Anfiteatro Flavio (Colosseo)

Si nota da alcuni giorni una atmosfera più vibrante nella stupenda città di Roma. Oltre ai tanti Romani si vedono moltissimi stranieri: Egiziani, Arabi e persino Etiopi. Da poco tempo è terminata la costruzione del grandioso Anfiteatro Flavio e l’imperatore Tito per festeggiare l’avvenimento ha ordinato feste continue per cento giorni. Calende di maggio – anno 833 di Roma (80 d.C.).

Il programma dei giochi era in quel giorno particolarmente interessante. Ben 100 gladiatori dovevano combattere a coppie ed i cosiddetti ludi gladiatorii iniziavano al mattino e si sarebbero protratti per tutta la giornata. Già dalle prime ore del mattino una folla esorbitante si riversa nelle strade che portano al nuovo anfiteatro. Nonostante il grande numero di persone, tutto si svolge con ordine. Ottanta porte numerate si aprono tutt’intorno alla costruzione e ognuno si dirige verso quella il cui numero è riprodotto sulla sua « tessera »; altri numeri indicano per ognuno l’arcata, la galleria ed il gradino. In poco tempo tutti i 50000 posti sono occupati. Uno squillo di tromba da il segnale dell’inizio dei giochi. Per cento giorni gli spettacoli si succedono uno dopo l’altro. I ludi gladiatorii si alternano con le venationes, cioè con specie di cacce alle fiere in uno scenario di finte colline, boschi, torri. Si racconta che in un giorno siano state uccise 5000 belve. Talvolta si facevano delle naumachie, cioè vere battaglie navali fra piccoli vascelli che si muovevano nell’arena preventivamente allagata.

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Tutto ciò si svolgeva nel grandioso Anfiteatro Flavio (Colosseo nel medioevo). Esso aveva la forma di un’ellissi del perimetro di 540 metri. Le pareti esterne alte 46 metri erano divise in quattro piani. Il passaggio dall’esterno all’interno avveniva attraverso due corridoi dai quali partivano sedici scale. Sembra che l’interno fosse diviso in quattro zone sovrapposte di gradinate per il pubblico; le autorità prendevano posto sul podio delimitato da una cinta marmorea. Di marmo erano anche la maggior parte dei gradini. Vi era infine una loggia riccamente decorata riservata all’imperatore e alla sua famiglia.

L’Anfiteatro Flavio, iniziato nel 74 d.C. per ordine dell’imperatore Vespasiano, venne terminato nell’80 d.C. dall’imperatore Tito. Il nome di anfiteatro Flavio deriva da quello della famiglia Flavia cui appartenevano i due imperatori per volontà dei quali venne costruito. Nel Medioevo venne chiamato Colosseo per la sua enorme mole; sembra anche che il nome gli sia stato dato per la presenza nelle sue vicinanze di una colossale statua di Nerone.

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Per secoli sull’arena del Colosseo si susseguirono scene di una crudeltà inaudita; migliaia e migliaia di animali e di uomini vennero massacrati sotto gli sguardi soddisfatti degli spettatori. Dopo l’editto di Costantino (313 d.C.), i combattimenti dei gladiatori diminuirono e cessarono del tutto nel 404 con un editto dell’imperatore Onorio. A poco a poco il Colosseo venne abbandonato. Venne poi trasformato in fortezza. Fulmini, incendi e terremoti danneggiarono sempre più la grande costruzione. Ma più ancora essa venne manomessa dall’uomo. Per diversi secoli il Colosseo divenne una vera cava di travertino; molte costruzioni romane vennero fatte col materiale asportato dal grande anfiteatro: Palazzo Venezia, la Cancelleria, parte della Basilica di San Pietro, Palazzo Barberini. Con tutto ciò quello che rimane del Colosseo è ancora maestoso, imponente. Possenti archi, travature, colonne, scalinate danno un’impressione di grandiosità, di potenza, di immensità. E quest’opera venne costruita in poco più di sei anni! Essa testimonia ancora la potenza immensa di Roma antica, una città che fu il centro di un impero vasto più di ogni altro al mondo, costituito da immensi territori conquistati, controllati, civilizzati sino nei loro più lontani confini.

Il Colosseo ci rivela il carattere dell’architettura romana, non sempre artisticamente studiata nelle proporzioni, eppure stupenda per potenza, per ingegnosità di soluzioni tecniche. Quella dei Romani è infatti un’architettura di uomini di guerra, un’arte forte, possente, capace di ispirare riverenza in chi la contempla.

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