Ci troviamo lungo il tratto urbano dell’antica Via Appia Antica, il percorso che collega l’attuale Piazza Numa Pompilio a Porta San Sebastiano, uno degli ingressi che si aprivano lungo le Mura Aureliane. Questo luogo, oggi un’oasi di tranquillità nel cuore di Roma, offre l’accesso a un’area archeologica sotterranea legata a una delle famiglie più illustri e antiche della Roma repubblicana: la gens Scipia.
Prima di immergerci nella storia di questa potente famiglia patrizia, è interessante esplorare ciò che rimane visibile ai nostri occhi: il mausoleo di famiglia, interamente scavato nella roccia tufacea. Questo complesso sotterraneo, composto da gallerie, ospitava i sarcofagi dei membri più importanti della gens, offrendo un affascinante sguardo sul passato e sulle pratiche funerarie dell’epoca.
Storia degli scavi
Nonostante oggi quest’area rimanga scarsamente urbanizzata, nel 1614, quando avvenne la prima scoperta, la zona era ancora più isolata. Come spesso accade a Roma, il passato torna a galla inaspettatamente. Fu proprio in quell’anno che emerse un ritrovamento notevole: il sarcofago di Lucio Cornelio Scipione, un console del 259 a.C., risalente a più di duemila anni fa. Questo scoprimento suggeriva che sotto terra ci fosse molto di più da svelare. Tuttavia, per un secolo, la scoperta rimase per lo più ignorata, con sporadici tentativi di scavo e ricerche delle fonti che potessero confermarne l’importanza.
Fu solo nel 1780, oltre un secolo dopo, che si fece un passo avanti significativo. Due sacerdoti, i fratelli Sassi, proprietari di una vigna nella zona, decisero di ampliare la loro cantina. Durante gli scavi, si imbatterono in qualcosa di straordinario: una rete di gallerie scavate nel tufo, contenenti numerose iscrizioni e sarcofagi antichi. Sfortunatamente, mossi dal desiderio di profitto, i fratelli procedettero con scavi rapidi e poco attenti, danneggiando irreparabilmente molti manufatti. Gran parte dei sarcofagi fu distrutta o venduta, e solo alcune iscrizioni originarie sopravvissero a questa archeologia distruttiva.
Fortunatamente, la situazione cambiò in meglio nel 1880, quando Rodolfo Lanciani, rinomato studioso e archeologo del tardo Ottocento, acquistò i terreni per conto del Comune di Roma con l’obiettivo di preservarli. Il suo ambizioso progetto era quello di creare una vasta passeggiata archeologica lungo il percorso urbano e suburbano dell’Appia Antica, un’iniziativa che ha portato alla nascita dell’attuale Parco Archeologico dell’Appia Antica, preservando così squesto prezioso patrimonio storico.
Stratificazione del sito
Attualmente, l’accesso al sito avviene attraverso l’ingresso creato dai fratelli Sassi nel XVIII secolo, con una rampa che conduce alla prima galleria scavata nel tufo. Tuttavia, l’entrata attuale è stata successivamente spostata dall’altro lato. Come spesso accade a Roma, gli scavi effettuati dai Sassi e da altri successivamente hanno rivelato molto più del semplice Sepolcro degli Scipioni. Anche questo luogo presenta una stratificazione complessa, con reperti archeologici e manufatti che testimoniano come l’area sia rimasta attiva per lungo tempo, anche dopo l’abbandono del sepolcro. Salendo la rampa settecentesca, è possibile osservare elementi in laterizio e altri materiali che raccontano la lunga storia di questo sito. Questa evoluzione storica può essere riassunta nei seguenti punti:
Colombario: Durante la tarda età repubblicana, fu scavato un colombario, ora visibile grazie agli ultimi restauri e situato a sinistra rispetto all’ingresso moderno. Risalente circa al I secolo a.C., il colombario presenta le caratteristiche classiche di questa struttura, con piccole nicchie scavate nel tufo destinate a ospitare le ollae, i vasi contenenti le ceneri dei defunti. La presenza di un colombario in questa zona non sorprende, dato che anche la gens Scipia scelse questo luogo per il proprio sepolcro di famiglia. Lungo le principali vie consolari di Roma erano comuni mausolei, cimiteri e colombari, poiché l’Urbe stessa, con il suo “pomerio” sacro, non poteva ospitare sepolture per preservare la sua sacralità. Le tombe erano dunque collocate fuori dal confine cittadino, lungo le vie d’accesso alla città.
