Il crollo dell’impero d’Occidente e la nuova era Bizantina

L'impero romano d'Oriente

L’importanza dell’Oriente all’interno dello scacchiere politico-economico dell’Impero romano accrebbe soprattutto grazie alla figura dell’imperatore Diocleziano. Al potere dal 284 al 305 d. C., Diocleziano si rese conto che l’Impero fosse ormai troppo vasto per essere gestito in maniera efficiente da un solo uomo. Per questo motivo, nel 285 d. C., decise di nominare come suo vice (in qualità di caesare) Marco Aurelio Valerio Massimiano. Un anno dopo si instaurò una vera e propria diarchia, con Diocleziano che prese in mano l’amministrazione delle province d’Oriente, mentre Massimiano prese il governo d’Occidente. Negli anni successivi, l’Impero venne suddiviso in quattro macroaree di governo: venne istituita quindi la tetrarchia.

Se con Diocleziano l’Oriente assunse un ruolo fondamentale nell’Impero romano, con Costantino divenne il protagonista assoluto. Proprio Costantino fu colui che pose fine alla tetrarchia nel 324 d. C.. Dopo una lunga serie di guerre civili, il figlio di Costanzo Cloro riuscì a riunificare l’Impero sotto il suo comando grazie alla definitiva vittoria sul rivale Massenzio, nella celebre battaglia di Ponte Milvio.

Nel 326 d. C. avvenne la storica e drastica decisione: Costantino ordinò l’inizio dei lavori per la costruzione della nuova capitale dell’Impero, Nova Roma (Nuova Roma) sul sito dell’antica città di Bisanzio (l’odierna Istanbul). L’obiettivo iniziale era quello di fondare una nuova capitale a immagine e somiglianza di Roma. Infatti, la nuova capitale venne dotata fin da subito di un senato e di uffici pubblici simili a quelli di Roma.

La scelta ricadde su Bisanzio grazie alla sua posizione strategica. Dal punto di vista dei commerci marittimi, la città controllava il flusso delle merci sul Mar Nero. Sul piano difensivo, invece, era circondata per tre lati dal mare, quindi era facile rifornirla e, con un’adeguata fortificazione, poteva essere ottimamente difesa dagli invasori. Tra le altre cose, trasferendosi a Bisanzio, Costantino poteva sottrarsi all’influenza del Senato di Roma*, che mal si conciliava con i suoi propositi politici. I senatori, inoltre, erano ancora ancorati alla religione pagana, mentre Costantino si era già convertito al cristianesimo (nel 313 fece promulgare l’Editto di Milano, con il quale si concedeva la libertà di culto ai cristiani).

La nuova capitale dell’Impero romano venne inaugurata nel 330 d. C.. Rispetto a Roma, Nova Roma era quattro volte più vasta.

Sebbene il nome ufficiale della nuova città fosse Nova Roma, negli anni successivi la città mantenne il nome popolare di Costantinopoli (letteralmente “Città di Costantino”). Se Costantinopoli era considerata comunque a tutti gli effetti la Nuova Roma, gli abitanti dell’Impero romano d’Oriente si autodefinivano Romei (dal greco Romios), ovvero Greco-Romani in lingua greca. Lo stesso Impero bizantino veniva considerato dai cittadini d’Oriente come il vero e proprio Impero romano. La denominazione “bizantino”, infatti, venne solo ideata dagli Illuministi nel XVIII secolo, quindi dopo circa tre secoli rispetto alla fine dell’Impero romano d’Oriente. Tutt’ora gli storici scelgono di usare il termine “bizantino” per non confondersi con l’Impero di età classica. Precedentemente all’introduzione di questo termine, per riferirsi all’Impero romano d’Oriente, gli europei d’Occidente parlavano di Imperium Graecorum (Impero dei Greci). Secondo gli europei occidentali dell’epoca, infatti, a raccogliere l’eredità dell’Impero non fu quello di Bisanzio, bensì il Sacro Romano Impero, fondato nel 962 d. C., data dell’incoronazione di Ottone I.

