A Roma, si sa, le chiese sono innumerevoli, e non è sorprendente che ancora oggi non si conosca il numero esatto. Ciò che è certo, tuttavia, è che alcune di esse riescono davvero a sorprendere per la loro storia, le curiosità e le bellezze architettoniche e artistiche che custodiscono.
Un esempio affascinante è la Basilica di San Nicola in Carcere, un luogo di culto cattolico con origini che risalgono al 1088, durante il pontificato di Urbano II, il Papa che indisse la Prima Crociata. La basilica fu completamente ricostruita e abbellita nel 1128 per volere di Papa Onorio II e dedicata a San Nicola. Come molti altri luoghi di culto antichi a Roma, anche questa basilica ha subito numerosi restauri nel corso dei secoli, fino a giungere all’Ottocento, con Papa Pio IX, l’ultimo pontefice a esercitare il potere temporale sulla città.
Tra le meraviglie nascoste di questa basilica, spiccano una colonna con un’iscrizione dell’XI secolo, che riporta le donazioni fatte da un nobile per sostenere la Chiesa durante la Prima Crociata, e un bellissimo affresco absidale che raffigura il Concilio di Nicea del 325 d.C. Qui sono rappresentati l’Imperatore Costantino, promotore del concilio, e Papa Pio IX, che nel XIX secolo commissionò il restauro della chiesa.
Ma la vera sorpresa della Basilica di San Nicola in Carcere si cela sotto il livello stradale, nei suoi sotterranei, visitabili su prenotazione. Scendere nei sotterranei significa fare un vero e proprio viaggio nel tempo e nello spazio. La basilica si erge infatti sopra i resti di tre templi romani risalenti al II e III secolo a.C. Questi templi rappresentano edifici templari di straordinaria antichità, testimoni di un’epoca molto lontana.
La Basilica di San Nicola in Carcere è un esempio tangibile di una caratteristica tipica di Roma: il riutilizzo dei materiali antichi per costruire qualcosa di nuovo. Questo continuo riciclo di materiali ha permesso la realizzazione di opere e monumenti oggi ammirati da milioni di persone. In effetti, perché trasportare tonnellate di materiale edile da cave lontane quando i resti della Roma antica erano già a disposizione? Così, nell’XI secolo, la basilica fu costruita riutilizzando ciò che rimaneva dei tre templi romani, offrendo fondamenta solide e dimostrando il trionfo del Cristianesimo su antichi culti pagani.
È altrettanto vero che senza questa basilica, oggi non avremmo la possibilità di ammirare ciò che si cela sotto di essa. Per scoprire questo tesoro nascosto, dirigetevi verso l’altare maggiore, dove noterete alcune scalinate che scendono verso il basso. Girando a sinistra, vi accorgerete di alcune iscrizioni sulle pareti, ulteriori testimonianze della lunga storia della basilica. Proseguendo, vi troverete davanti a una grata: oltrepassandola, entrerete in un altro mondo. Qui potrete passeggiare tra i resti dei tre antichi templi di epoca repubblicana che un tempo sorgevano in questo luogo. Essi sono:
Tempio di Spes (metà III secolo a.C.):
Spes era la personificazione della Speranza, ma anche una divinità associata alle nascite, alla fertilità della terra e alla crescita dei bambini. Il suo culto era strettamente legato a ciò che i Romani consideravano di fondamentale importanza: la protezione della prole e l’abbondanza dei raccolti. Le origini del culto di Spes possono essere rintracciate in alcune tradizioni religiose e mitologiche sia romane che greche. Ad esempio, la figura di Spes è collegata alla leggenda di Pandora, la donna mitologica che aprì il famoso vaso, liberando nel mondo tutti i mali. Tuttavia, sul fondo del vaso rimase la Speranza, l’ultima risorsa per l’umanità. Da qui deriva anche l’espressione romana “Spes ultima dea”.
Durante il Medioevo, si credeva che sotto la Basilica di San Nicola in Carcere si trovasse una prigione (a lungo si ritenne che fosse il Carcer Tullianum, il luogo dove, secondo la tradizione, San Pietro e San Paolo furono detenuti prima del martirio, poi identificato sotto il Colle Capitolino). Secondo una leggenda medievale, un’anziana donna fu imprigionata in quel luogo, e sua figlia, una matrona, andava a trovarla ogni giorno. Vedendo che nessuno si preoccupava della madre, ormai prossima a morire di fame, la figlia cominciò a nutrirla allattandola, riuscendo così a mantenerla in vita. Quando il carceriere scoprì ciò che stava accadendo, fu talmente commosso che decise di liberare l’anziana donna. Questa storia sembra riflettere profondamente il concetto di Spes, e non è sorprendente, dato che molte narrazioni medievali riprendono antichi culti e luoghi sacri dei Romani.
