La Marina Romana in età repubblicana

La Marina romana in età repubblicana

Secondo le analisi di esperti come Yann Le Bohec, la Marina romana avrebbe avuto origine in un periodo molto antico. Tito Livio menziona che già nel 331 a.C., a Roma esistevano figure come i duoviri navales. Questo suggerisce che, nonostante il prestigioso titolo, la marineria di allora era ancora in una fase primordiale e non comparabile, in termini di grandezza, qualità ed esperienza, alla flotta cartaginese. A Ostia, nel 267 a.C., si trovano le prime tracce di un quaestores classici, incaricato probabilmente di raccogliere fondi per costruire la flotta.

La trasformazione in una flotta militare efficace si colloca intorno al 261 a.C., momento in cui Roma capì che per contrastare Cartagine e il suo dominio marittimo, basato su navi come le pentère, era essenziale. La superiorità marittima dei Punici era stata evidente già nel 260 a.C., quando sconfissero e catturarono il console romano Cneo Cornelio Scipione durante la battaglia delle isole Lipari, nel corso della prima guerra punica. Cneo Cornelio fu sostituito da Caio Dulio, un homo novus, che non proveniva dall’aristocrazia ma era dotato di notevoli capacità di comando e visione politica. Dulio capì che senza il controllo dei mari, il dominio terrestre di Roma sarebbe stato inutile. La strategia per raggiungere la supremazia marittima prevedeva la costruzione di navi e un approccio attivo al combattimento, per neutralizzare il vantaggio nautico avversario.

I Romani iniziarono a costruire una flotta consistente, usando come modello una nave cartaginese catturata fortuitamente, composta da venti triere e cento pentère. L’addestramento degli equipaggi iniziò a terra con modelli statici, il che facilitava l’apprendimento senza esporre i novizi a rischi diretti. Nonostante gli sforzi, i Romani si resero conto che senza una solida esperienza marittima, sarebbe stato difficile superare i Cartaginesi. Fu quindi necessario ideare una tattica che potesse compensare la loro mancanza di esperienza contro gli esperti marinai cartaginesi, trovando una soluzione per colmare il divario tra le inesperte ciurme romane e i navigati equipaggi punici.

TRIREME ROMANA – Di Rama – Opera propria, CC BY-SA 2.0 fr, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=64322

I Romani svilupparono un innovativo dispositivo da combattimento marittimo, denominato “corvus” (corvo), una sorta di ponte mobile armato di ganci robusti in bronzo. Questo strumento, noto sin dalle scuole elementari, veniva abbassato sul ponte della nave nemica una volta avvicinatisi, bloccandone la manovrabilità. Tale manovra era particolarmente svantaggiosa per i Punici, la cui strategia si basava sulla capacità di manovra. Inoltre, il corvus permetteva ai valenti fanti di marina romani di assaltare direttamente le navi cartaginesi.

Già nel 260 a.C., il console Caio Duilio ottenne una significativa vittoria contro i Punici a Milazzo, catturando e distruggendo gran parte della loro flotta. Questo trionfo non solo rinforzò la posizione di Duilio, ma ebbe anche un impatto psicologico profondo, tanto che gli fu dedicata una colonna ornata con i rostri delle navi nemiche distrutte. Nel 244 a.C., un prestito pubblico permise la costruzione di 200 moderne navi da guerra. Successivamente, nel 241 a.C., Quinto Lutazio Catulo conseguì una vittoria decisiva contro i Cartaginesi presso le isole Egadi, portando la Sicilia sotto il controllo romano e, tre anni dopo, anche la Sardegna venne conquistata, nonostante i precedenti accordi con Cartagine.

Tuttavia, nei successivi anni i Romani subirono diverse sconfitte navali a causa della loro limitata esperienza in mare. Secondo Starr, circa 600 navi da guerra e 1000 navi onerarie andarono perse in quindici anni. Questi naufragi, tuttavia, servirono da dura ma preziosa lezione di navigazione per i Romani, che con il tempo svilupparono notevolmente la loro marineria, soprattutto per fini commerciali. Emerse una nuova classe mercantile equestre, che influenzò la promulgazione della legge Claudia nel 218 a.C. da parte del tribuno della plebe Quinto Claudio, che limitava il possesso di navi da parte dei senatori e dei loro figli se queste superavano una capacità di 225 anfore, spingendo così la classe senatoria a investire in agricoltura mentre i cavalieri dominavano il commercio marittimo.

Con l’avvio del II secolo a.C., il Mediterraneo vide una diminuzione delle attività militari sotto il controllo romano, ma ciò favorì un aumento della pirateria che minacciava le rotte commerciali. La risposta a questo problema arrivò da Pompeo, il quale, grazie alla lex Gabinia del 67 a.C., ottenne piena autonomia d’azione anche oltre i poteri del Senato. Con il sostegno di figure di spicco come Cesare e Cicerone, Pompeo riuscì a sopprimere efficacemente la minaccia dei pirati, anche attraverso azioni anfibie che distruggevano le loro basi lontano dalle coste. Con la fondazione dell’Impero nel 27 a.C., si avviò una serie di riforme che portarono a una riorganizzazione sostanziale della marina romana.

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