Insula: Nel III secolo d.C., sopra il sepolcro e utilizzando i supporti tufacei, fu costruita un’insula, un edificio abitativo tipico delle classi medie e basse. Le insulae si sviluppavano in altezza (solitamente su tre o quattro piani), con negozi e botteghe al piano terra e alloggi per i più poveri ai piani superiori. Questi appartamenti spesso consistevano in una singola stanza di pochi metri quadri, con un angolo per il fuoco e un giaciglio. L’insula fu costruita inglobando le strutture del sepolcro, caratterizzato da un nucleo in tufo e una facciata in marmo e travertino. Accanto ai resti dell’insula, si può anche notare una piccola catacomba scavata nel tufo, a testimonianza del continuo utilizzo funerario dell’area.
Torre medievale: Nel corso dei secoli, l’insula fu trasformata in una torre medievale, che fungeva da abitazione e struttura difensiva. La posizione del Sepolcro degli Scipioni, lungo la Via Appia, una delle principali vie consolari e punti d’ingresso a Roma, rendeva questa torre un punto strategico per il controllo dell’area.
Questa stratificazione dimostra, ancora una volta, come Roma sia una sorta di macchina del tempo, dove in un singolo sito si possono trovare tracce di attività umane diverse per funzione e epoca. Ora, è il momento di esplorare il sepolcro vero e proprio. Dopo aver indossato un caschetto protettivo, obbligatorio per sicurezza, ci si può addentrare nei meandri di questo antico complesso funerario.
Sepolcro e famiglia degli scipioni
La gens Scipia rappresentava uno dei molti rami della prestigiosa gens Cornelia, una famiglia ricca e influente che, secondo le fonti storiche, iniziò a ricoprire incarichi pubblici già dal V secolo a.C. L’idea di creare un sepolcro monumentale, che fungesse da fulcro per la famiglia, si deve a Lucio Cornelio Scipione Barbato. Nel 298 a.C., egli scelse di essere sepolto in un magnifico sarcofago, ornato da iscrizioni e decorazioni, la cui copia è oggi visibile sulla parete di fondo del sepolcro, proprio di fronte all’ingresso. L’originale, invece, è conservato al Museo Pio Clementino nei Musei Vaticani. Il sepolcro si presenta come uno spazio a pianta quadrata con pilastri centrali, che formano una serie di gallerie destinate a ospitare le sepolture degli altri membri della famiglia. Come era comune per le famiglie patrizie romane, il sepolcro fu oggetto di diversi restauri, ampliamenti e abbellimenti nel corso dei secoli, riflettendo il desiderio di ostentare ricchezza e potere.
Uno degli aspetti fondamentali della cultura e dell’arte romana, specialmente tra le classi più agiate, era l’autoglorificazione. Busti, statue marmoree, dipinti e altri ornamenti erano usati per adornare le dimore, ma soprattutto per rendere maestosi mausolei e complessi funerari, con l’intento di celebrare e perpetuare il prestigio della famiglia. Questa ricerca di autocelebrazione spiega i numerosi interventi sul Sepolcro degli Scipioni. Tra il II e il I secolo a.C., il sepolcro subì ampliamenti, con l’aggiunta di nuove gallerie e la realizzazione di una facciata esterna imponente. Sebbene oggi si possano ammirare solo alcuni tunnel scavati nel tufo, nel II secolo a.C. il sepolcro era dotato, sul lato rivolto verso Roma, di una monumentale facciata marmorea, arricchita da tre nicchie contenenti le statue di Scipione l’Africano, Scipione l’Asiatico e il poeta Ennio, che celebrò le imprese della famiglia al punto da meritare una statua all’interno del sepolcro. Curiosamente, nessuna delle personalità raffigurate in queste statue fu effettivamente sepolta qui. Questo fatto rivela molto sul prestigio, ma anche sulle controversie che circondavano la famiglia degli Scipioni.
