Le meraviglie di Piazza Navona

Le meraviglie di Piazza Navona

Tutti conoscono Piazza Navona che, a ragione, è considerata un po’ come il salotto di Roma. Certo è che questo titolo se lo contende con Piazza di Spagna o altre famosissime aree romane, ma oggi sono qui non per decidere quale piazza sia la più bella, ma per capire quanto c’è dietro le apparenze. Piazza Navona, dopotutto, non è solo la Fontana dei Quattro Fiumi, realizzata su progetto del Bernini, o la Chiesa di Sant’Agnese in Agone fatta anche su disegno del Borromini. Abbiamo chiese e palazzi nobiliari, curiosità e tradizioni, una storia millenaria che comincia nella Roma antica, per arrivare al Medioevo e proseguire anche oltre. La bellezza di Piazza Navona sta tutta qui: mai badare solo alle apparenze.

UN PO’ DI STORIA
Dopo questa piccola introduzione è giusto e doveroso fare un excursus storico della zona in cui oggi c’è Piazza Navona. Forse ben pochi, tra turisti e romani, sanno quanto sia davvero lunga la genesi dell’area, posta sull’ansa del fiume Tevere, in cui oggi si affollano milioni di persone l’anno. Per questo è giusto cominciare con il fare un excursus storico per arrivare fino ai giorni nostri, più o meno:

Fine I secolo a.C. – prima metà I secolo d.C.: molti pensano che la storia di Piazza Navona inteso come luogo di divertimento e svago per i Romani incominci con l’imperatore Domiziano (81 – 96 d.C.), ma in realtà c’era qualcosa già prima del suo stadio. Già Cesare, ed in seguito Augusto, qui eressero un edificio non stabile né in muratura, concependo uno spazio chiuso da uno steccato di legno con posti e gradinate sempre in legno, che utilizzavano per la celebrazione di ludi. Questi giochi erano, fondamentalmente, adatti a celebrare gli anniversari dei loro regni e, più in generale, a dare un poco di svago ai cittadini di Roma. Anche il Foro Romano, per la cronaca e secondo le cronache, a volte era utilizzato per ludi di vario tipo, anche di stampo gladiatorio. Fu Nerone, però, colui che più di tutti caratterizzò l’area dell’attuale Piazza Navona. Fu il celebre imperatore, infatti, che fece qui costruire una sorta di piccolo anfiteatro che potesse ospitare i Neronia, i corrispettivi romani delle Olimpiadi. Così come la ben più famosa manifestazione sportiva greca, anche Nerone volle istituire una cosa simile, ovviamente per fare anche in modo di autocelebrarsi. Fu così che nacquero I Neronia che, nelle intenzioni dell’imperatore, si sarebbero dovute svolgere ogni cinque anni (per questo tali manifestazioni sportive vennero chiamate anche Quinquennalia o Ludi quinquennali).
Seconda metà del I secolo d.C.: probabilmente nell’86 d.C., ma forse anche prima, Domiziano trasformò completamente la struttura prevista da Nerone, facendo nascere quello che passerà alla storia come Stadio di Domiziano. Lungo circa 275 metri e largo circa 106 metri lo stadio (edificio avente due lati lunghi, uno corto che seguiva un andamento curvilineo e l’altro lato corto perpendicolare) poteva ospitare circa 30.000 spettatori. Domiziano, come Nerone, vedeva di buon occhio la maniera greca di passare il tempo, che consisteva anche nell’organizzazione di giochi ginnici, corse, esibizioni canore o similari. Queste manifestazioni, però, non erano ben viste dai Romani, che le consideravano un poco lontane dal loro modo d’essere. Dopotutto fino a poco tempo prima vi erano leggi che negavano la costruzione di teatri, se non a particolari condizioni. L’edificio si sviluppava su due ordini di arcate poggianti su pilastri in travertino e ritmate da semicolonne ioniche sul primo ordine e corinzie sul secondo. Un edificio che, a prescindere dalla destinazione d’uso, doveva risultare bellissimo, oltre che funzionale. Comunque sia questi giochi erano chiamati, alla greca, agones. Nel corso dei secoli il toponimo venne a modificarsi ed evolversi, corrompendosi in agone, poi in nagone, navone ed infine navona, che noi oggi tutti conosciamo.