Tempio di Giunone Sospita (inizio II secolo a.C.):
L’epiteto Sospita è legato alla figura di Uni, un’antica divinità etrusca che era venerata come protettrice delle città e dei soldati. I Romani, che assorbirono molte influenze dalla religione etrusca, identificarono questa particolare Giunone come la custode della città, conferendole anche il ruolo di regina sacra (“Regina Sacrorum”) e di protettrice delle nascite e delle donne in travaglio. Il culto specifico di Giunone Sospita, associato a questo tempio, sembra essere strettamente connesso a un altro luogo sacro situato a Lanuvio, dove si veneravano dei serpenti sacri. Si credeva che il comportamento di questi serpenti potesse essere interpretato per ottenere presagi e divinazioni.
Tempio di Giano (260 a.C. circa):
Giano era una divinità originaria della tradizione romana, noto come il Dio bifronte che incarnava gli opposti: guerra e pace, inizio e fine, città e campagna. Il nome Giano deriva dal termine latino “ianua,” che significa porta o ingresso. La porta rappresentava un confine sacro, la cui attraversata segnava un cambiamento profondo negli equilibri esistenti. Non è forse una coincidenza che, secondo la mitologia romana, Giano fosse il padre di Tiberino, il dio del Tevere, un fiume che per i Romani rappresentava non solo una risorsa naturale ma anche un confine simbolico tra la civiltà urbana (urbs) e il mondo rurale e selvaggio (rus).
Questi tre templi, i cui resti sono visibili anche all’esterno della Basilica di San Nicola in Carcere, rappresentano le fondamenta su cui poggia l’intero edificio. In particolare, la chiesa cristiana fu costruita sfruttando le strutture del tempio centrale, dedicato a Giunone Sospita. Le antiche colonne di questo tempio romano sono ancora ben visibili sia all’interno che all’esterno della basilica, aggiungendo un fascino unico a questo luogo di culto. Ma ora, è il momento di addentrarsi nei suoi sotterranei.
Una volta superata la grata d’ingresso, ci si immerge in un mondo sotterraneo. Camminando su ciò che fu scoperto durante gli scavi ottocenteschi, in particolare sotto la supervisione di Valadier, si possono osservare i resti della pavimentazione dell’antico Foro Olitorio, il mercato di verdure e ortaggi dell’antica Roma. Situato vicino al Tevere, questo foro era cruciale per l’economia romana, collegando la città alle vie commerciali fluviali. Non è un caso che templi dedicati a divinità così importanti per la protezione della città e la speranza siano stati eretti proprio qui. Ironia della sorte, forse è proprio grazie al Tevere, con le sue frequenti esondazioni prima della costruzione dei muraglioni alla fine dell’Ottocento, che alcuni resti di questi templi si sono conservati fino a noi, sotto la Basilica di San Nicola in Carcere.
Proseguendo nel percorso, si possono vedere, sulla destra, testimonianze del tempio dedicato a Spes e le tracce di una pratica diffusa nella Roma medievale: l’uso dei sotterranei delle chiese come cimiteri e ossari. Qui si trova la Cappella Tricora, risalente al VII secolo d.C., caratterizzata da tre absidiole. All’interno di questa cappella sono visibili resti umani, probabilmente di persone senza famiglia, tumulate qui senza che nessuno pregasse per loro.
Sulla sinistra, si possono osservare i resti del podio del tempio principale dell’area, quello dedicato a Giunone, con tracce in tufo, peperino e travertino, e frammenti di colonne. Proseguendo lungo il percorso, si arriva a un ambiente più ampio dove è possibile vedere, sul lato opposto, i fori dei cardini delle antiche porte del tempio.
Continuando, si raggiunge un piccolo corridoio tra i templi di Giunone e di Giano. Qui, i resti del tempio di Giano rivelano una pavimentazione in “opus spicatum” e i bordi del podio, suggerendo che il tempio fosse un periptero sine postico, circondato da colonne su tutti i lati tranne il posteriore, dove si trovava un muro. Questa tipologia era comune nell’architettura repubblicana, periodo in cui fu costruito il tempio.
Camminare nei sotterranei della Basilica di San Nicola in Carcere è un viaggio nel tempo, un’opportunità per esplorare resti di luoghi di culto antichi di oltre duemila anni e per apprezzare dettagli unici, come la Cappella Tricora o i fori dei cardini di un’antica porta. Questo percorso sotterraneo offre anche una visione della complessa e stratificata storia di Roma, una città che ha saputo riciclarsi nel corso dei secoli senza mai perdere la sua identità storica e il suo carattere eterno.