Nonostante ciò, prima della nascita del Sacro Romano Impero, le fonti occidentali talvolta usavano il termine “romani” in riferimento ai Bizantini: ciò accadeva anche perché la lingua ufficiale dell’Impero d’Oriente continuava ad essere il latino (fino alla decisione dell’imperatore Flavio Eraclio di sostituirla con il greco nel 610), mentre il greco rimaneva la lingua parlata nell’uso quotidiano (anche se il latino veniva comunque parlato dalle classi sociali più elevate).

Ancora oggi sussistono divergenze tra gli storici sulla data ufficiale d’inizio dell’Impero romano d’Oriente. Alcuni la fanno coincidere con l’inaugurazione di Costantinopoli nel 330 d. C.; ma c’è anche chi ha proposto il 476 d. C. come data spartiacque (la fine dell’Impero d’Occidente), chi il 565 (data della morte di Giustiniano I, ultimo imperatore a sognare di riportare l’Impero ai suoi fasti e di riconciarlo, riconquistando i territori perduti di Roma), e chi il 395 (anno della definitiva separazione dei due Imperi).

Fu la morte dell’imperatore Teodosio I a segnare l’irreversibile scissione tra Occidente e Oriente romano. Le due metà dell’Impero passarono nelle mani dei suoi due figli: Onorio prese il governo dell’Occidente, mentre Arcadio, il primogenito, divenne sovrano dell’Impero d’Oriente.

Formalmente e giuridicamente l’Impero rimaneva ancora unito e formava un’unica entità.

In realtà, i due imperi cominciavano ormai ad essere molto distanti. Sebbene la monetazione fosse la stessa per entrambi (erano raffigurati i due fratelli seduti sullo stesso trono e sorreggenti il globo crucigero), le leggi che venivano promulgate da Onorio, per essere valide anche ad Oriente, dovevano essere ratificate da Arcadio e viceversa. Questo fece sì che con gli anni i due Imperi cominciarono a intraprendere due cammini profondamente differenti.

L’Impero d’Occidente cessò di esistere nel 476 d. C., quando il generale unno Odoacre depose Romolo Augusto, ultimo imperatore d’Occidente. Odoacre fece inviare dal Senato un’ambasciata indirizzata all’imperatore d’Oriente Zenone: questa recava le vesti e le insegne imperiali di Romolo, a significare che l’Impero d’Occidente non aveva più bisogno di un proprio imperatore. Da quel momento in poi, l’Impero d’Oriente fu l’unico e legittimo discendente dell’Impero romano.

L'impero romano d'Oriente

LA NUOVA ERA BIZANTINA

Pochi anni dopo la morte dell’imperatore Teodosio I (395 d. C.) e la divisione  dell’Impero in due parti (affidati ai suoi due figli, Arcadio e Onorio), l’Impero romano d’Occidente venne invaso dai barbari. Popolazioni slave, germaniche e sarmatiche misero in ginocchio e devastarono l’Occidente romano, decretandone la fine.

I primi problemi sorsero proprio nel 395, quando gli alleati Visigoti (foederati) si ribellarono, eleggendo come loro re Alarico I. Successivamente, partendo dall’Illirico Orientale, giunsero in Tracia e in Grecia, saccheggiando entrambe le regioni. Flavio Stilicone, console e comandante de facto delle truppe dell’esercito d’Occidente, intervenne per fermare l’avanzata di Alarico, ma venne fermato dall’imperatore d’Oriente Arcadio, sotto consiglio del prefetto del pretorio Rufino (nonché consigliere di fiducia dello stesso Arcadio), e ordinò alle truppe orientali (che formavano una parte dell’esercito di Stilicone) di tornare indietro per proteggere Costantinopoli. Si trattava chiaramente di una mossa politica, poiché si aveva il timore che in realtà Stilicone mirasse a conquistare il dominio anche di Costantinopoli, spodestando Rufino come reggente di Arcadio.

Stilicone obbedì. Una volta tornate nella capitale dell’Impero, le truppe, con la complicità del comandante barbaro, Gainas, assassinarono Rufino. I sospetti ricaddero velocemente su Stilicone.

Dopo l’omicidio di Rufino, il primo consigliere di Arcadio divenne l’eunuco Eutropio. Questi, nel 397 d. C., fece dichiarare Stilicone “nemico pubblico” (hostis publicus) dell’Impero romano d’Oriente. Inoltre, accolse le istanze di Alarico, eleggendolo magister militum per Illyricum (comandante dell’esercito dell’Illirico) e concedendo ai Visigoti di potersi stanziare in Macedonia.

