Gli Archi Monumentali di Roma Antica

Nell’architettura, l’arco rappresenta un elemento strutturale curvo che poggia su due supporti verticali, solitamente sospeso sopra uno spazio vuoto. I Romani furono grandi estimatori dell’arco, facendone largo uso nelle loro costruzioni. Gli archi romani erano tipicamente realizzati con pietre sagomate, chiamate conci, o con mattoni, noti come laterizi. Durante la loro costruzione, venivano impiegate strutture temporanee di sostegno in legno, note come centine, fino al completamento dell’arco.

I Romani adoperavano l’arco sia in edifici civili, sia in imponenti progetti ingegneristici come gli acquedotti, attribuendogli una doppia funzione, sia strutturale che decorativa. Originariamente utilizzati come porte, collegamenti tra edifici o coperture di vie pubbliche (funzionando da sottopassaggi o cavalcavia), in età imperiale gli archi venivano eretti anche per commemorare le imprese e le vittorie degli imperatori o eventi significativi della storia di Roma. Non mancavano esempi di archi eretti per onorare magistrati o cittadini esemplari.

Oltre al loro valore strutturale, gli archi romani assumevano un significato simbolico legato al trionfo. Sebbene in epoca repubblicana fossero presenti archi di trionfo, oggi non ne rimangono tracce. Talvolta, venivano costruiti archi temporanei in legno, smantellati al termine delle celebrazioni. Questi archi temporanei potevano durare anche solo un giorno.

Gli archi trionfali romani erano solitamente adornati con iscrizioni che raccontavano le gesta dell’eroe celebrato e decorazioni scultoree che ne illustravano le glorie. Spesso erano coronati da statue. Gli archi costruiti fuori Roma, definiti “onorari”, avevano lo scopo di celebrare nuove infrastrutture pubbliche, promuovendo così la grandezza di Roma e dell’imperatore all’estero.

Quali erano tutti gli archi monumentali di Roma Antica ?

Oggi a Roma si possono ammirare solamente tre archi trionfali completi: quelli di Tito, Settimio Severo e Costantino, oltre all’arco di Giano vicino alla chiesa di San Giorgio al Velabro. Storicamente, secondo i Cataloghi regionari, a Roma esistevano ben 36 archi. Ad eccezione dei quattro menzionati, gli altri sono stati distrutti nel corso dei secoli a causa di incendi, erosione o decisioni papali, o ne restano solamente frammenti o porzioni.

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L’arco trionfale di Pompeo

L’arco trionfale di Pompeo, il più antico di cui si ha traccia, era probabilmente situato dietro il teatro a lui dedicato, nell’area del Campo Marzio. Costruito nel 61 a.C. per commemorare la vittoria di Pompeo su Mitridate il Grande, re del Ponto, la sua esistenza è confermata da diverse testimonianze storiche. È possibile identificarlo nella Forma Urbis Severiana, un’antica mappa di Roma incisa su lastre di marmo datata al tempo dell’imperatore Settimio Severo, ed è menzionato anche in documenti medievali e da Petrarca. Inoltre, Svetonio racconta di una statua di Pompeo originariamente collocata sull’arco, che venne in seguito trasferita nella sala delle riunioni del Senato.

L’arco di Ottavio

L’arco di Ottavio, eretto alla fine del I secolo a.C. sul Palatino, era un arco di trionfo dedicato al padre naturale di Augusto. Questo monumento era coronato da un gruppo statuario che rappresentava Apollo e Diana su una quadriga, creato dallo scultore greco Lysias e alloggiato sotto un’edicola decorata con colonne. Plinio il Vecchio, pur menzionandolo, si concentra principalmente sulla quadriga e l’edicola, evidenziando il suo interesse per l’opera marmorea di Lysias. Augusto utilizzò l’arco come un tributo al padre, integrando sentimenti personali in uno strumento di propaganda politica. Altri archi di Augusto furono costruiti nel Foro Romano per onorare l’imperatore, come l’arco aziaco e l’arco partico, due strutture separate ma vicine l’una all’altra, entrambe parte della celebrazione dell’imperatore.

