Il Senato e i Comizi curiati

Senato e comizi curiati

Fin dalle sue origini il popolo romano cominciò a riunirsi in assemblee. Esse si suddividevano all’inizio in Senato e Comizi curiati. Il Senato era l’assemblea d’elite, riservata alle personalità più eminenti ovvero i capi dei diversi gruppi familiari, detti senatori (senex, «vecchio»). La città era nata dalla crescita di insediamenti indigeni, già articolati in gruppi più o meno grandi: erano le gentes, insiemi di persone libere esponenti di famiglie che ritenevano di discendere da uno stesso antenato e che portavano un nome comune, e le familiae, cioè gruppi minoritari, costituite da uomini liberi ma anche schiavi, tutti sotto il potere del pater familias.

La composizione del Senato era una conseguenza dei diritti politici che la città riconosceva solo ai capi dei gruppi più forti. Queste fazioni erano le gentes, pertanto solo i capi delle genti (patres gentis) avevano diritto di un seggio in Senato. Nel corso degli anni lo strapotere dei capi delle genti preoccupò la città la quale si vide costretta a ricorrere a misure per contenerlo, appoggiandosi alle familiae ed estendendo ai capi di queste (patres familias) i poteri che anticamente erano esclusiva dei patres gentis.
La tradizione vuole il Senato composto inizialmente da 100 senatori; il numero passò poi da 200 a 300 in età monarchica. Il Senato era regolarmente consultato dal re per problematiche di politica interna ed estera; inoltre si esprimeva sulle leggi proposte dal sovrano e sulle decisioni prese dai comizi curiati (assemblea popolare). Nell’eventualità di morte del re, nel periodo vacante del titolo (interregnum) il potere veniva esercitato dal Senato. Gli auspici tornano ai senatori: il potere tornava ai senatori, che lo esercitavano per un periodo di cinque giorni ciascuno, sino al momento in cui sarebbe stato scelto il nuovo re.

La prima divisione della popolazione attribuita a Romolo fu quella in tribú. Le tre tribù originarie della città, rappresentate rispettivamente dagli indigeni sul Palatino, nella zona vicino al fiume, i Ramnes; dagli abitanti del Quirinale, forse di origine sabina, i Tities; e infine, forse di origine etrusca, i Luceres, di cui non conosciamo la residenza. All’interno di queste tribú la popolazione era suddivisa in gentes, organizzazioni familiari di origine precittadina.

La più antica assemblea popolare, i comitia curiata, si fondò a seguito di questa divisione. Essa infatti riuniva la popolazione divisa per curiae, di cui facevano parte solo i membri delle gentes. Le curie componenti i comizi erano 30, 10 per ogni curia delle tre tribù, e ciascuna era composta da 10 gruppi gentilizi. I comizi curiati, definiti anche assemblea del popolo, non riunivano però tutta la popolazione, ma solamente i gentiles (membri delle gentes). Tutto il popolo rimasto fuori, escluso dal governo della città, era definito plebe. Probabilmente agli inizi dell’età repubblicana era l’unica assemblea con poteri di elezione dei magistrati, conferendo loro l’imperium e approvandone le leggi. Poco dopo la nascita della Repubblica, i poteri dei Comitia curiata vennero trasferiti ai Comitia centuriata ed ai Comitia tributa. Secondo Marco Terenzio Varrone, i Comitia curiata si tenevano presso le cosiddette Curiae Veteres che come ci dice Tacito erano situate sul Palatino.

Fra le diverse funzioni:

  • Contributo alla formazione dell’esercito: ogni curia doveva assicurare alla città 10 cavalieri e una unità di 100 fanti, chiamata centuria. L’esercito era composto da una legione di 300 cavalieri e da 3000 fanti;
  • Elezione dei senatori: ogni curia eleggeva 10 senatori (un senatore per ciascuna delle genti che la componeva), per un totale di 300.
  • Le curie prendevano decisioni sulle dichiarazioni di guerra;
  • Dopo l’elezione del Re, era compito dei comizi curiati riconoscere il suo potere, giurando fedeltà e obbedienza con un atto noto come lex curiata de imperio.
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