Medioevo (V secolo d.C. – XV secolo): sino al V secolo circa lo Stadio di Domiziano fu utilizzato come luogo di divertimento, in cui varie tipologie di manifestazioni sportive vennero indette. Successivamente, come spesso capitò in tante altre occasioni, l’edificio fu semplicemente abbandonato e, a poco a poco, inglobato. È vero che lo stadio non cadde completamente in rovina, non subito almeno. Ma a poco a poco i pilastri in travertino vennero riutilizzati, le gradinate in marmo anche, così come altre strutture portanti. A poco a poco, poi, a causa di alluvioni e dell’azione dell’uomo il piano di calpestio della zona venne ad alzarsi rispetto all’antichità tanto che oggi, per avere un’idea, siamo 6 metri sopra il piano stradale di duemila anni fa. Non furono molti gli edifici che vennero costruiti sfruttando le rovine dello Stadio di Domiziano. Qualche casa, il nucleo medievale della prima chiesa di Sant’Agnese in Agone, affiancata anche da altri oratori e luoghi di culto cristiani. Ma anche alcune case-torri di medievale memorie, dunque edifici fortificati che facevano parte del panorama romano di quei secoli.
Quattrocento e Cinquecento: il 1477 fu una data importante per quella che oggi è Piazza Navona, in quanto quello fu l’anno in cui il mercato cittadino fu spostato dalla sua originaria sede, sul Campidoglio, all’attuale Piazza Navona. A questo si aggiunse anche l’apertura della Via Papalis, per volere di Papa Sisto IV, che portò l’intera zona a ravvivarsi, aumentando di valore e prestigio. Nacquero botteghe, numerosi artigiani, anche specializzati, vennero ad abitare in questa zona, così come molte furono le famiglie nobili che decisero di costruire qui le loro dimore principesche, in modo da avere le facciate delle loro case proprio lungo la Via Papalis (corrispondente più o meno all’attuale Via del Governo Vecchio). Tutta l’area, insomma, mutò grandemente, ma non finisce qui. Essendo Piazza Navona dedicata anche al mercato, numerose furono le nuove attività che qui vennero organizzate, e molte avevano un chiaro stampo tradizionale e locale. Fu qui, a Piazza Navona, che ad esempio venne istituita la festa della cuccagna. All’altezza dell’attuale Fontana del Moro venne installato un palo con, legato sulla sommità, una o più borse contenenti oggetti o beni di diverso genere (alimenti pregiati, ad esempio). Il palo era cosparso da sapone e, di conseguenza, la sfida consisteva nel raggiungere la cima del palo. Oggi una delle viuzze attorno a Piazza Navona si chiama proprio Via della Cuccagna, in memoria di questo gioco. Per non parlare poi dei momenti in cui la piazza veniva allagata da uno strato d’acqua, grazie alla chiusura dei condotti fognari. In questo modo Piazza Navona diventava una sorta di piccolo laghetto in cui i popolani amavano giocare ed in cui i nobili, con i loro carri, usavano sfrecciare per farsi notare. Ma qui a Piazza Navona venivano organizzati giochi e feste di vario genere, anche manifestazioni sportive (la memoria dell’antica Roma non si perse completamente), così come alcune attività legate direttamente al Carnevale. Un po’ più tardi, nel 1634, venne organizzata in piazza addirittura la “Giostra del Saracino” di medievale memoria. Si tratta della classica sfida tra due cavalieri, con tanto di armature ed asta, che si fronteggiavano lungo un percorso prestabilito. Concludo dicendo che, soprattutto nel Cinquecento ed a causa dell’esponenziale importanza che Piazza Navona cominciò ad avere per la popolazione, altre strade furono aperte attorno all’area, in modo da renderla ancor più raggiungibile. Nella seconda metà del Cinquecento, poi, Papa Gregorio XIII Boncompagni chiese all’architetto Giacomo della Porta di progettare delle fontane che potessero abbellire la piazza. Questa è la genesi della Fontana del Moro e di quella del Nettuno.
