è noto dai frammenti della Forma Urbis e da varie illustrazioni rinascimentali. Esso appariva come una scena che ricordava quelle teatrali, molto scenografica, posizionata a sud dei palazzi severiani. Lungo quasi 100 metri, ospitò la tomba dell’imperatore Geta, figlio di Settimio Severo e fratello di Caracalla, dal quale fu messo a morte. Era costituito da tre grandi nicchie semicircolari, due avancorpi a base quadrata, il fronte composto di tre piani a colonne di altezza decrescente verso l’alto. Le nicchie, probabilmente, ospitavano fontane a base circolare, con una vasca generica in basso, che ne raccoglieva le acque.

Il monumento fu ispirato molto da modelli precedenti come il ninfeo di Mileto, di epoca traianea, e il ninfeo di Aspendos, di epoca adrianea, anch’essi generati dalle scene degli edifici teatrali dotate di giochi d’acqua.

Una interessante ipotesi sull’etimologia del nome ci dice che poteva essere una struttura idrica di aspetto monumentale, con al suo interno le statue raffiguranti le sette divinità planetarie: Saturno, Sole, Luna, Marte, Mercurio, Giove, Venere.

Détail de la maquette de Rome à lépoque de Constantin (5840455090).jpg

Di Jean-Pierre Dalbéra from Paris, France – Détail de la maquette de Rome à l’époque de Constantin, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=24669233

In epoca medievale, la struttura e la zona adiacente, cominciarono ad essere chiamate Septemsolium o Septasolis. Secondo le tesi più accreditate, Settimio Severo teneva molto al prestigio, ed era orgoglioso dell’eleganza che la struttura dava al suo complesso sul Palatino, sebbene priva di una reale utilità urbana. Con quest’opera impressionava gli avventori che da sud, lungo la via Appia, giungevano in città.

Il Septizodium, già in rovina alla fine dell’VIII secolo, divenne una fortezza baronale e nel corso degli anni, a seguito del crollo della sezione centrale, le due parti rimaste venivano chiamate Septem solia maior e Septem solia minor. I ruderi ancora in piedi entrarono nel sistema di fortificazioni dei Frangipane, nobile e potente famiglia romana: Jacopa de’ Settesoli nata nel 1190 a Roma nel rione Trastevere, fu data in moglie giovanissima a Graziano Frangipane de’ Settesoli, che aveva in proprietà il Septizodium. Nel 1223 ospitò nella Torre della Moletta, il suo amico e maestro Francesco d’Assisi.

Nel corso dei secoli la struttura fu oggetto, come quasi tutti i monumenti romani, di devastazioni e utilizzata come cava di materiali per altri edifici: nel 1588-89 l’architetto Domenico Fontana si occupò, su ordine di Papa Sisto V, della distruzione definitiva delle rovine del Septizodium, da cui furono prelevati preziosi quantitativi in peperino, travertino e colonne, destinati al riutilizzo per la facciata nord di San Giovanni, alcune strutture in Santa Maria Maggiore, il Palazzo della Cancelleria e la chiesa di San Giacomo degli Schiavoni.

 

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