Rappresentazione del Foro Romano, con una ricostruzione del Tempio di Vesta e dell’Arco di Augusto

L’arco aziaco di Augusto

L’arco aziaco di Augusto fu costruito nel 29 a.C. per celebrare la vittoria nella battaglia di Azio del 31 a.C. e la successiva conquista dell’Egitto nel 30 a.C., eventi che consolidarono il controllo romano nel Mediterraneo. Il nome “aziaco” deriva proprio dal successo ottenuto nella battaglia di Azio. Nel 1546, fu scoperta una lunga iscrizione di 2,67 metri sull’arco, dedicata ad Augusto e datata al 29 a.C. L’unico reperto rimasto dell’arco oggi è un capitello dorico, oltre a una rappresentazione sull’iconografia monetale che mostra l’arco con la scritta “IMP CAESAR”, e raffigura Augusto di profilo e Apollo al timone del suo carro solare.

Adiacente all’arco aziaco, sono state trovate le fondazioni di quello che viene definito l’arco partico, eretto nel 19 a.C. Questo arco fu costruito per commemorare la restituzione delle insegne militari romane perse dall’esercito di Crasso, sconfitto dai Parti a Carre nel 53 a.C. La riconquista di queste insegne simboleggiava il recupero dell’onore romano. L’arco partico era caratterizzato da tre archi (fornici) ed era adornato con statue e iscrizioni. Sopra l’arco centrale troneggiava una quadriga imperiale in bronzo dorato, e ai lati erano posizionate statue raffiguranti i Parti, uno dei quali rappresentato mentre restituiva l’insegna all’imperatore. I resti conservati oggi includono frammenti dei pilastri che supportavano gli archi e pezzi dei pannelli di marmo che rivestivano la struttura, attualmente esposti nella Sala della Lupa nell’Appartamento dei Conservatori ai Musei Capitolini, all’interno del Palazzo dei Conservatori.

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L’arco di Druso

L’arco di Druso, situato sulla via di Porta S. Sebastiano, è spesso stato confuso con un arco di trionfo, probabilmente a causa dell’esistenza di un altro arco dedicato a Druso sulla via Appia eretto nel 9 a.C. Tuttavia, quello visibile oggi è in realtà un fornice dell’acquedotto Antoniniano, una derivazione dell’acquedotto Marcio, costruito per alimentare le Terme Antoniniane, note anche come Terme di Caracalla. Questo arco, eretto nel III secolo d.C., presenta una facciata esterna incorniciata da due colonne poste su alti plinti. I capitelli di queste colonne supportano un architrave sopra il quale si erge l’attico, che ospitava il canale dell’acquedotto. In un periodo non ben definito, l’arco è stato monumentalizzato come ingresso principale sulla via Appia. Successivamente, all’inizio del V secolo d.C. durante il regno dell’imperatore Onorio, fu integrato nella Porta San Sebastiano per funzioni difensive, collegato attraverso due muraglioni oggi scomparsi.

L’arco di Lentulo e Crispino

L’arco di Lentulo e Crispino, originariamente situato tra la zona sud del Foro Boario e quella nord dell’Aventino (vicino alla chiesa di Santa Maria in Cosmedin), fu demolito nel XV secolo. È probabile che fosse la ristrutturazione monumentale della Porta Trigemina delle Mura Serviane, effettuata dai consoli menzionati. Questa porta sorgeva in uno dei quartieri più densamente popolati e vitali della Roma repubblicana, di fronte al principale porto dell’Urbe, fino alla costruzione di quello di Ostia. L’archeologo Filippo Coarelli, nei suoi studi, ha suggerito che parte del progetto di Augusto era di trasformare le vecchie porte della città in archi monumentali, ipotizzando che la Porta Trigemina sia stata trasformata nell’arco di Lentulo e Crispino nel 2 d.C.

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L’Arco di Dolabella e Silano

L’Arco di Dolabella e Silano fu costruito nell’anno 10 d.C. su iniziativa dei consoli Publio Cornelio Dolabella e Gaio Giunio Silano, come testimoniato dall’iscrizione ormai quasi illeggibile presente sull’arco stesso. Situato tra via Claudio e via San Paolo della Croce, l’arco è caratterizzato da un unico passaggio in travertino. Non si tratta di una struttura originale, bensì di una ricostruzione, poiché corrisponde all’antica Porta Caelimontana delle Mura Serviane. Ciò è evidenziato dalla presenza di blocchi di tufo di Grotta Oscura sul lato destro dell’arco. Originariamente si riteneva che facesse parte dell’Acqua Marcia, ma studi successivi hanno confermato la teoria di Antonio Maria Colini che identifica l’arco come un rimpiazzo della Porta Caelimontana.