Seicento: questo fu il secolo in cui Piazza Navona prese la sua forma attuale, diventando un’elegante area piena di meraviglie architettoniche. Dobbiamo ringraziare Papa Innocenzo X Pamphiljj (1644 – 1655), che acquistò quello che oggi è Palazzo Doria-Pamphilj (divenuto poi Ambasciata del Brasile). Il pontefice cominciò a considerare la piazza come una sorta di cortile privato, che certamente non poteva sfigurare con lo sfolgorante bellezza del suo nuovo palazzo, dedicato a se stesso ed alla sua famiglia. Per questo chiamò i più grandi artisti e mastri del barocco romano e non solo (Bernini, Borromini o i Rainaldi), per dotare la piazza di architetture ancora oggi ammirate da milioni di persone. Parlo, ad esempio, della celeberrima Fontana dei Quattro Fiumi, su progetto berniniano, e della Chiesa di Sant’Agnese in Agone realizzato su disegni del Borromini.
Successivamente altre furono le modifiche subite dalla piazza, soprattutto con l’apertura dell’attuale Corso Rinascimento, avvenuta nel corso degli anni ’30 del secolo scorso. Nonostante tutte queste modifiche, come vediamo bene ancora oggi, Piazza Navona mantenne la forma dell’antico Stadio di Domiziano, in un perpetuo memoriale dell’edificio monumentale che qui per primo venne eretto. Dopo aver compreso meglio la storia e l’evoluzione di Piazza Navona è giusto fare, ora una carrellata di alcuni dei monumenti, dei palazzi, delle curiosità che la zona presenta. Capirete come non c’è solo la Fontana dei Quattro Fiumi a rendere speciale Piazza Navona. Mettetevi sul lato corto della piazza, avendo di fronte a voi il Palazzo Doria-Pamphilj, e vediamo di saperne di più sulle sorprese di questa celebre area di Roma.

Palazzo Doria-Pamphilj: l’attuale edificio è figlio del palazzetto Pamphilj, l’originale dimora della famiglia che fu, però, drasticamente ricostruito, abbellito ed ingrandito per volere di Papa Innocenzo X. È probabile che, fondamentalmente, il pontefice spese molti dei soldi della sua famiglia per fare un gradito dono ad Olimpia Maidalchini, la cosiddetta “Pimpaccia”, sua parente e persona dal carattere di ferro. Passerà alla storia per aver molto influenzato l’operato del Papa, per aver probabilmente aperto e gestito un giro di prostituzione, per essere avida di denaro e di potere e per avere tentato, alla morte del papa, di sottrarre una parte del suo tesoro. Oggi l’edificio ha anche il nome dei Doria poiché all’estinzione del ramo maschile della famiglia Pamphilj furono proprio i Doria, grazie a matrimoni d’interesse, a prendere le redini del clan. La famiglia possedeva, e possiede tuttora, il noto palazzo di Via del Corso (sede di una bellissima galleria d’arte), e nel 1961 i Doria-Pamphilj vendettero l’edificio al Brasile. Essendo un’ambasciata è molto difficile entrare al suo interno, ma se poteste farlo sareste abbagliati dalle opere d’arte, dallo sfarzo, dall’eleganza delle gallerie e delle sale del palazzo. Il cortile interno, fulcro di ogni edificio rinascimentale e non solo, oppure le volte delle gallerie affrescate da maestri come Pietro da Cortona, grande esponente del barocco romano, che dipinse in particolare il ciclo della “Storie di Enea”, uno degli esempi romani di ciclo pagano all’interno di palazzi nobiliari.
