Le truppe ausiliarie dell’esercito romano

Auxilia

Già agli albori della storia di Roma l’esercito romano assumeva un’importanza fondamentale per le sorti della città. Se nel corso dei secoli l’Impero Romano arrivò ad estendersi per più di 6 milioni di km² (comprendendo in totale ben 53 dei 196 Stati attualmente riconosciuti nel mondo), questo lo si deve soprattutto alla forza e all’organizzazione del suo esercito, un’autentica macchina da guerra.

Di Wolfgang Sauber – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3582755

In origine, quando vi era un pericolo per Roma, venivano assemblate truppe occasionali (civili inquadrati nei ranghi dell’esercito che si adoperavano come fanti e cavalieri) che, sotto due bandiere, si dirigevano contro gli invasori che mettevano in pericolo la patria. Successivamente, nel I sec. a. C., il legionario divenne un soldato di professione, regolarmente stipendiato, armato ed equipaggiato dallo Stato. L’esercito romano non si componeva però solo di legionari. Questo articolo si concentra infatti sul corpo degli ausiliari, soldati reclutati tra le popolazioni sottomesse da Roma. Erano perciò dei peregrini, persone libere, ma senza cittadinanza romana. Già in età repubblicana i foederate civitates (i popoli alleati di Roma) erano tenuti a inviare contingenti di fanti pari a quelli dei legionari e di cavalieri tre volte superiori. Queste truppe venivano inizialmente impiegate dai Romani ai lati dello schieramento, per questo motivo vennero chiamate alae.

Col passare degli anni e dei susseguenti conflitti, cambiarono anche le modalità e i luoghi delle varie battaglie. È per questo motivo che gli auxilia furono utilizzati nelle guerriglie, nei combattimenti nei fitti boschi (poco indicati per i legionari romani poiché provvisti di pesanti armature), in operazioni di saccheggio, di vettovagliamento, di costruzione di fortilizi difensivi, di ricerca e come arcieri per coprire l’avanzata dei legionari e la carica della cavalleria romana.

Auxilia

Sebbene non fossero ritenuti forti e valorosi come i legionari, le loro azioni furono spesso decisive per le sorti di battaglie importanti. Ad esempio, infatti, ai tempi di Traiano gli ausiliari erano divenuti così importanti che nella guerra in Dacia furono proprio loro a sostenere i principali scontri col nemico. Nella celebre Colonna Traiana, infatti, i legionari vengono ritratti soprattutto nelle mansioni tecniche o logistiche, meno nei combattimenti veri e propri. Ma anche in precedenza il loro apporto fu molto importante, come quando in Britannia fornirono coperta ai legionari di Giulio Cesare che proprio nell’isola vi sbarcarono. Lo stesso Cesare era dedito all’utilizzo delle truppe ausiliarie, in particolare faceva ricorso all’apporto dei Galli e dei Germani, inquadrandoli sotto i decurioni.

Dopo la battaglia navale di Azio del 31 a.C., Augusto riformò l’esercito romano. La “spina dorsale” dell’esercito, ovviamente, rimase la legione. L’importanza delle truppe ausiliari, però, aumentò, entrando così a far parte in pianta stabile dell’esercito. Pur rimanendo distinti dalla legione, gli auxilia cominciarono ad essere guidati da un legatus legionis (il comandante di una legione), fornendo supporto tattico e strategico ai legionari romani. Augusto fu anche il primo che offrì loro una paga mensile e un equipaggiamento uniforme.

Le truppe ausiliarie vennero così formate da unità di:

Sagittarii (al singolare in latino, sagittarius) erano le truppe formate da arcieri che militarono nell’esercito romano, sia come reparti di cavalleria sia come reparti di fanteria. In seguito alla riforma augustea dell’esercito romano fecero parte dei reparti ausiliari, come le coorti peditataeequitatae o le alae di cavalleria.

Exploratores speculatores una sorta di sistema di spionaggio di epoca romana. Ne conosciamo un paio di queste unità (numeri exploratorum) attive nel III secolo in Britannia (a Habitanco e Bremenio).