Nel 399 ci fu una nuova insurrezione, questa volta in Asia Minore per opera degli Ostrogoti di Tribigildo, foederati dell’Impero di stanza in Frigia, il cui comandante aveva dei conti in sospeso con Eutropio. Tribigildo, infatti, pretendeva che Eutropio fosse destituito dai suoi incarichi e condannato a morte. L’imperatore Arcadio scelse di contrastare la minaccia conferendo pieni poteri sull’Oriente a Eutropio e inviando il proprio comandante in capo, Gainas, contro gli Ostrogoti. Gainas, però, avrebbe obbedito solo a patto che Eutropio fosse stato giustiziato, come richiesto dai foederati ribelli. Arcadio, che in prima battuta voleva risparmiare la vita al suo consigliere di fiducia, fu convinto di farlo uccidere grazie ai consigli di sua moglie Eudossia.

Dopo un anno dall’esilio e dalla morte di Eutropio, Gainas tentò di impadronirsi di Costantinopoli, ma buona parte delle sue truppe vennero trucidate dalla folla. Lo stesso Gainas, privato di appoggi e alleanze, venne intercettato e ucciso nel 401 d. C.. Dopo quell’episodio i Germani furono esclusi dall’esercito romano-orientale come foederati e riammessi successivamente solo sotto il comando di generali romani.

Dopo la resistenza di Costantinopoli, le popolazioni barbare cominciarono a guardare nuovamente a Occidente, meno ricco e in maggiore difficoltà rispetto l’Oriente. Alarico, dopo aver perso il riconoscimento legale delle terre d’insediamento e preoccupato dalla nuova alleanza tra Arcadio e gli Unni, spostò le sue mire di conquista verso l’Italia. Sebbene Stilicone sconfisse i Visigoti più volte e arrestò la loro avanzata (401-402 d. C.), non catturò mai Alarico. Addirittura, qualche anno dopo, Stilicone e Alarico strinsero un’alleanza per strappare l’Illirico all’Impero d’Oriente. L’offensiva non venne mai attuata, poiché poco dopo  Vandali, Alani e Svevi invasero la Gallia.

Nel 408 morirono sia l’imperatore d’Oriente Arcadio che Stilicone (fatto giustiziare da Onorio per essersi alleato col nemico barbaro e aver tradito i Romani).

Sarcofago di Stilicone, basilica di Sant'Ambrogio (Milano)

Di G.dallorto – Self-published work by G.dallorto, Attribution, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2246721

Con la loro morte, l’Occidente e l’Oriente si riavvicinarono nuovamente. Il nuovo imperatore d’Oriente, Teodosio II, inviò 4.000 soldati a Ravenna per aiutare lo zio a respingere il nuovo assalto di Alarico e per spodestare l’usurpatore Prisco Attalo, anch’egli alleato dei Visigoti.

Roma stessa fu saccheggiata dai Visigoti di Alarico. Dal 24 al 27 agosto del 410 d. C. i Visigoti depredarono e distrussero templi, luoghi pubblici, case private e causarono moltissime vittime tra la popolazione (acuite anche dall’epidemia di colera che si diffuse poco dopo).

Anche nel 425 (due anni dopo la morte di Onorio), Teodosio II cercò di salvaguardare l’integrità dell’Occidente inviando un contingente militare per deporre un altro imperatore illegittimo, Giovanni Primicerio, e favorire l’ascesa di suo cugino Valentiniano III.

Teodosio II si impegnò strenuamente per tenere unito un Occidente sempre più pericolante e con numerose falle su più fronti. È infatti indicativo citare l’episodio del 441, che vide l’imperatore d’Oriente impiegare numerose truppe in Sicilia per riconquistare i territori dell’Africa settentrionale occupati dai Vandali. Così facendo, Teodosio lasciò scoperto il limes danubiano. Attila, re degli Unni, ruppe l’alleanza con i bizantini e non si lasciò scappare la grande occasione presentatagli: invase e fece terre bruciata dell’Illirico orientale, lasciato sguarnito a causa della decisione di Teodosio di spostare i suoi soldati da lì ad Occidente. L’imperatore d’Oriente fu costretto a ritirare le sue truppe dalla Sicilia e negli anni successivi non poté più prestare soccorso all’impero d’Occidente, poiché rimaneva costante la grave minaccia degli Unni.