Palazzo Braschi: volgendo lo sguardo a sinistra vedrete uno dei prospetti di Palazzo Braschi, passato alla storia per essere l’ultimo edificio principesco e nobiliare costruito per volere di un pontefice. In realtà le sue origini risalgono al Quattrocento, quando la famiglia Orsini fece edificare un primo corpo di fabbrica, uno dei tanti che possedevano in città. Passò di mano in mano, tornando anche gli Orsini, fino a che, alla fine del Settecento, non fu acquistato da Pio VI Braschi, ultimo pontefice di quel secolo che, tra le altre cose, fece una brutta fine (si ritrovò invischiato nei movimenti anticlericali romani, di ispirazione francese, tanto che fu arrestato ed allontanato dalla città). Entrare a Palazzo Braschi significa, innanzitutto, poter visitare le numerose mostra d’arte temporanee che, ciclicamente, vengono presentate (al momento della stesura di questo articolo, ad esempio, è in scena una bellissima mostra dedicata a Canova). Ma entrare qui significa anche godere degli elementi d’arredo, delle monumentali scalinate e delle sale decorate e stucco realizzate nel più puro stile settecentesco: elegante e lussuoso
Fontana del Moro: stando di fronte a Palazzo Doria-Pamphilj vi basterà girarvi a destra per vedere la prima delle fontane di Piazza Navona. La sua genesi si deve a Papa Gregorio XIII che, come detto in precedenza, decise di trasformare quello che era un semplice abbeveratoio per cavalli in una fontana ben più pregiata. Giacomo della Porta, che si occuperà di molte altre fontane di Roma, lavorerà al progetto. Fu lui, originariamente, a decorare l’opera architettonica con elementi e personaggi tipici del suo bagaglio culturale (siamo nel Cinquecento) e tipici, inoltre, di una fontana: abbiamo tritoni, mostri marini ed altri personaggi legati all’acqua. Innocenzo X, però, nel suo grandioso progetto di abbellimento di Piazza Navona chiamò Bernini per intervenire. Fu lui, dunque, a disegnare il Moro, il personaggio principale della fontana, da cui anche prese il nome. Lo si vede al centro, nell’atto di tenere con forza la coda di un delfino, dalla cui bocca, posta tra le gambe dell’uomo, esce l’acqua. Si nota tutto l’estro, tutta la peculiare arte dinamica del Bernini. Curiosità: pare che il maestro, per realizzare il ritratto del Moro, si ispirò al celebre Pasquino, la statua parlante posta non lontano da qui. Essendo il Pasquino mutilo e dai lineamenti facciali deformati dal tempo, non è certo considerato come modello di bellezza. E pare che Bernini avesse appositamente scelto, come ispirazione per una delle statue che dovevano abbellire la Piazza Navona voluta da Innocenzo X, qualcosa che non brillasse per perfezione, simmetria e bellezza. Dopotutto tra lui ed il Papa non c’erano buoni rapporti…
Chiesa Sant’Agnese in Agone: è facile vedere la mole della cupola di questa straordinaria chiesa che, non a torto, è considerato il capolavoro del Borromini. E’ giusto dire, innanzitutto, che il progetto fu avviato, sempre per volere di Papa Innocenzo X, nel 1652 e che fu affidato a Girolamo e Carlo Rainaldi. Dopo un solo anno, forse perché il pontefice voleva qualcosa di meno classico e più estroso, fu chiamato Borromini. Fu lui a modificare radicalmente il progetto sebbene, però, dovette far fronte alle mura già costruite dal team di architetti precedenti. Nonostante queste difficoltà il nostro Borromini concepì un edificio con una facciata concava e curvilinea, seguendo l’andamento della piazza, ed anche un poco schiacciata. In questo modo