Il caso della morte del giovane studente fuorisede a Roma si è trasformato, nelle ultime ore, da un tragico lutto privato a un amaro esempio di come la cronaca sensazionalistica possa distorcere la realtà e infliggere un dolore ulteriore a una famiglia già distrutta. Il “giallo” che ha riempito le pagine dei giornali e i feed social non è mai esistito: è stata la famiglia stessa a smentire categoricamente, con una lunga lettera, ogni ipotesi di reato o mistero. Il punto di vista originale su questa vicenda non risiede nella morte del 25enne di Pulsano, di per sé una tragedia straziante, ma nella ferocia del meccanismo mediatico che, pur di generare click e visibilità, ha costruito una narrazione fittizia, calpestando il diritto al dolore e alla verità.
La verità della famiglia: una morte per epilessia
La verità, fornita dalla sorella del ragazzo, studente di Medicina e Fisica alla Sapienza, è semplice e dolorosa: il decesso è avvenuto per cause naturali, correlate alla patologia di cui soffriva, l’epilessia. La famiglia ha dovuto combattere, oltre che con il lutto inaspettato, anche con le speculazioni infondate diffuse dai media. Non c’è stata alcuna “porta sfondata”, non è stata aperta alcuna indagine da parte della magistratura, e nessun reato è mai stato ipotizzato. La comunicazione è chiara e diretta: il ragazzo è stato ritrovato in bagno dalla coinquilina e la porta era semplicemente socchiusa. Questa doverosa precisazione mira a ripristinare la dignità di un evento che, per sua natura, non aveva bisogno di ombre o misteri artificiali per essere straziante.

Smontare il “giallo del telefono” e dell’autopsia
Le speculazioni giornalistiche avevano costruito un vero e proprio “giallo” attorno a un presunto furto del telefono cellulare dello studente, o a lungaggini burocratiche sospette legate all’autopsia. La famiglia ha smontato punto per punto queste ricostruzioni. Il telefono è sempre stato nella disponibilità dei familiari e non c’è stata alcuna denuncia di scomparsa o furto. L’attesa per l’esame autoptico, presentato da alcuni media come segnale di indagini in corso, era dovuta semplicemente ai tempi tecnici della medicina legale, che non opera nei giorni festivi. La stessa autopsia, sottolineano i congiunti, è stata richiesta solo per “chiarire il nesso tra arresto cardiaco ed epilessia, data la giovane età”. La chiarezza di queste risposte annulla ogni presunto “mistero”.
L’appello disperato per il rispetto
La parte più toccante della lettera è la conclusione, che si trasforma in un appello accorato e un atto di accusa diretto al sistema dell’informazione. La famiglia si dice “estremamente rammaricata e ferita” dalla disinformazione, puntando il dito contro chi ha agito “senza rispetto, senza verificare le fonti, con l’unico scopo di ottenere visibilità e click”. Questo grido di dolore, proveniente da chi sta per affrontare il funerale, è un monito severo sull’etica giornalistica. Chiedere la rettifica immediata e l’adeguata evidenza delle informazioni corrette non è solo un diritto legale, ma un dovere morale che i media dovrebbero avere verso il pubblico e, in questo caso, verso la sofferenza altrui.