Nel contesto della Roma del III e II secolo a.C., ancora in piena Repubblica, due parole erano essenziali per comprendere la società: mos maiorum. Questi termini racchiudono l’insieme di tradizioni, usi e comportamenti che definivano l’identità romana. Gli Scipioni, tuttavia, venivano spesso criticati per non seguire rigorosamente il mos maiorum. Il motivo? Essi adottavano uno stile di vita più vicino a quello greco che a quello romano, promuovendo simposi, indossando abiti di ispirazione orientale e, fatto ancor più controverso, preferendo l’inumazione alla cremazione. Il sepolcro stesso riflette questa inclinazione orientale, in un’epoca in cui la pratica funeraria predominante a Roma era l’incinerazione, come attestato dalla presenza del colombario. Questo modo di essere, se da un lato suscitava critiche e ostilità, dall’altro contribuiva a rendere la gens Scipia una delle più discusse e, in un certo senso, affascinanti della Roma antica.
Scipione l’Africano e Scipione l’Asiatico: Perché Non Sono Sepolti nel Mausoleo di Famiglia?
I due membri più celebri della gens Scipia, Scipione l’Africano e Scipione l’Asiatico, non riposano nel magnifico sepolcro di famiglia. I loro sarcofagi non furono mai collocati nel mausoleo, ma nei luoghi in cui scelsero di trascorrere gli ultimi istanti della loro vita. Per comprendere le ragioni di questa scelta e conoscere meglio la gloria e le origini della famiglia, è utile approfondire la storia di questi due illustri personaggi.
Scipione l’Africano: Nato a Roma nel 236 a.C., Publio Cornelio Scipione, meglio noto come Scipione l’Africano, divenne il modello del generale romano per eccellenza. La sua carriera, sia politica che militare, fu straordinaria, tanto da essere spesso paragonato a Giulio Cesare, sebbene i due non possano essere considerati su un piano di parità. La sua ascesa al potere fu fulminea: a soli 24 anni ottenne il proconsolato in Spagna. Tuttavia, la sua fama leggendaria è legata soprattutto alla vittoria su Annibale Barca, il temibile generale cartaginese che minacciò seriamente la sopravvivenza di Roma.
Nel corso del III secolo a.C., Annibale inflisse pesanti sconfitte ai Romani, la più celebre delle quali fu la battaglia di Canne nel 216 a.C., dove l’esercito romano subì una devastante sconfitta. Tuttavia, Scipione, con determinazione e abilità tattica, decise di cambiare strategia. Anziché affrontare Annibale in Italia, dove il generale cartaginese aveva già riportato numerose vittorie, Scipione condusse la guerra in Spagna, da dove Annibale aveva lanciato la sua campagna, e successivamente si spostò fino a Cartagine, la città natale del nemico. Questo costrinse Annibale a tornare in Africa per difendere la sua patria, culminando nella decisiva battaglia di Zama nel 202 a.C., dove Scipione uscì vittorioso. Questo trionfo gli valse il titolo di “Africano” e lo rese un eroe leggendario.
Annibale, temuto come il più grande avversario che Roma avesse mai affrontato, rappresentava una minaccia esistenziale per la Repubblica. Tuttavia, la vittoria di Scipione non gli garantì una vita serena. A causa di una disputa che coinvolse suo fratello, Scipione decise di ritirarsi dalla vita pubblica e trascorse i suoi ultimi giorni a Liternum, un’antica città situata nell’attuale Lago Patria, vicino Napoli. Nonostante il suo ritiro, la sua figura rimase circondata da un’aura di grandezza, alimentata da racconti di eventi prodigiosi e atti di clemenza che lo dipingevano come un generale forte ma giusto.