è ancora oggi possibile vedere e percepire la grande mole della cupola che, però, non risulta troppo pesante né ingombrante a colpo d’occhio. Le coppie di piccoli campanili rendono la struttura molto leggera e slanciata, donando al complesso un enorme grado di armonia. Entrando, poi, si rimane abbagliati dall’atmosfera di raccoglimento che è possibile, distintamente, avvertire. Lo spazio interno è ottagonale e dona un senso di intimità davvero incredibile. I numerosi marmi policromi utilizzati, uniti al candido marmo utilizzato per i quattro rilievi posti agli angoli, danno un grande equilibrio cromatico all’interno. Ma poi alzate gli occhi al cielo ed ammirate la calotta della cupola completamente affrescata da Ciro Ferri, con la sua “Gloria del Paradiso”. Un turbinio incessante di figure e di nubi, di angeli e di santi vi accolgono e, con il loro movimento, sembrano quasi invitarvi a guardare in alto, sempre più su, sino alla lanterna della cupola. Un diretto contatto con il cielo. Vi consiglio anche di andare nella cripta sotterranea per respirare un poco l’atmosfera medievale della chiesa barocca che, lo ricordo, è figlia del piccolo oratorio costruito secoli prima. Poi, lasciando la basilica, sopra il portale d’ingresso guardate in alto dove vedrete il ritratto di Papa Innocenzo X in un atteggiamento benedicente. Quella è anche la sua tomba, ad imperitura memoria dell’uomo che rese Piazza Navona un gioiello del Barocco, di Roma e dell’umanità tutta.
Fontana dei Quattro Fiumi: uscendo dalla chiesa vi ritroverete quasi spaesati nel vedere la celeberrima fontana realizzata su progetto del Bernini. E’ curioso sapere come, quando Papa Innocenzo X commissionò il progetto di una nuova, monumentale fontana che avrebbe dovuto rendere Piazza Navona l’area più bella di Roma, inizialmente Bernini non fu preso in considerazione. Alcuni suoi progetti si rivelarono dispendiosi e difettosi, mentre come detto prima il rapporto tra il maestro ed il pontefice non fu sempre idilliaco. Per convincere il papa a farsi dare la commissione, allora, Bernini usò una tattica geniale: presentò il bozzetto in bronzo (alto due metri), del suo progetto direttamente all’unica persona che avrebbe potuto far cambiare idea al pontefice. Olimpia Maidalchini, la Pimpaccia. Oggi il modello in bronzo, che sarebbe interessante vedere in quanto si possono notare le differenze tra esso e la fontana oggi visibile, è posta all’interno di Palazzo Doria-Pamphilj. Comunque sia avrete capito come l’idea del Bernini fu vincente, in quanto oggi la Fontana dei Quattro Fiumi fa bella mostra di sé al centro di Piazza Navona. Abbiamo, semidistesi e nudi, le personificazioni dei quattro fiumi più lunghi del globo. Comincio da quelli che guardano verso la chiesa di Sant’Agnese in Agone, avendola alle spalle. A sinistra avete il Rio della Plata, in Sudamerica, con la sua piccola barba e la sua testa calva, elementi così diversi da quelli delle altre personificazioni per sottolineare l’etnia e la terra completamente diversa a cui appartiene il fiume (effettivamente l’aria del Rio della Plata è un po’ selvaggia). Delle monete sotto il suo busto sottolineano la ricchezza che il continente doveva avere. A destra abbiamo il Danubio, e tra i due il bellissimo cavallo rampante. Girando attorno al Danubio ecco il Gange, avente un remo in mano a sottolineare la navigabilità del fiume. Ed infine il Nilo, con il suo caratteristico velo a coprire il volto per sottolineare come, all’epoca, non si conoscevano ancora le