L’Arco di Germanico

Erigendo l’Arco di Germanico poco dopo il 19 d.C. nel Circo Flaminio, situato nell’estremità meridionale del Campo Marzio vicino al Tevere, si è voluto onorare la memoria di Germanico Giulio Cesare, noto proconsole della dinastia giulio-claudia. Morto nel 19 d.C., forse avvelenato, Germanico lasciò un’impronta significativa, come dimostra il lutto collettivo e le accuse contro il proconsole Pisone, che egli stesso aveva indicato come responsabile della sua morte. L’Imperatore Tiberio, pur essendo il padre adottivo di Germanico, non mostrò pubblicamente il suo dolore né partecipò alla deposizione delle ceneri nel mausoleo di Augusto. Dell’arco rimangono solo alcuni resti archeologici, inclusi un rilievo con un’insegna e parti in marmo della volta del passaggio centrale.

L’Arco di Tiberio

L’Arco di Tiberio fu innalzato nel 16 d.C. nel Foro Romano, situato vicino al tempio di Saturno lungo il vico Giugario, a breve distanza dall’incrocio con la Via Sacra. Questo arco di trionfo fu dedicato per celebrare le conquiste militari di Germanico in Germania. Oggi non resta nulla di questa struttura, ma la sua esistenza è confermata da una rappresentazione sul rilievo dell’Oratio sull’Arco di Costantino.

L’Arco di Claudio

L’Arco di Claudio fu costruito tra il 51 e il 52 d.C. per commemorare la conquista dell’imperatore Claudio della Britannia nel 43 d.C. Questa struttura, che originariamente faceva parte dell’acquedotto dell’Aqua Virgo, fu magnificamente arricchita con sculture, statue e marmi. Collocato lungo la Via Lata, che oggi corrisponde alla moderna Via del Corso, e precisamente a Piazza Sciarra, l’arco è noto per essere stato decorato con effigi della famiglia imperiale e vari trofei di guerra. Nonostante l’arco non sia più in piedi, ci sono giunti alcuni resti significativi: un pannello conservato al Museo del Louvre a Parigi, un frammento dell’iscrizione visibile nel cortile del Palazzo dei Conservatori ai Musei Capitolini, e ulteriori frammenti scultorei esposti sia nei Musei Capitolini che nella Galleria Borghese.

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L’Arco trionfale di Nerone

L’Arco trionfale di Nerone fu costruito tra il 58 e il 62 d.C. per celebrare le vittorie di Gneo Domizio Corbulone sui Parti guidati dal re Vologase I. Corbulone, uno dei più eminenti generali del suo tempo, suscitò l’invidia di Nerone a causa del crescente potere e influenza sull’esercito, tanto da rappresentare una potenziale minaccia al trono imperiale. Nonostante Corbulone non ambisse a tale ruolo, fu falsamente accusato da Nerone di partecipare a una cospirazione orchestrata dal suo genero, Annio Vinciano. Conscio del suo imminente destino fatale, Corbulone scelse di suicidarsi. L’Arco di Nerone si trovava sul pendio del Campidoglio, e si pensa fosse eretto sopra il Clivus Capitolinus, l’antica arteria principale verso il Mons Capitolinus, un nodo vitale per il traffico verso i templi e gli edifici politici e amministrativi della città. L’esistenza dell’arco è attestata da monete coniate dopo il 64 d.C., che mostrano l’arco in prospettiva sul loro rovescio. Queste rappresentazioni rivelano una statua colossale del dio Marte in una nicchia laterale dell’arco. L’arco di Nerone, adornato anche con rilievi, presentava un unico fornice e sopra di esso una quadriga guidata dalle figure allegoriche di Victoria e Pax, mentre agli angoli dell’attico si ergevano statue bronzee di soldati romani.

