Le assemblee popolari

Assemblee popolari

Il potere senatoriale e dei magistrati era ben saldo: nonostante ciò in età repubblicana la popolazione partecipava sempre più assiduamente alla vita politica della città. Alle assemblee spettavano decisioni su questioni elettorali, legislative e giudiziarie. Ai vecchi comizi curiati si affiancarono altre assemblee popolari: i comizi centuriati, i comizi tributi, i concilia plebis.

I comizi centuriati risalgono ai primi decenni dell’età repubblicana, sebbene la tradizione vuole che furono istituiti da Servio Tullio durante il processo di ristrutturazione dell’organizzazione militare. Erano basati sulla divisione del popolo in cinque classi di censo (in base alla ricchezza), e per segnalare la loro importanza su tutte le altre assemblee popolari erano detti comitiatus maximus.

In origine erano ambiti riservati ai ricchi proprietari, finché Appio Claudio Cieco (censore nel 310 a.C.) stabilì nuove regole sulle iscrizioni a una classe, stabilendo che nella prima classe i requisiti minimi fossero il possedimento di almeno 100.000 assi (in bronzo), alla seconda 75.000, alla terza 50.000, alla quarta 25.000 e alla quinta 12.500. Esclusi dalle classi vi erano i capite censi, i censiti in base alla persona poiché non avevano proprietà.
Nei comizi le classi erano articolate in centurie, fornendo all’esercito un contingente (cento) di soldati o cavalieri: la prima classe assicurava 80 centurie di fanti e 18 di cavalieri; la seconda, la terza e la quarta classe mettevano a disposizione 20 centurie di fanti; la quinta classe forniva 30 centurie di fanti e i capite censi 5 centurie di uomini non armati, tra cui fabbri e trombettieri. Su un totale di 193 centurie, 98 appartenevano alla prima classe, avendo quindi sempre la maggioranza assoluta: la funzione legislativa era saldamente nelle mani dei cittadini piú abbienti. Nell’ambito dei comizi centuriati venivano eletti i consoli, censori e pretori, si decidevano guerre o tregue, si sancivano condanne a morte; avevano competenza legislativa, con la quale approvavano o respingevano le proposte di legge dei magistrati. Con i comizi centuriati, si profilava una sorta di coalizione tra patrizi e plebei più ricchi, sostituendo la consueta contrapposizione patrizi-plebei con uno scontro ricchi-poveri. Probabilmente doveva riunirsi al di fuori del pomerium di Roma, nel Campo Marzio. Augusto cercò di rivalutare i comizi centuriati, almeno in materia legislativa ed elettorale, ma la Tabula Hebana attesta che Tiberio rese puramente formale l’elezione dei magistrati, che più tardi divenne propria del Senato. Anche la funzione legislativa fu esercitata sempre più raramente e cessò del tutto sotto Claudio.

I comizi tributi comprendevano sia patrizi che plebei, distribuiti territorialmente in trentacinque tribù, nelle quali tutti i cittadini venivano collocati per facilitare le funzioni elettorali e amministrative, costituendo di fatto distretti territoriali. I comizi tributi si riunivano alla sorgente Comizia, nel Foro Romano, ed eleggevano i magistrati di rango minore, come gli Edili (curulis), i Questori e i Tribuni consolari (tribuni militum consulari potestate).

I concilia plebis erano le assemblee in cui si riunivano soltanto i plebei. Le loro decisioni, su richiesta (rogatio) di un tribuno, erano chiamate plebis scita, ovvero pareri della plebe. Nel 287 a.C. una lex Hortensia stabilí che i plebisciti avessero valore di legge anche per il patriziato. Il concilium plebis inoltre eleggeva gli edili (plebe) e i tribuni della plebe, conducendo processi fino alla caduta in disuso di questa funzione con l’avvento delle corti permanenti volute da Lucio Cornelio Silla (quaestiones). Il luogo in cui l’assemblea si riuniva è l’Aventino, al di fuori del pomerio.

L’assemblea più antica del popolo romano erano i Comitia Calata, che avevano prevalentemente una funzione a carattere religioso. A questa assemblea pare venisse affidata la nomina del rex sacrorum e dei flamini, ma non vi sono riscontri certi. Probabilmente potevano ufficializzare i testamenti, testamenta calatis comitiis, e presiedere alla detestatio sacrorum, cioè alla caduta in disgrazia di un patrizio all’interno del suo rango.

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