Tra gli aneddoti che sottolineano il suo carattere, vi è quello legato alla sua campagna in Spagna, dove decise di liberare molti schiavi anziché deportarli a Roma, guadagnandosi così il favore della popolazione locale. Un altro episodio significativo è la risposta che Scipione diede ad Annibale poco prima della battaglia di Zama. Quando il generale cartaginese propose di negoziare un accordo, Scipione rispose con la celebre frase “Tertium non datur,” che si può tradurre con “Non c’è una terza possibilità,” dichiarando così la sua determinazione a non scendere a compromessi con il nemico.
Scipione l’Asiatico: Fratello minore di Scipione l’Africano, Lucio Cornelio Scipione nacque a Roma nel 238 a.C. Mentre suo fratello combatteva in Spagna, Lucio svolse il ruolo di legato in quelle stesse terre. Anche lui guadagnò un prestigioso appellativo, “Asiatico”, dopo aver sconfitto Antioco III in Siria. Questa vittoria non solo rafforzò l’economia di Roma, con il bottino di guerra che arricchì le casse dell’Urbe, ma contribuì anche ad accrescere il prestigio della città, che stava espandendo la sua influenza verso oriente. Inoltre, consolidò la fama di Lucio Cornelio come console e guerriero, elevando ulteriormente la reputazione della gens Scipia.
Tuttavia, la carriera di Scipione l’Asiatico fu macchiata da una vicenda che gettò un’ombra oscura su di lui e sulla sua famiglia. Fu accusato da alcuni senatori di aver trattenuto per sé una parte del tesoro che Antioco III aveva consegnato a Roma come tributo per la pace. Secondo le cronache, il Senato gli chiese di esibire i suoi registri contabili per dimostrare la sua innocenza. Questo episodio rappresentò un momento particolarmente difficile per Scipione e per l’intera famiglia, che si trovò al centro di accuse di frode ai danni dello Stato romano.
In questo contesto, le fonti raccontano un episodio memorabile: Scipione l’Africano, presente alla scena, si alzò indignato, esclamando: “Non vi basta la nostra gloria?”. Non solo, ma Scipione l’Asiatico, esasperato dall’atteggiamento ostile di alcuni senatori che sembravano già averlo giudicato colpevole, strappò pubblicamente i suoi documenti contabili davanti a tutti. Questo gesto plateale, simbolo della sua frustrazione e del rifiuto di sottomettersi alle accuse, segnò profondamente la percezione pubblica della gens Scipia, contribuendo a gettare ombre sul loro onore agli occhi dei Romani.
Conclusione
Alla fine, è evidente come la gloria e il prestigio della gens Scipia, così distinti e in qualche modo distanti dai tradizionali costumi latini e romani, abbiano sempre suscitato una certa controversia. Le dinamiche politiche che portarono all’accusa di Scipione l’Asiatico erano certamente finalizzate a indebolire il potere crescente della famiglia, che si era consolidato grazie alle vittorie di Scipione l’Africano. Tuttavia, al di là delle dispute politiche, è interessante riflettere su ciò che resta di questo sepolcro. Le gallerie scavate nel tufo, i resti delle iscrizioni originarie e le copie dei sarcofagi offrono un affascinante sguardo sulla Roma del III e II secolo a.C.
Il Sepolcro degli Scipioni, infatti, è un esempio emblematico di come le famiglie patrizie e nobiliari dell’epoca cercassero di autocelebrarsi, forse soprattutto alla fine della loro vita terrena. Questa tradizione di costruire monumenti funebri grandiosi affonda le sue radici nell’antichità, con esempi illustri come il Mausoleo di Alicarnasso, considerato una delle Sette Meraviglie del Mondo Antico, e, ancora prima, le Piramidi d’Egitto. Costruire un imponente sepolcro di famiglia lungo la trafficata Via Appia, percorsa quotidianamente da migliaia di persone, aveva un significato chiaro: celebrare e perpetuare la memoria e la grandezza della propria famiglia.