Le guerre sannitiche (343-290 a.C.)

Le guerre sannitiche (343-290 a.C.)

«La città di Capua, con le sue terre e i suoi santuari, si affida completamente alla protezione dei Romani e chiede un’amicizia duratura e un soccorso immediato!» dichiararono gli ambasciatori del popolo capuano. Era il 343 a.C., e Capua si sentiva minacciata dall’espansione dei Sanniti — una popolazione che abitava il Sannio, nell’area corrispondente all’attuale Molise, parte dell’Abruzzo e della Campania — i quali ambivano alla conquista della Campania.

La richiesta di aiuto da parte di Capua giungeva a Roma in un momento strategicamente favorevole: da circa due anni, dopo la vittoria sui Volsci, i Romani valutavano di estendere le loro conquiste lungo la costa tirrenica. Senza esitazione, il Senato romano accettò di sostenere Capua. I Sanniti, però, non rimasero inerti di fronte a questa nuova alleanza tra Roma e Capua e, presto, dichiararono guerra ai Romani. Il conflitto, iniziato nel 343 a.C., sarebbe durato oltre cinquant’anni, fino al 290 a.C., ed è oggi ricordato come le “guerre sannitiche”.

Nella primavera del 342 a.C., gli eserciti romano e sannitico si affrontano in due grandi scontri: uno presso il monte Gauro, a nord-ovest di Napoli, e l’altro nei pressi di Caudio. Al monte Gauro, il console Valerio Corvino guida le truppe romane, che da giorni tentano di sconfiggere i Sanniti, subendo pesanti perdite senza riuscire a prevalere. Determinato a non arrendersi, Valerio si pone alla testa delle sue legioni, incitando i soldati con il suo esempio. Ispirati dal coraggio del console, i legionari romani attaccano con una forza rinnovata e, dopo ore di combattimenti, costringono i Sanniti alla fuga. La vittoria è finalmente raggiunta.

Nel frattempo, vicino a Caudio, il console Cornelio Cosso, inoltratosi con l’esercito in una stretta valle, viene accerchiato dai Sanniti. La situazione appare disperata, ma Decio Mure, un tribuno militare, nota un colle che potrebbe diventare una posizione strategica per minacciare il nemico. Il console gli affida il comando di questa audace missione, e, durante la notte, Decio e alcuni legionari riescono a occupare l’altura senza essere visti. Poco prima dell’alba, Decio lancia l’attacco, cogliendo i Sanniti di sorpresa. Assaliti su due fronti, i Sanniti sono costretti alla fuga e, ormai incapaci di proseguire la guerra, chiedono la pace e riconoscono il dominio romano su Capua.

Roma e i Sanniti, tuttavia, non rinunciano alla loro ambizione di controllo sulla Campania. Nel 327 a.C., Roma conquista l’area dell’odierna Napoli, ma i Sanniti reagiscono rapidamente: affidano il comando dell’esercito a Gaio Ponzio, che guida la resistenza in Campania. Nei primi cinque anni del conflitto, i Romani ottengono notevoli successi, arrivando a occupare gran parte del Sannio. Senza riuscire a sconfiggere i Romani in battaglia, Gaio Ponzio adotta una strategia astuta. Nel 321 a.C., fa circolare la notizia di un assedio a Lucera, alleata di Roma, e i Romani, non sospettando un inganno, prendono la via più breve attraverso la valle delle Forche Caudine.

Gaio Ponzio ha già posizionato le sue truppe tra le gole della valle e, una volta entrati, i Romani si trovano intrappolati senza via d’uscita. Circondati, tentano invano di aprirsi un varco e sono costretti alla resa, cadendo prigionieri in gran numero. Ponzio chiede consiglio al saggio padre, che propone due opzioni: o eliminare tutti i prigionieri o rilasciarli in segno di clemenza. Ponzio decide di lasciarli andare, ma solo dopo averli sottoposti a una profonda umiliazione, costringendoli a passare disarmati sotto il “giogo”, una lancia orizzontale tra due verticali. Il Senato romano, ferito nell’orgoglio, reagisce rapidamente e invia nuove truppe contro i Sanniti. Dopo intensi scontri, nel 304 a.C., Roma ottiene una vittoria decisiva a Bovianum, costringendo i Sanniti a riconoscere il controllo romano sulla Campania.

Ma i Sanniti non si arrendono facilmente. Nel 298 a.C., si alleano con Etruschi, Umbri e Galli, formando una coalizione per contrastare Roma. I Romani, consapevoli della gravità della minaccia, organizzano rapidamente tre eserciti: uno in Etruria, un altro in Umbria, e il terzo a difesa di Roma. La strategia si rivela efficace: gli Etruschi si ritirano per proteggere le loro terre, lasciando soli gli alleati. La battaglia decisiva, conosciuta come la “battaglia delle nazioni”, si svolge a Sentinum, nelle attuali Marche. Per tre giorni, 35.000 Romani affrontano 50.000 nemici in uno scontro intenso. Alla fine, i Sanniti e i loro alleati subiscono una sconfitta definitiva, segnando un trionfo duraturo per Roma.



Colpiti dalla travolgente vittoria di Roma, Etruschi, Umbri e Galli depongono le armi e avviano trattative di pace. La battaglia di Aquilonia, vinta dai Romani nel 293 a.C., è considerata il capitolo finale delle guerre sannitiche, sebbene vi siano ancora episodi di resistenza. Tuttavia, la sconfitta priva i Sanniti della capacità di risollevarsi militarmente, e il loro potenziale come minaccia alla supremazia romana sulla penisola si affievolisce. Dopo quasi cinquant’anni di aspre battaglie, i Sanniti, noti per il loro coraggio, si vedono costretti a sottomettersi al dominio di Roma. Anche i popoli dell’Italia centrale che avevano sostenuto i Sanniti devono accettare la stessa sorte. Alla conclusione delle guerre sannitiche, nel 290 a.C., il potere di Roma si estende su ampie zone dell’Etruria, dell’Umbria, della Sabina, del Sannio e della Campania.

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