sorgenti del fiume. I quattro poggiano su questa finta scogliera avente un’apertura al centro, che dona una leggerezza infinita a tutto il progetto. Sembra impossibile, sembra avere un equilibrio precario, ma questa è la genialità del Bernini. I fiumi sono sormontati dall’obelisco, di fattura egiziana, che originariamente Domiziano portò proprio qui per abbellire il suo Stadio. E al di sopra di tutto abbiamo una colomba in bronzo, a simboleggiare lo Spirito Santo e…altro! Infatti la colomba è anche uno dei simboli araldici della famiglia Pamphilj e, di conseguenza, in questo modo il Papa volle omaggiare non solo l’universalità della Chiesa, capace di sconfiggere il paganesimo (simboleggiato dall’obelisco) ma, anche, l’universalità della sua famiglia, di come essa possa portare la Chiesa a vette inesplorate. Molte sono le leggende che hanno a che fare con la Fontana dei Quattro Fiumi che, tra l’altro, fu anche utilizzato in alcuni famosi film (ricordate la scena del cardinale che stava affogando, cosa impossibile visti i pochi centimetri d’acqua della fontana, nel film “Angeli e Demoni”?). Una in particolare è celebre. Se tornate al Rio de la Plata noterete come il braccio sia proteso verso la chiesa, come se volesse proteggersi dal crollo imminente dell’edificio progettato dal Borromini. Ciò sarebbe un modo utilizzato dal Bernini per prendere in giro il progetto del suo eterno rivale, progetto che sarebbe stato talmente tanto sballato da costituire un pericolo per tutti. Peccato che la leggenda sia completamente falsa, se consideriamo che la fontana fu progettata anni prima della chiesa.

Collegio Innocenziano: proseguendo oltre, avendo la Chiesa di Sant’Agnese in Agone davanti ai propri occhi, guardate verso destra per vedere l’ultimo edificio voluto da Papa Innocenzo X Pamphilj. Si tratta del collegio, una scuola di formazione clericale voluta da questo pontefice che, in particolar modo, avrebbe dovuto formare le giovani menti della dei rampolli della famiglia Pamphilj che, di conseguenza, sarebbero stati pronti per affrontare gli intrighi e non solo della vita clericale dell’epoca, soprattutto quella ai massimi livelli. Anche di questo edificio si occupò Borromini che, esattamente come accadde per il cantiere della chiesa vicina, ad un certo punto mollò tutto. Il motivo? Litigi ed incomprensioni con i propri aiutanti e gli operai, oltre che in parte con il committente. Purtroppo il maestro non brillava certo per avere un carattere docile e mansueto.
Palazzo De Cupis: proseguendo oltre, con il palazzo attiguo verrete a contatto con una pratica molto comune nella Roma del Cinquecento. Quella di inglobare edifici precedenti per realizzare un grande corpo di fabbrica. Così fece, nel 1517, il cardinale Giandomenico De Cupis, cardinale di Trani. All’epoca volle celebrare la propria famiglia realizzando una versione più lussuosa ed opulenta dell’antico palazzetto qui già presente. Ed oggi la facciata, composta da tre livelli con dodici finestre (di cui quelle dell’ultimo piano aventi ancora le cornici originali cinquecentesche), ci ricorda in parte la volontà del cardinale. Da dire che il palazzo passò di mano in mano fino a quando, alla del Settecento, la famiglia Ornano non la acquistò. È doveroso ricordare che, a seguito di questa acquisizione, l’edificio divenne un teatro che fu molto rinomato a Roma per gli spettacoli di burattini e di ombre cinesi. Anche in questo, dunque, l’anima ludica e giocosa di Piazza Navona si mostrò in tutte le sue sfaccettature.