Equites cataphractarii, la cavalleria pesante dell’esercito romano. Queste unità furono create, copiando unità nemiche dei Sarmati e dei Parti, per contrastarle. Furono gli unici cavalieri che non facevano parte di una particolare squadra di esploratori, ma erano un corpo ben distinto di cavalleria (può essere considerato il primo esistente del genere). I catafratti di epoca romana erano armati con una lancia a due punte (contus) e una spada leggermente più lunga del gladio in dotazione ai legionari (la spatha). Avevano un elmo con pennacchio e con apertura a visiera. La loro corazza proteggeva anche braccia e gambe (si trattava di una evoluzione della lorica squamata). Le prime unità di catafratti introdotte nell’esercito romano, furono create da Adriano. Si trattava ad esempio dell’Ala I Gallorum et Pannoniorum catafractaria, formata da Sarmati Roxolani.

Cavalleria Leggera, molto veloce nella manovra tattica, venendo impiegata soprattutto per colpire rapidamente il nemico e ritirarsi altrettanto rapidamente, lanciando i giavellotti. Era anche impiegata con compiti di perlustrazione, avanguardia, agguati, ma estremamente vulnerabile nel combattimento “corpo a corpo”. Non è molto chiaro quanto di queste forze fossero usate come reparti regolari di auxilia e quanti tra i foederati. Poi nel III secolo apparvero nuove unità di cavalleria leggera, apparentemente reclutate lungo le province danubiane, chiamate equites Dalmatae. Poco si sa di queste unità, sebbene ce ne fossero numerose durante tutto il IV secolo, come ci tramanda la Notitia Dignitatum.

Frombolieri, dal 218 a.C. tutti virtualmente mercenari, provenienti dalle isole delle Baleari, che avevano una lunga tradizione, fin dall’epoca preistorica. Non è certo se durante il periodo imperiale, queste unità avessero continuato ad esistere o se fossero stati man mano sostituiti da altre unità di altre regioni, come avvenne per gli arcieri di Creta. Durante il principato non sono menzionate unità di questo tipo, almeno epigraficamente. Unità di questo tipo sono state rappresentate sulla Colonna di Traiano, senza armatura, con una tunica corta, una borsa per tenere i loro colpi (glandes).

Si vennero così a costituire dei veri e propri reparti specializzati. Inoltre, gli ausiliari vennero divisi in diversi reparti, analogamente ai legionari.

C’erano innanzitutto le coorti di fanteria (cohors peditata). Formate fino all’età dei Flavi da 500 uomini (quingenariae), queste unità erano composte da 6 centurie di 80 uomini ciascuna, oltre a 6 centurioni (tra cui un centurione princeps) per un totale di 480 fanti. A seconda dei casi, i fanti ausiliari erano muniti di armi da lancio. Quando le coorti di fanteria erano composte da circa 500 uomini erano guidate da un praefecti cohortis, mentre quando divennero milliariae (introdotte dai Flavi e composte da 800-1000 fanti) erano comandate da un tribunus militum.

Auxilia

Di Adsek – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2227397

C’erano poi le alae di cavalleria, inizialmente solo quingenariae, ma che videro poi il loro numero di effettivi aumentare. Divise in 16 blocchi da 32 cavalieri (e comandate da altrettanti 16 decurioni), le alae di cavalleria avevano il compito di attaccare e sfondare i fianchi dello schieramento avversario, oltre che svolgere azioni di inseguimento e ricognizione. Con la dinastia dei Flavi, le ali vennero trasformate in alcuni casi in milliariae, vale a dire composte da 1.000 armati o quasi. Il comandante di un’ala, che in origini era un principe nativo appartenente alla tribù dell’unità ausiliaria, fu sostituito con un praefectus alae (anche praefectus equitum) dell’ordine senatorio e/o equestre.

Infine, citiamo le coorti miste (equitate) formate sia da fanti che da cavalieri. Anche in questo caso potevano essere composte da 500 armati (quingenaria) a 1.000 circa (milliaria).

Da quali luoghi provenivano la maggior parte degli ausiliari?

Abbiamo citato in precedenza gli ausiliari ingaggiati da Cesare provenienti dalla Gallia e i Germani (provenienti dalla Scandinavia meridionale, Jutland e Germania settentrionale), ma molti di essi provenivano anche dall’Hispania (l’attuale penisola iberica), dalla Batavia (Paesi Bassi), dalla Tracia (la punta sud-orientale della penisola balcanica) e dal Nord Africa.