Dopo la morte di Teodosio II nel 450 d. C., il suo successore, Marciano, continuò con la politica di sostegno all’Occidente. Infatti, in seguito all’invasione dell’Italia da parte di Attila nel 452, il nuovo imperatore d’Oriente inviò delle truppe, riuscendo momentaneamente ad arrestare l’avanzata del terribile sovrano unno.

Anche il suo successore, Leone I, tentò di aiutare l’Occidente quando, nel 468, inviò circa 1100 navi a Capo Bon (nell’odierna Tunisia) per cercare di strappare nuovamente i territori africani ai Vandali. La battaglia venne vinta dai barbari, probabilmente a causa del tradimento del generale Basilisco. Il fallimento della spedizione causò un così grande indebitamento nelle casse dell’Impero d’Oriente che ogni aiuto verso l’Occidente venne sospeso.

Nel 474 salì sul trono d’Oriente Zenone, che eliminò subito i suoi rivali, tra i quali spiccava il nome del generale alano Aspar. A differenza dei suoi predecessori, a Zenone importava ben poco delle sorti dell’Impero romano d’Occidente. Fu infatti colui che nel 476 ricevette da Odoacre, re degli Eruli, le insegne imperiali dell’Occidente. Romolo Augusto era infatti stato deposto e l’Impero romano d’Occidente non esisteva più. Ormai occupato dalle tribù germaniche e impoverito, l’Occidente venne lasciato da Zenone al suo destino. All’imperatore d’Oriente interessava che i nuovi sovrani d’Occidente riconoscessero la sua grande autorità su di essi. Gli interessi economico-politici si spostarono quindi ulteriormente verso Oriente.

Chi invece non si rassegnò alla decadenza dell’Occidente fu Giustiniano I, ultimo imperatore di Bisanzio di origini latine. Il suo obiettivo era quello di restaurare e riportare agli antichi fasti l’Impero romano. L’unico modo era riconquistare le terre d’Occidente perdute.


Lettura alternativa delle intenzioni di Costantino

* “Il rinnovo del Senato, dunque, avvenne quando le circostanze erano mature per un cambio in tal senso. Restituendo prestigio al Senato, Costantino interpretò il segno dei tempi. Dalle iniziative prese a Roma da Massenzio – non solo le vaste opere pubbliche avviate intorno alla zona della Curia, ma anche la nomina a prefetto del pretorio di un senatore di antica famiglia patrizia – Costantino comprese che le riforme varate in campo economico e amministrativo in epoca tetrarchica avevano infuso nei membri dell’ordine la fiducia che una partecipazione politica alla vita dell’Impero sarebbe stata per loro nuovamente vantaggiosa. Come Augusto, al momento dell’organizzazione del principato, egli si presentò dunque come il restauratore di quell’ordine, perché esso aveva mantenuto molto del suo prestigio, nonostante l’appannamento provocato dalle vicende dell’ultimo mezzo secolo. Sarebbe stato impossibile, infatti, governare l’Occidente senza l’appoggio delle sue aristocrazie, molti membri delle quali avevano militato nelle file di Massenzio. Né altri furono i motivi di opportunità politica che lo spinsero a trasformare Bisanzio in Costantinopoli, la nuova città rifondata per commemorare la grande vittoria su Licinio, e a fondare lì un nuovo Senato: dopo venti anni di governo solo in Occidente, Costantino non sarebbe riuscito a controllare efficacemente un Oriente conquistato con la forza senza l’appoggio degli esponenti delle nobiltà, grandi proprietari locali. In questi ultimi la creazione di un Senato, con la prospettiva di passare a un ordo superiore garante di nuovi privilegi, stimolava ex novo quel desiderio di promozione sociale che nei secoli di prosperità era stato il motore principale della coesione politica e ideologica dell’Impero e anche un formidabile fattore di stabilità, grazie all’adesione all’imperatore che i ceti dominanti avevano saputo suscitare in quelli a loro inferiori”  Rita Lizzi Testa – Costantino e il Senato romano, Enciclopedia Costantiniana (2013)

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