25 dicembre – Dies Natalis Solis Invicti

Il culto del Sol Invictus

Nell’antica Roma, il 25 Dicembre si celebrava la nascita del Sol Invictus, perciò si svolgevano giochi e si compiva un sacrificio pubblico. Era usanza vestirsi di bianco candido e offrire libagioni e doni dorati.

Il Sole Invitto fu una divinità nella quale vennero accorpate una serie di numi, all’interno di un’unica “religione monoteista solare”. Questo culto, importato a Roma dai soldati dell’esercito romano di ritorno dalle campagne militari in Oriente, fu molto in voga in età tardoantica. Nel III secolo d.C., gli imperatori della dinastia dei Severi, in particolare Eliogabalo e Aureliano, furono molto determinati nella diffusione di questo culto e ne ricoprirono la carica di Pontefice Massimo.

Eliogabalo, divenuto imperatore a 14 anni, aveva vissuto a Emesa, in Siria, e già prima di salire al trono aveva assunto il ruolo di sacerdote del culto e si riteneva l’incarnazione della divinità. Aureliano invece si avvicino al culto in età matura: raccontò di aver avuto la visione del Sole di Emesa rincuorare le sue truppe, durante gli scontri con l’esercito della regina Zanobia del Regno di Palmira, che egli riuscì a sconfiggere proprio grazie all’intervento della città-stato di Emesa. In ringraziamento di questo aiuto, Aureliano fece edificare sul Quirinale un tempio dedicato al Sol Invictus, al quale venne istituito uno specifico corpo sacerdotale, chiamato pontefices solis invicti. Una delle sacerdotesse del culto era la madre dell’imperatore Aureliano. Tuttavia, dato che molti romani erano convinti che i cristiani adorassero il Sole, come scrisse Tertulliano, è possibile che l’iniziativa di Aureliano servisse a tentare di governare l’ascesa del culto cristiano.

Anche l’imperatore Costantino fu Pontefice Massimo del culto del Sol Invictus, dedicandogli il solis dies, l’antenato della nostra domenica: un giorno di riposo che all’epoca cadeva all’inizio della settimana.

La scelta del dies natalis del Sol Invictus ricadde sul 25 Dicembre, poiché in questo giorno si ha la notte più lunga e il giorno più corto dell’anno, e il sole sembra rinascere perché ricomincia a muoversi, dopo alcuni giorni, successivi al solstizio d’inverno, in cui sembra fermarsi in cielo.

La data comparve per la prima volta nel Cronografo del 354 d.C., insieme alla testimonianza della festività del Natale. Fu soltanto nel 330 d.C. infatti, che Costantino, ormai convertitosi al Cristianesimo, ufficializzò il festeggiamento del Natale cristiano, facendo coincidere le data della festa della Natività con quella del dies natalis Sol Invicti.

L’imperatore Giuliano, detto l’Apostata, tentando di riportare in auge i culti pagani, definì il re Sole come il Tempo, padre delle Stagioni. La personificazione del tempo era solitamente ritratta come l’Aion, intenta a far ruotare un cerchio dentro il quale girano le Stagioni, trasmettendo una connotazione di eterna ciclicità e fertilità.

Il culto solare del Sol Invictus rivela, tra i tanti, decisi collegamenti con quello di Mitra, anch’egli definito Invictus, e quelli egizi, come quello di Rē-Osiride, che comprende caratteristiche ctonie e infernali, e poi Helios a cui è assimilabile Apollo. Il dio del sole era il regolatore del percorso solare e della rotazione delle stelle, ruolo che garantiva la perpetua rinascita e la conservazione del cosmo.

Nel periodo tardo imperiale, chiamato dell’età dell’oro, l’imperatore veniva legato al Sole, latore di abbondanza, pace, giustizia e garante di quell’ordine dal quale era convinzione che derivasse la stessa eternità di Roma. Lo stesso termine “invitto” venne collegato al Sole in relazione alla titolatura imperiale, esattamente come gli imperatori venivano ritratti col capo attorniato da una corona radiata, attributo della divinità.

Il culto del Sole rimase vitale fino all’emanazione dell’Editto di Teodosio del 380 d.C., che proibì qualunque culto che non fosse quello cristiano niceno.

Rilievo con Sole Invitto e Giove Dolichenus, II secolo d.C., Museo Nazionale Romano delle Terme di Diocleziano, Roma

Antonietta Patti
Archeologa


BIBLIOGRAFIA

  • G. Dumézil, Fêtes romaines d’été et d’automne, suivi de Dix Questions romaines, trad. di Del Ninno Maurizio, Feste romane, Il Melangolo, Genova 1989;
  • M. Eliade, Trattato di storia delle religioni, (a cura di) A. Pietro, Boringheri Editore, Torino 1999;
  • A. Ferrari, Dizionario di Mitologia, UTET, Novara 2015.
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