Un recente arresto operato dai Carabinieri di Anzio ha portato alla luce una vicenda inquietante nella tranquilla frazione di Lavinio, in provincia di Roma. Al centro della cronaca non c’è un classico regolamento di conti tra bande, ma una drammatica storia di attriti personali che hanno assunto proporzioni criminali e potenzialmente letali. Un uomo di 38 anni è stato arrestato con accuse pesantissime, tra cui tentato omicidio, atti persecutori e fabbricazione di ordigni esplosivi. La sua vendetta, o meglio, il suo avvertimento, non era rivolto direttamente alla persona con cui aveva il conflitto, ma è stato scaricato sui bersagli più vulnerabili: i genitori di quest’ultimo, una coppia di anziani coniugi.
Un atto di violenza simbolica
L’analisi dei fatti, avvenuti la scorsa estate, rivela la strategia brutale e indiretta dell’attentatore. Il 38enne avrebbe piazzato e fatto esplodere un ordigno artigianale (IED) nel giardino dell’abitazione dei coniugi, di 73 e 64 anni, per poi rincarare la dose sparando dei colpi d’arma da fuoco contro la loro auto e l’abitazione stessa. L’ordigno, classificato dai Racis come “potenzialmente letale e ad alto potenziale esplosivo”, dimostra che l’intenzione andava ben oltre il semplice danneggiamento. Questo non è solo un atto di violenza fisica, ma di violenza simbolica ed emotiva. Colpire la casa dei genitori – il luogo della sicurezza, della stabilità e dell’origine familiare – rappresenta un modo per massimizzare la pressione sul vero obiettivo, il figlio. È un messaggio chiaro: la minaccia non si limita a te, ma si estende a ciò che ti è più caro.

Il movente dietro il terrore
Dietro questa escalation di terrore sembrano esserci “vecchi attriti” con il figlio della coppia, un uomo che non vive più con i genitori e che, come l’arrestato, aveva piccoli precedenti con la giustizia. Gli investigatori ipotizzano che la radice del conflitto possa risiedere in questioni legate a debiti di droga. Se confermata, questa motivazione aggiunge un ulteriore livello di amarezza alla vicenda. Il debito, in questo contesto criminale, viene “riscosso” non solo con la forza fisica, ma anche attraverso l’intimidazione psicologica e la distruzione della pace familiare. Questo meccanismo sposta il campo di battaglia dalla strada al nucleo domestico, trasformando innocenti (i genitori) in ostaggi di una faida che non li riguarda direttamente.
Le prove a carico dell’attentatore
Le indagini condotte dai Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Anzio sono state meticolose. L’analisi dei filmati di videosorveglianza, i servizi di pedinamento e le indagini tecniche hanno permesso di raccogliere “numerosi elementi di prova”. La perquisizione domiciliare e le successive analisi balistiche e scientifiche sui residui esplosivi hanno confermato che i dispositivi erano manufatti esplosivi di produzione illecita. L’accuratezza e la dedizione degli investigatori hanno permesso di chiudere il cerchio e di emettere l’ordinanza di custodia cautelare in carcere.