Con l’avvento dei Flavi, cominciarono ad essere reclutati anche i volontari per entrare nella legione. Stesso discorso valeva per gli ausiliari. La leva obbligatoria venne quindi rimossa, anche se reintrodotta in casi di urgenze, come la guerra di Dacia, vinta dall’imperatore Traiano.

L’età media di chi entrava nei ranghi dell’esercito romano (sia da ausiliario che da legionario) andava dai 18 ai 23 anni, ma sono accertati anche casi di soldati arruolati a 14 anni. La ferma di un ausiliario durava circa 25 anni (anche se ci sono casi di ausiliari che hanno servito Roma anche per 28 anni). La paga era sostanzialmente bassa, circa 1/3 di quella di un legionario. Facciamo un esempio: con Augusto, un fante della cohors peditata percepiva circa 75 denari annui, mentre un cavaliere ne prendeva 150. Sempre nel periodo augusteo, un legionario riceveva 225 denari annui. Prendiamo ora invece la paga percepita da ausiliari e legionari durante il regno dell’imperatore Domiziano: ora lo stipendio di un fante ausiliario si attestava sui 100 denari l’anno (numeri superiori rispetto a quelli di Augusto), ma quello di un legionario era di ben 300 denari. Sebbene la paga di un ausiliario fosse lontana da essere quella di un legionario, alla fine della sua carriera a lui e alla sua discendenza legittima veniva assicurata la cittadinanza romana.

Durante la Repubblicana e l’età imperiale, i reparti o i singoli ausiliari che si distinguevano per imprese valorose potevano già ottenere la cittadinanza romana. Queste unità aggiunsero al loro nome le lettere c. R., acronimo di civium Romanorum (cittadini Romani).

Auxilia

Nel corso della storia è accaduto talvolta che tra gli ausiliari venissero reclutati anche dei cittadini romani a tutti gli effetti. Citiamo quindi ancora una volta Augusto, che si vide costretto a fare ricorso a una leva obbligatoria tra i Romani per rimpinguare le fila degli ausiliari. Parliamo degli anni 6-9 d. C., ovvero gli anni della rivolta dalmato-pannonica, che vide protagoniste le popolazioni indigene di Dalmazia e Pannonia (area a quel tempo facente parte dell’Illirico romano) ed i conquistatori Romani, che avevano sottomesso l’area 15 anni prima. La guerra durò per l’appunto 4 anni e le perdite romane furono ingenti, così da costringere Augusto ad arruolare liberti e Romani (per la maggior parte vagabondi e criminali). Ma Augusto riteneva inopportuno ammettere questi soldati improvvisati nelle fila dei gloriosi legionari. Una volta inquadrati come ausiliari, anche a loro fu accordato il titolo di civium Romanorum.

Anche dopo questo episodio, molti Romani si arruolarono come ausiliari. Molto probabilmente si trattò dei figli di veterani ausiliari che hanno ottenuto la cittadinanza romana una volta congedati (come detto in precedenza, dopo il congedo, anche i discendenti diretti dei veterani divenivano cittadini di Roma). Questo accadeva con una certa frequenza poiché molti di loro preferirono unirsi nei battaglioni dei loro padri, che sentivano più familiari, piuttosto che arruolarsi nelle legioni.

Sin dall’inizio dell’epoca imperiale, venivano impiegati da Roma anche i guerrieri tribali per la difesa dei confini. Considerati a tutti gli effetti come barbari dai Romani, questi spesso non conoscevano la lingua latina, erano mal equipaggiati e organizzati diversamente rispetto agli ausiliari. Ciò faceva sì che fossero visti dagli stessi Romani come milizie inferiori anche agli ausiliari, infatti venivano impiegati a tempo determinato, solo in caso di emergenza.

Col tempo, però, venne meno anche la distinzione di rango tra legionari e ausiliari. Nel 212 d. C., infatti, per volere dell’imperatore Caracalla venne emanata la Constitutio Antoniana. In base a questo editto si stabiliva la concessione della cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’Impero, ad eccezione dei dediticii.

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