Il legionario romano era solito indossare una tunica che arrivava fino al ginocchio. Nei periodi caldi, questa era generalmente fatta di lino e a maniche corte, mentre durante i mesi più freddi si optava per una versione in lana a maniche lunghe. Secondo alcune fonti, i colori della tunica variavano, con tonalità che spaziavano dal bianco naturale del tessuto grezzo al beige, fino al rosso ruggine. Durante l’inverno, i legionari sovrapponevano più tuniche per proteggersi dal freddo e indossavano brache di lana, una sorta di pantaloni aderenti che arrivavano poco oltre il ginocchio.
I legionari romani calzavano robusti sandali di cuoio, chiamati caligae, dotati di diverse strati di suola e rinforzati con borchie per aumentarne la durata e resistere all’usura. Questi calzari erano scelti per la loro comodità e stabilità, caratteristiche che li rendevano ideali sia durante il combattimento che nelle lunghe marce, prevenendo perdite di equilibrio su terreni difficili. Alcuni modelli di caligae erano più chiusi nella parte superiore, simili a stivaletti, e venivano utilizzati nei mesi più freddi.
Sopra la tunica, i legionari indossavano una corazza fatta di strisce metalliche, conosciuta come lorica segmentata, progettata per proteggere efficacemente la parte superiore del corpo. Questa armatura funzionava come una sorta di busto, chiudendosi con lacci posti frontalmente, e offriva un’eccellente protezione contro frecce e colpi di spada, soprattutto provenienti dall’alto, senza limitare i movimenti di braccia e torso.
Un altro tipo di armatura, la lorica hamata, era costituita da una fitta rete di anelli metallici del diametro di 6-8 mm, che garantiva un’elevata resistenza e, se ben mantenuta, poteva durare per molti anni. Il peso complessivo di questa maglia metallica si aggirava intorno ai 15 chili. Infine, la lorica squamata, utilizzata prevalentemente dai centurioni, era un’armatura composta da piccole placche metalliche sovrapposte, simili a squame di pesce, da cui prendeva il nome.
Sotto la corazza, i legionari romani indossavano il subarmalis, una sorta di corpetto con spalline imbottite. Questo indumento, più corto della tunica e senza maniche, serviva sia per proteggere il corpo e la tunica dal contatto diretto con l’armatura e lo sporco che essa poteva accumulare, sia come elemento decorativo.
Alle estremità del subarmalis erano presenti gli pteruges, frange decorative mobili che spuntavano dalle spalle e dalla zona dell’inguine. Questi ornamenti, visibili in molte raffigurazioni di soldati, erano probabilmente fatti di cuoio per i legionari, mentre per i centurioni e gli aristocratici venivano realizzati con strati di tessuto colorato.
A livello della vita, i soldati indossavano il cingulum militaris o balteus, una cintura di cuoio adornata con borchie in bronzo, e talvolta in argento o stagno. Questa cintura, spesso associata alla spada, simboleggiava lo status militare del soldato e veniva portata anche senza l’armatura, fungendo da parte integrante dell’uniforme di servizio.
I mantelli utilizzati dai soldati romani variavano in forma e funzione. Il più comune era il sagum, un mantello rettangolare fissato con una fibbia sulla spalla destra. Un altro tipo era la paenula, spesso raffigurata su monumenti indossata da legionari, pretoriani e truppe ausiliarie, caratterizzata dalla sua forma semicircolare e dal fatto che si chiudeva sul petto. Infine, c’era il paludamentum, riservato agli ufficiali, anch’esso di forma rettangolare, che veniva drappeggiato sulla spalla sinistra e avvolto intorno al braccio.
Tra le principali armi in dotazione ai legionari vi era la lancia leggera, un giavellotto dotato di una punta metallica affilata, progettata per piegarsi al momento dell’impatto. Questa caratteristica impediva al nemico di recuperare e riutilizzare l’arma. La lancia misurava tra 1 e 2 metri di lunghezza, con un peso che variava da 1,3 a 1,8 kg, ed era lanciata contro il nemico quando si trovava a una distanza di circa 40 metri. Ogni soldato aveva generalmente due di queste lance a disposizione.
Per la fanteria pesante era invece utilizzato il pilum, un giavellotto più robusto, lungo circa 2,10 metri. Era composto da un sottile e lungo stelo di ferro che occupava circa un terzo della lunghezza totale, terminante con una punta in ferro temprato, mentre il restante due terzi erano costituiti da un solido manico in legno. Questa arma, letale all’impatto, sfruttava il peso del manico per attraversare lo scudo del nemico e continuare la sua traiettoria fino a colpire il corpo. Il pilum veniva lanciato quando il nemico si trovava a circa 20-30 metri di distanza, dopo il lancio delle armi più leggere dei veliti, e ogni legionario ne portava con sé due.
Il protagonista nel combattimento ravvicinato era il gladius, una corta spada che veniva utilizzata principalmente di punta e portata sul fianco destro. Era l’arma principale dei soldati romani, con una lunghezza compresa tra i 60 e gli 80 cm. A protezione del lato sinistro del corpo vi era lo scutum, un grande scudo rettangolare e convesso, simile a un semicerchio, che offriva una copertura ottimale. Lo scudo misurava circa 1,30 metri in altezza e 0,80 metri in larghezza, ed era realizzato in cuoio con bordi rinforzati in ferro.
Come arma secondaria, i legionari disponevano del pugio (o pugium), un pugnale con una lama di circa 20 cm, utile come strumento ausiliario nei combattimenti ravvicinati. Il peso totale delle attrezzature trasportate da ogni legionario, incluse le armi e l’equipaggiamento, poteva variare tra i 30 e i 40 chili.