Se l’Impero Romano è ancora oggi celebrato per la sua grandezza e imponenza, un riconoscimento significativo deve essere attribuito ai suoi legionari, che attraverso i secoli hanno combattuto e vinto contro molti eserciti stranieri. Questo articolo esplora la vita di un legionario nell’antica Roma, seguendo il suo percorso dal momento del reclutamento fino al congedo, e analizzando il suo stile di vita.
Prima di tutto, è importante notare che la vita di un soldato romano subì notevoli trasformazioni attraverso le varie epoche. Durante il periodo della monarchia e della repubblica, il soldato era essenzialmente un civile temporaneamente arruolato nei ranghi militari. Tuttavia, nell’era imperiale, il legionario divenne un vero e proprio professionista dell’arte bellica, retribuito direttamente dallo Stato e fornito di tutto l’equipaggiamento necessario per proteggere i confini dell’Impero o per espandere le sue aree di dominio.
Con la riforma augustea dell’esercito, l’accesso alla carriera militare divenne più selettivo, con specifici criteri fisici da soddisfare. La statura media richiesta per un legionario era di 1,60 m, mentre per far parte della prima coorte era necessario essere alti almeno 1,65 m. I cavalieri, invece, dovevano misurare almeno 1,72 m.
I candidati al servizio militare dovevano essere cittadini romani, alfabetizzati, in buona salute fisica, e avere una vista e un udito eccellenti. Era anche fondamentale verificare la loro integrità morale, principalmente per prevenire che individui cercassero di arruolarsi per evitare condanne penali.
Il soldato, dopo aver superato la probatio (un periodo di quattro mesi di prove fisiche per decidere se assegnarlo a un’unità d’élite o di supporto), veniva integrato nell’esercito e sottoposto al sacramentum, un solenne giuramento di lealtà. Durante l’età regia e repubblicana, il giuramento era rivolto al comandante e veniva rinnovato ogni primo gennaio; in epoca imperiale, invece, era dedicato all’imperatore. Seguiva poi un intenso addestramento e l’applicazione del marchio militare, un segno distintivo simile a un tatuaggio su un braccio, che aiutava anche nell’identificazione di eventuali disertori. Alla conclusione di questo percorso, i legionari iniziavano a ricevere il loro stipendium, o salario. Esaminiamo più da vicino questi due aspetti: l’addestramento e la retribuzione dei legionari.
L’addestramento iniziava già nell’infanzia: i bambini romani, influenzati dalle narrazioni delle gesta eroiche dei loro antenati, spesso giocavano a simulare battaglie. A partire dai 12 anni, era obbligatorio per tutti frequentare la palestra, dove i giovani praticavano ginnastica, correvano e si esercitavano con armi di legno. A differenza dei Greci, che consideravano l’esercizio fisico un modo per curare il corpo e raggiungere bellezza e armonia, i Romani lo vedevano come una preparazione esclusiva alla guerra. Era quindi essenziale allenarsi per resistere al peso dell’armatura e delle armi, migliorare la velocità di corsa e rafforzare il corpo. Di solito, era il padre a portare il figlio in palestra, ma gli schiavi supervisavano l’allenamento. Verso i 17-18 anni, i giovani romani si arruolavano nell’esercito e iniziavano la vita militare.
L’addestramento militare comprendeva marce estenuanti: i legionari dovevano percorrere 30 km in 5 ore al “passo di soldato” e 36 km a un ritmo più veloce, portando con sé 20 kg di equipaggiamento personale più 15 kg tra armatura e armi. Una volta raggiunta una forma fisica ottimale, le reclute iniziavano l’addestramento con le armi. Si esercitavano colpendo pali di legno con spade di legno e si difendevano con scudi di vimini, pesanti il doppio degli scudi reali. Veniva insegnato loro a colpire le parti basse e le gambe del nemico, evitando i larghi fendenti, tipici dei combattenti barbari, per non esporre eccessivamente il fianco. Essenziale era anche l’apprendimento di altre tecniche di combattimento come il nuoto, l’equitazione, il corpo a corpo, l’uso della fionda e dell’arco. Fondamentale, inoltre, era l’addestramento con il giavellotto, utilizzando versioni di legno pesanti il doppio di quelle standard.
