Nel 312 a.C., il censore Appio Claudio tracciò una strada che, seguendo una direttrice naturale, collegava Roma con le regioni meridionali. Questa via, che prese il nome dal suo creatore, fu chiamata Via Appia. Progressivamente estesa, dapprima fino a Capua e poi a Benevento, la strada si biforcava successivamente in due percorsi: uno più antico che conduceva a Venosa e Taranto, e un altro più recente, denominato Appia Traiana, che arrivava fino a Brindisi. Grazie alla sua importanza strategica, la Via Appia divenne rapidamente nota come la “Regina Viarum”, la principale tra le vie che si diramavano dalla Città Eterna.
I lavori per la realizzazione della Via Appia ebbero inizio nel 312 a.C., su ordine del censore Appio Claudio Cieco, un illustre membro della gens Claudia. Egli decise di ristrutturare e ampliare una strada già esistente che collegava Roma ai Colli Albani. La Via Appia, estendendosi per quasi 700 km, attraversava i territori dei Latini, Volsci, Aurunci, Irpini, Lucani e Peucezi, connettendo Roma all’Adriatico e aprendo le porte verso l’Oriente, una regione sempre considerata la più evoluta, ricca e affascinante dell’impero. Numerosi imperatori e magistrati con responsabilità sulle infrastrutture curarono attentamente la strada, intervenendo con restauri, miglioramenti e costruzioni di ponti e viadotti. Tra tutti, l’imperatore Traiano (98-117 d.C.) si distinse particolarmente, tracciando un nuovo ramo della via e realizzando opere di ingegneria davvero straordinarie.
Una vivida descrizione del viaggio intrapreso lungo l’intera Via Appia per accompagnare Mecenate in Grecia nel 37 a.C. è stata splendidamente narrata da Orazio nella quinta composizione del primo libro delle Satire. Inoltre, la Via Appia fu teatro di un evento storico tra i più drammatici: nel 71 a.C., seimila schiavi ribelli guidati dal gladiatore Spartaco, sconfitti in battaglia, furono crocifissi lungo il tratto tra Roma e Capua, un monito terribile per gli schiavi presenti nel territorio italiano.
Lungo la Via Appia, nelle vicinanze delle città attraversate, si ergevano ville e sepolcri di ricchi cittadini, seguendo una tendenza dell’epoca. Particolarmente a Roma, il tratto suburbano della strada divenne una sorta di “via dei sepolcri”, con una grande varietà di monumenti: cippi, stele, statue, are, esedre, piramidi, fino alle grandi arche, sepolcri a forma di tempietto e imponenti mausolei a pianta centrale e a tumulo. Avvolti dal verde di alberi e piante, e affiancati da parchi, giardini e lussuose ville patrizie, questi monumenti conferivano alla strada un aspetto maestoso e suggestivo. Uno dei sepolcri più celebri è il Mausoleo di Cecilia Metella, risalente all’età augustea e trasformato in torretta nel medioevo, ancora oggi visibile. La strada, larga circa 4,1 metri (14 piedi romani), permetteva il transito in entrambe le direzioni, con marciapiedi laterali (crepidines) per i pedoni, mantenendo un percorso il più possibile rettilineo.
Durante l’epoca paleocristiana, lungo i margini della Via Appia, vennero scavati i grandi cimiteri delle catacombe, tra le quali le più rilevanti furono quelle di San Callisto, che ospitavano la cripta dei Papi, e quelle di San Sebastiano, dove gli apostoli Pietro e Paolo furono temporaneamente sepolti. Nel IV secolo, proprio lungo questa via, fu fondata anche la basilica cimiteriale di San Sebastiano.
Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 d.C., la Via Appia cadde progressivamente in disuso a causa della mancanza di manutenzione. Tuttavia, nel 535, lo storico bizantino Procopio la descrisse ancora in buono stato di conservazione. Oggi è ancora possibile ammirare lunghi tratti della via nel Lazio, in Campania, in Basilicata e in Puglia, che conservano intatto il fascino di questa antica e importante arteria.