Tenda del bar della parrocchia in fiamme a Settecamini: l’incendio è doloso!

La notte tra il 29 e il 30 settembre, a Settecamini, un quartiere di Roma, la comunità ha sfiorato la tragedia. Un atto di vandalismo, che ha visto dare fuoco al tendone del bar della parrocchia di Santa Maria dell’Olivo, si è trasformato in un allarme di proporzioni inaspettate. Solo l’intervento provvidenziale di un’ambulanza di passaggio, il cui equipaggio ha usato tempestivamente gli estintori, ha impedito che le fiamme si propagassero all’intera chiesa. L’episodio non è stato un semplice danneggiamento (il conto dei danni materiali è stimato sui 300-400 euro tra sedie e telone bruciati), ma l’ennesimo, e più grave, segnale che un gruppo di ragazzi sta tenendo il quartiere in ostaggio. Le testimonianze raccolte dal gestore del bar, Luciano, indicano che a compiere l’azione sarebbe stato un gruppo di adolescenti visti allontanarsi di corsa dopo l’innesco dell’incendio. Questo gesto, per la sua aggressività e il potenziale distruttivo, non è solo criminalità, ma la manifestazione di un profondo disagio.

L’escalation del degrado

L’incendio notturno rappresenta il culmine di una serie di atti vandalici che da mesi affliggono Settecamini. Luciano, residente da sessant’anni, descrive un quartiere ormai “sotto scacco”: vetri di automobili sfondati, sassi lanciati contro i bus del trasporto pubblico, aggressioni e molestie verso anziani e persone indifese. Il vandalismo non si limita a danni economici, ma ha colpito simboli della collettività: ad aprile un bus preso a sassate a Pasqua, a marzo le nuove macchine compattatrici distrutte e, nel 2024, i mosaici di Piazza Santa Maria dell’Olivo imbrattati con simboli nazisti e disegni osceni. Già nel dicembre 2023 era stato distrutto il presepe della parrocchia. È chiaro che l’obiettivo di questi atti non è il guadagno, ma l’attacco sistematico al tessuto sociale e ai luoghi che rappresentano l’identità e la moralità della comunità: la chiesa, il bar parrocchiale, la scuola.

Il paradosso della richiesta d’aiuto

Il punto di vista più originale e al tempo stesso drammatico è quello suggerito dalla Presidente del Comitato di quartiere Settecamini, l’avvocato Caterina Crimeni, nel suo esposto rivolto a tutte le autorità, dalla Prefettura al Ministero del Tesoro. Oltre a richiedere un aumento delle pattuglie delle Forze dell’Ordine e l’installazione di telecamere di videosorveglianza, l’esposto contiene una riflessione sociologica amara: “i primi a chiedere queste risposte concrete sono quei giovani che dissimulano nell’atto vandalico il loro grido di aiuto e il loro bisogno di attenzione”. Questo ribalta l’ottica. Il vandalismo non è solo un problema di ordine pubblico da reprimere, ma un sintomo di un fallimento educativo e sociale.

La comunità sotto accusa

Se i ragazzini agiscono come una banda indisturbata, che si spinge a citofonare al parroco alle tre di notte per sfidarlo, il problema non è solo la loro condotta, ma il contesto in cui operano. La vera questione, come sollevato dal gestore Luciano, è: dove sono i genitori di questi giovani? La sicurezza non è solo una questione di telecamere e pattuglie, ma di responsabilità familiare e di presidio sociale nelle ore serali. L’escalation di violenza e distruzione a Settecamini, culminata con l’incendio, è il grido di allarme di un quartiere che si sente abbandonato e che, per difendersi, deve appellarsi alle massime istituzioni. L’atto vandalico notturno sulla chiesa non è un attacco alla religione, ma un attacco diretto alla coesione della comunità. Fino a quando le Forze dell’Ordine e i genitori non agiranno congiuntamente, il potenziale “grido di aiuto” di questi giovani continuerà a manifestarsi in una spirale di autodistruzione e violenza.

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