E per quanto concerne lo stipendium? A seguito della riforma militare di Augusto, che non solo riorganizzò il sistema di arruolamento in un servizio attivo continuativo ma allontanatosi dalle sporadiche campagne militari annuali, si stabilirono diversificazioni nelle retribuzioni, erogate su base quadrimestrale e variabili in base al rango e alla posizione ricoperta durante le battaglie. Ad esempio, un cavaliere dell’Ala, che si collocava ai fianchi dello schieramento prima del combattimento, poteva guadagnare circa 250 denari, mentre un cavaliere di una coorte equitata, un’unità ausiliaria dell’esercito composta sia da fanti che da cavalieri, riceveva tra i 150 e i 200 denari. I fanti di una coorte peditata erano tra i meno remunerati.
Secondo il diritto internazionale romano, era riconosciuto il diritto di saccheggio, basato sulla convinzione che i beni e le persone sconfitte diventassero proprietà dei vincitori. Tuttavia, il bottino di guerra apparteneva allo Stato e, conformemente al giuramento, i soldati dovevano consegnare tutto quanto avevano raccolto. Ciononostante, venivano concesse elargizioni straordinarie, come il donativo, dopo una vittoria militare. Altre forme di ricompensa includevano il raddoppio delle razioni di cibo o dello stipendio e riconoscimenti pubblici, altamente valutati nella società romana e spesso esposti con orgoglio negli atrii delle abitazioni.
La grandezza della decorazione dipendeva dall’atto di valore compiuto. Per esempio, a chi uccideva un nemico in battaglia veniva assegnata una lancia priva di punta (hasta pura), mentre chi per primo scalava le mura di un forte avversario riceveva una corona speciale, realizzata in oro a partire dal II secolo a.C. Erano particolarmente apprezzate anche le onorificenze visibili come bracciali d’oro o d’argento (armillae), collane di bronzo (torques) e piccoli corni metallici da applicare sull’elmo.
Le ricompense potevano includere anche privilegi pratici, come l’esonero per i legionari più meritevoli dai compiti più onerosi, quali la costruzione degli accampamenti o il servizio di guardia.
Abbiamo già esplorato il reclutamento, l’addestramento e la retribuzione dei legionari romani, ma quanto durava esattamente la loro carriera militare? Nell’era della tarda Repubblica, un soldato poteva servire fino a un massimo di 16 anni. Augusto, nel 13 a.C., stabilì una durata di servizio definita per i cittadini, e fissò un premio al termine del servizio, rispondendo alle continue richieste di assegnazione di terre, al fine di prevenire rivolte tra le truppe. Per i pretoriani, il servizio era di 12 anni, per i legionari cittadini di 16 anni e, probabilmente, di 20 anni per gli ausiliari.
Poi, nel 5 d.C., per evitare che i pretoriani cercassero di prolungare il servizio oltre il limite stabilito, Augusto decretò che a loro spettasse un indennizzo di 20.000 sesterzi al completamento di 16 anni di servizio; i legionari, invece, ricevevano 12.000 sesterzi dopo 20 anni di servizio. Verso la fine dell’Impero, diventò sempre più difficile trovare i fondi per pagare le truppe e i pagamenti divennero irregolari. I legionari potevano ritirarsi dopo 20 anni di servizio, ma con 24 anni potevano ottenere privilegi aggiuntivi.
Per avanzare di carriera, passando da soldato semplice a centurione primipilo, erano necessari circa 14 anni di servizio. Diventare centurione primipilo portava numerosi vantaggi, inclusi aumenti salariali sostanziosi (fino a 60-70 volte il salario di un cadetto). Tuttavia, carriere più rapide erano possibili attraverso atti di coraggio eccezionali.
Al termine della carriera militare, i legionari ricevevano l’honesta missio, il congedo onorario. Durante l’epoca imperiale, a partire da Augusto, ai militari (sia legionari che ausiliari) veniva rilasciato un diploma ufficiale che attestava la fine del loro servizio. Ricevevano anche un’indennità in denaro (nummaria missio) o in beni, come un appezzamento di terra (agraria missio). Agli ausiliari congedati veniva talvolta concessa la cittadinanza romana, con il diritto di contrarre un matrimonio legittimo (ius connubii). Benefici simili erano disponibili anche per i legionari congedati anticipatamente per ferite o malattie (causaria missio) o per coloro congedati per decisione del comandante (gratiosa missio). La perdita di tali benefici si verificava in caso di congedo disonorevole (ignominiosa missio). I soldati congedati, ora chiamati veterani, potevano essere richiamati in servizio in circostanze eccezionali, venendo denominati evocati.