All’inizio del 58 a.C., Giulio Cesare partì da Roma per raggiungere le province sotto il suo governo proconsolare: la Gallia Cisalpina e la Gallia Narbonese, che oggi corrispondono alla Provenza in Francia. Cesare, uomo di grande ingegno, aveva compreso che il proconsolato in queste regioni gli offriva l’opportunità di ottenere la gloria militare che ancora gli mancava. E così fu. Nel breve periodo di poco più di due anni, tra il 58 e il 56 a.C., Cesare completò una delle campagne militari più rilevanti per Roma, conquistando tutta la Gallia, un territorio che comprendeva le attuali Francia, Belgio e parte della Svizzera.
Nella primavera del 58 a.C., gli Elvezi tentarono di attraversare il Rodano, ma si trovarono a fronteggiare Giulio Cesare. Questi aveva costruito una linea difensiva sulla sponda sinistra del fiume, estendendola dal Lago di Ginevra fino ai monti del Giura. Dopo vari tentativi falliti, gli Elvezi cercarono un’altra strada per entrare in Gallia e ottennero dai Sequani il permesso di attraversare il loro territorio, nell’attuale Franca Contea, evitando così il passaggio nella provincia romana. Tuttavia, Cesare non era intenzionato a lasciarli procedere indisturbati: li seguì con le sue legioni, cogliendo l’opportunità per entrare nel territorio gallico e prevenire una possibile avanzata di Ariovisto nella conquista della Gallia. Il primo scontro con gli Elvezi avvenne a Bibracte, capitale del territorio degli Edui, segnando la prima vittoria di Cesare in Gallia.
All’arrivo di Cesare come governatore, la Gallia usciva da un lungo conflitto tra Edui e Sequani, due delle molte tribù galliche. I Sequani, per sconfiggere gli Edui, avevano chiesto l’aiuto di Ariovisto, principe germanico degli Svevi. Dopo aver sconfitto gli Edui, Ariovisto si era insediato stabilmente in Gallia, fondando un regno germanico nell’Alsazia. Tra i primi a subire le conseguenze di questa nuova potenza furono gli Elvezi, costretti ad abbandonare le loro terre tra il Lago di Costanza e il Giura. In oltre 350.000 si rivolsero a Cesare chiedendo il permesso di passare attraverso la Gallia Narbonese per cercare nuove terre, ma Cesare rifiutò, comprendendo che consentire il passaggio avrebbe avvantaggiato Ariovisto nel suo piano di conquista della Gallia. Decise quindi di agire rapidamente: respingere gli Elvezi era il primo passo, seguito dall’affrontare Ariovisto.
Dopo aver sconfitto gli Elvezi, Cesare inviò un messaggio ad Ariovisto, ordinandogli di evitare l’ingresso di nuove tribù germaniche in Gallia e di non minacciare le popolazioni galliche. Ariovisto, però, reagì preparandosi alla guerra, proprio ciò che Cesare sperava. Cesare fece marciare le sue legioni e i due eserciti si accamparono nei pressi di Besançon. Dopo aver fortificato il suo campo, Cesare lanciò un attacco diretto al campo nemico. La battaglia fu intensa, ma grazie alla sua strategia di riserve, con truppe fresche schierate al momento giusto, i Romani ebbero la meglio. I Germani, sconfitti, tentarono la fuga verso il Reno, ma solo pochi, tra cui Ariovisto, riuscirono a mettersi in salvo sull’altra riva. Entro la fine del 58 a.C., Cesare aveva consolidato il controllo su tutta la Gallia centrale, conosciuta come Gallia Celtica.
“I Germani sono stati cacciati, ma ora i Romani occupano le nostre terre!” – questo era il sentimento diffuso tra i Belgi, popolazione della Gallia settentrionale, chiamata Gallia Belgica. Determinati a liberarsi dalla presenza romana, i Belgi cercarono alleati e radunarono un potente esercito. Nella primavera del 57 a.C., circa 300.000 uomini si misero in marcia contro le legioni di Cesare. Senza perdersi d’animo, Cesare fortificò il suo esercito su un altopiano tra Reims e Laon, protetto da paludi e quindi difficile da attaccare. Tuttavia, una volta studiata la strategia nemica, decise di lanciare lui stesso l’attacco. La rapidità delle sue manovre, unita al valore dei soldati romani, riuscì a compensare la superiorità numerica dei Belgi, trasformando la battaglia in una carneficina. Dopo la sconfitta dei Belgi, Cesare si trovò ad affrontare una nuova alleanza: i Nervi, una popolazione della Gallia Belgica, decisi a resistere. Una dopo l’altra, tutte le popolazioni galliche vennero sconfitte.
Con queste vittorie, Cesare estese il suo dominio su tutta la Gallia Belgica, mentre i suoi luogotenenti completavano la conquista dell’Armorica (l’attuale Bretagna), dove vivevano i bellicosi Veneti. Restava solo l’Aquitania per completare la sottomissione della Gallia.
Ma la resistenza gallica non era finita. Nell’inverno del 56 a.C., i Veneti trattennero come ostaggi i Romani incaricati di raccogliere il grano per le legioni di Cesare. Il loro esempio fu presto seguito da altre tribù galliche. Cesare, deciso a soffocare la ribellione, lanciò un attacco ai Veneti su terra e mare, affidando il comando della flotta al suo luogotenente Decimo Bruto. Sicuri della vittoria grazie alla superiorità numerica delle loro navi, i Veneti affrontarono la flotta romana, ma furono sconfitti: la maggior parte delle loro navi venne distrutta. Nel frattempo, le legioni di Cesare sconfissero l’esercito dei Veneti, mettendo fine alla ribellione.
Per consolidare il suo dominio, Cesare si dedicò alla conquista dell’Aquitania, affidandone l’incarico al suo luogotenente Publio Crasso, che in una serie di vittorie nel 56 a.C. completò la sottomissione. Tuttavia, pochi anni dopo, i Galli tentarono un’ultima ribellione sotto la guida di Vercingetorige, uno dei primi capi capaci di unire un ampio numero di tribù galliche superando le tradizionali rivalità. Nel 52 a.C., Vercingetorige affrontò Cesare nell’assedio di Alesia, ma venne sconfitto. Catturato, fu imprigionato a Roma per cinque anni e, nel 46 a.C., fu condotto in catene per celebrare il trionfo di Cesare. Subito dopo la processione, venne messo a morte.