Fontana del Nettuno: arrivati ormai al lato curvo di Piazza Navona, quello rivolto verso Tor Sanguigna ed il vicino Tevere, possiamo vedere l’ultima delle fontane della piazza, quella che ebbe maggiori problemi. Anch’essa, come la precedente, inizialmente era un semplice abbeveratoio. Poi sempre Giacomo della Porta, per volere di Papa Gregorio XIII, la ammodernò a la ampliò, donandole il bellissimo basamento mistilineo (composto cioè di linee curve e rette), che ancora oggi fa da base alla fontana. Il problema però, e non sappiamo bene il perché, questa fontana originariamente aveva, come unico ornamento, una singola e solitaria colonna. Non dunque le creature marine e mitologiche della Fontana del Moro, ma qualcosa di molto più semplice. Passarono i secoli e solo nel 1873 il Comune di Roma, una città già Capitale d’Italia, bandì un concordo per rendere giustizia anche all’ultima delle fontane di Piazza Navona. Ed ecco che oggi vediamo ninfe o sirene lottare con mostri marini, piccoli puttini intenti a giocare e cavalli marini quasi trattenuti, a forza, da fanciulli. E poi il Nettuno centrale, da cui deriva il moderno nome. Inizialmente, infatti, questa vasca era chiamata Fontana dei Calderari, dal nome di questi particolari artigiani, che lavoravano il rame, le cui botteghe erano numerose nella zona.
Chiesa Nostra Signora del Sacro Cuore: continuando a girare per la piazza, dopo aver passato un paio di edifici seicenteschi, è tempo di soffermarsi sull’altra chiesa che si affaccia su Piazza Navona. Qui, nel medioevo, vi era un piccolo oratorio dedicato a Sant’Andrea il quale, agli inizi del Cinquecento, fu completamente restaurato ed ingrandito sotto la direzione dell’architetto Antonio da Sangallo il Giovane. La chiesa fu dedicata a San Giacomo, a cui venne aggiunto l’appellativo “Degli Spagnoli”. Dopotutto il santo ha un grande seguito nelle terre spagnole (basti pensare al Santuario di Santiago de Compostela), e per tale ragione questo luogo di culto divenne il punto di riferimento per la comunità spagnola di Roma. Nonostante tutto, però, la chiesa di San Giacomo degli Spagnoli ne passò di tutti colori. A poco a poco perse appeal, mentre la comunità spagnola spostò il suo centro di gravità verso Piazza di Spagna, e la chiesa arrivò addirittura ad essere abbandonata. Fu chiusa e, agli inizi dell’Ottocento, addirittura sconsacrata. Solo l’intervento di Papa Leone XIII, ultimo pontefice di quel secolo, fu determinante per le sorti del luogo di culto. Nel 1881 fu restaurato e cominciò ad essere gestito da un nuovo ordine religioso. Il nome fu modificato in quello che usiamo ancora oggi ma, purtroppo, non è finita qui. Nel 1931, a seguito dei lavori per l’apertura di Corso Rinascimento, il transetto della chiesa fu semplicemente tagliato e tolto, così che oggi, rispetto al progetto originale, essa appare monca.

Abbiamo girato completamente Piazza Navona, rimanendo comunque al suo interno. Basterebbe spostarsi dietro di essa, per esempio in Via di Santa Maria dell’Anima, per visitare chiese rinascimentali e barocche, parlare con il Pasquino o, dal lato di Tor Sanguigna, poter vedere con i propri occhi i resti di un’arcata dell’antico Stadio di Domiziano. Ma credo sia bastato questo piccolo giro turistico per apprezzare, in pienezza, la magnificenza di Piazza Navona. Il Barocco la fa da padrone, con la Fontana dei Quattro Fiumi e la Chiesa di Sant’Agnese in Agone, ma è indubbio che la storia dell’area, come accade in tutta Roma, affonda le sue radici in un periodo ben più lontano rispetto al Seicento. Tra tradizioni locali ed interessi nobiliari, tra piccoli oratori al mercato rionale, sino agli sventramenti delle chiese o alla memoria antica di Piazza Navona, che ricalca ancora oggi lo Stadio di domizianea memoria. Tutto concorre a rendere il luogo affascinante e degno di essere visto e rivisto, senza stancarsi mai.

Foto anteprima: By Jean-Pol GRANDMONT – Own work, CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=84856131

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