Archi di Domiziano

Per quanto concerne gli archi di Domiziano, è noto che l’imperatore commissionò la costruzione di vari archi trionfali a Roma. Tuttavia, questi furono distrutti a seguito di una damnatio memoriae emessa dopo la sua morte, la quale fu il risultato di un complotto ordito dal Senato che portò al suo assassinio.

L’arco di Traiano

L’arco di Traiano rimane avvolto nel mistero, con informazioni che provengono esclusivamente da fonti letterarie e monetarie. La sua posizione esatta e l’anno di costruzione non sono chiaramente definiti. I cataloghi regionari antichi indicano che fu eretto nella Regio I Porta Capena. Viene menzionato anche in un decreto del Senato del 117 d.C. Durante il XIX secolo, gli studiosi avanzarono diverse teorie sulla sua ubicazione, suggerendo che potrebbe essere stato situato all’interno del Foro di Traiano.

Le rappresentazioni monetarie dell’arco mostrano due design distinti, il che potrebbe indicare l’esistenza di più di un arco. Il primo tipo di arco è visibile su un sesterzio coniato nel 100 d.C., caratterizzato da tre fornici e quattro colonne frontalmente, con una sommità adornata da dodici cavalli. Il secondo tipo appare su un aureo, con un singolo fornice e coronato da un carro trionfale trainato da sei cavalli. Accanto al fornice principale sono rappresentate due nicchie con timpano su ogni lato, originariamente credute contenere statue di prigionieri Daci, che si pensa siano state poi utilizzate nell’arco di Costantino. È stato però stabilito che l’immagine sull’aureo non raffigura un arco, ma piuttosto la parte meridionale della recinzione del Foro di Traiano. Nonostante ciò, è plausibile che l’accesso meridionale alla piazza fosse stato effettivamente trasformato in un arco trionfale, dedicato a Traiano dal Senato con l’aggiunta di una dedicazione all’imperatore.

L’arco di Lucio Vero

L’arco di Lucio Vero, di cui restano scarse informazioni, era probabilmente situato lungo la via Appia e costruito postumo alla morte dell’imperatore nel 169 d.C. Si ritiene che l’arco fosse un omaggio alle sue vittoriose campagne militari contro i Parti tra il 162 e il 166 d.C. La conferma della sua esistenza deriva da una rappresentazione nell’opera di Giovanni Battista Piranesi, noto archeologo e incisore del XVIII secolo.

L’arco a Marco Aurelio

Un altro arco fu eretto in onore di Marco Aurelio, fratello di Lucio Vero e anch’egli imperatore. Questo arco di trionfo, inaugurato tra il 173 e il 176 d.C. durante le prime fasi delle guerre marcomanniche, era posizionato vicino all’odierna Piazza Colonna e alla Colonna di Marco Aurelio. L’esistenza di tale arco si deduce da un insieme di dodici rilievi, di cui otto furono riutilizzati sull’arco di Costantino, tre sono conservati nel Palazzo dei Conservatori dei Musei Capitolini, e un ultimo, di cui rimane solo un frammento, si trova oggi a Copenaghen.

L’arco di Gordiano

Per quanto riguarda l’arco di Gordiano, abbiamo ricevuto diversi frammenti, tra cui cornici, rilievi e una grande iscrizione, tutti ritrovati in via Gaeta. L’arco è menzionato anche da eruditi del XV e XVI secolo, tra cui Pomponio Leto e Andrea Fulvio.

L’arco di Gallieno

Situato nell’attuale via S. Vito, incastonato tra due edifici, troviamo l’Arco di Gallieno. Questo fu dedicato all’imperatore, vittima di tradimento e assassinio da parte dei suoi stessi ufficiali nel 268 d.C. L’arco originariamente era parte delle Mura Serviane, precisamente la Porta Esquilina, che fu rinnovata da Augusto. Successivamente, l’iscrizione augustea sull’attico dell’arco venne rimpiazzata da un’omaggio a Gallieno e sua moglie Salonina, effettuato da Marco Aurelio Vittore. L’iscrizione lodava Gallieno come “clementissimo principe, il cui valore invitto è superato solo dalla sua religiosità” e Salonina come “virtuosissima Augusta”. L’arco presenta una decorazione sobria, con semplici cornici e pilastri angolari di stile corinzio. Sul lato sinistro dell’arco si possono ancora osservare i resti di un ingresso secondario che affiancava quello principale. Da questo accesso partivano due arterie viarie di grande importanza: la via Labicana e la via Prenestina.

L’arco di Portogallo

L’Arco di Portogallo era ubicato sulla Via Lata, oggi conosciuta come Via del Corso, poco prima di Via della Vite. Deve il suo nome alla vicinanza con la residenza storica dell’ambasciatore del Portogallo, Palazzo Fiano, al quale era addossato. La data di costruzione dell’arco rimane incerta, dato che fu probabilmente edificato riutilizzando materiali di altri monumenti antichi. Vi sono inclusi rilievi che alludono all’imperatore Adriano, motivo per cui nel Medioevo si credette erroneamente che fosse un suo manufatto. L’arco si caratterizzava per un unico fornice, affiancato da due colonne per lato, tra le quali era incastonato un pannello a rilievo.

Originariamente si pensava che l’Arco di Portogallo potesse essere parte dell’Aqua Virgo, teoria supportata da immagini dei secoli XVI e XVII che mostravano due fontanelle alla sua base, apparentemente collegate all’acquedotto. Tuttavia, ricerche più recenti hanno contestato questa interpretazione, suggerendo invece che l’arco potesse essere un ingresso monumentale all’area del Tempio del Sole, un altro edificio perduto, eretto per volere dell’imperatore Aureliano nel 275 d.C.

L’arco fu demolito nel 1665 per ordine di Papa Alessandro VII allo scopo di migliorare la viabilità. In memoria dell’arco, fu posizionata una targa su Palazzo Fiano, segnando esattamente il luogo dove l’arco sorgeva.

Di Sailko – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=30596878

L’Arcus Novus

L’Arcus Novus, precedentemente situato sulla via Lata, oggi conosciuta come Via del Corso, suscita dibattiti tra gli studiosi riguardo alle motivazioni della sua costruzione. Non c’è un consenso unanime sul fatto che l’arco fosse eretto per celebrare i decennalia di Diocleziano e Massimiano, avvenuti a Roma nel 303 d.C., anche se è accettato che sia stato costruito utilizzando materiali riciclati da altri monumenti. Particolarmente notevole era l’uso di rilievi provenienti da un grande altare dell’epoca giulio-claudia, probabilmente l’ara Pietatis, e due piedistalli di colonne decorati con figure di Vittorie, prigionieri barbari e i Dioscuri, che si ipotizza potessero appartenere al vicino Tempio del Sole di Aureliano. Si ritiene che l’Arcus Novus avesse un solo fornice e fosse appoggiato ad edifici lungo la strada.

L’arco fu demolito nel 1491 su ordine di Papa Innocenzo VIII per facilitare l’espansione della basilica di Santa Maria in Via Lata. I frammenti dei rilievi furono scoperti nel 1523 e acquisiti dalla famiglia Medici. Due dei piedistalli furono poi collocati nei Giardini di Boboli e altri frammenti furono incorporati nella facciata posteriore di Villa Medici a Roma. Ulteriori parti dell’Arcus Novus furono ritrovate nel 1923 e sono oggi esposte nei Musei Capitolini.

L’arco di Graziano, Valentiniano e Teodosio

L’arco di Graziano, Valentiniano e Teodosio fu costruito tra il 379 e il 383 d.C. Si trovava lungo la via di pellegrinaggio che portava alla Basilica di San Pietro. In seguito, la struttura fu incorporata nel campanile della chiesa dei Santi Celso e Giuliano, ma fu demolito intorno al 1365 per ordine di Papa Urbano V.

L’arco di Arcadio, Onorio e Teodosio

Passando all’arco dedicato agli imperatori Arcadio, Onorio e Teodosio, questo monumento fu eretto nel V secolo d.C. nella zona del Campo Marzio, all’ingresso della via Trionfale. Il Senato lo dedicò alla memoria dei tre imperatori per commemorare la loro vittoria sui Goti nel 405 d.C. Documenti medievali attestano che l’arco era ancora eretto in quel periodo e venne probabilmente demolito solo nel XV secolo. Secondo le cronache dell’epoca, l’arco era adornato con decorazioni opulente.

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