Il Tempio romano, la dimora degli Dei

Nell’epoca arcaica, il tempio romano non era un edificio specifico, ma un’area quadrata delimitata dal sacerdote. Con il passare del tempo, però, si cominciò a preferire la costruzione di strutture dedicate alle divinità, inizialmente in legno e poi in muratura, conferendo ai templi un aspetto più imponente e decorato.

I templi romani erano accessibili tramite scalinate composte sempre da un numero dispari di gradini: ciò permetteva di iniziare e finire la salita con il piede destro, considerato di buon auspicio. Il colonnato, elemento distintivo dell’architettura templare, variava nei dettagli: le colonne erano lisce per i capitelli tuscanici e compositi, mentre erano scanalate per altri stili.

Le tipologie di templi includevano:

  • Etrusco-italico: diffuso tra il VI e V secolo a.C.
  • Prostilo: con colonne solo sulla facciata anteriore;
  • Periptero: circondato da colonne su tutti i lati;
  • Sine postico: periptero senza colonnato posteriore, tipico dell’età repubblicana;
  • Pseudoperiptero: simile al prostilo, ma con semicolonne sui lati lunghi;
  • A tholos: a pianta circolare, introdotto nel II secolo a.C.

La cella, o sala principale del tempio, era relativamente piccola, ospitando solo la statua della divinità e diversi altari, poiché i fedeli non vi entravano. A differenza dei templi greci, il tempio romano era costruito su un alto podio, accessibile attraverso una scalinata frontale, e presentava spesso ordini architettonici come il corinzio, lo ionico, il tuscanico e il composito.

Durante le cerimonie, i fedeli pregavano in piedi, coprendo il capo con la toga e allungando le braccia. Per salutare la divinità, formavano un anello con pollice e indice della mano destra, lo baciavano e sollevavano il braccio verso la statua. Per purificarsi dai peccati, si bruciavano incensi o sostanze purificanti come lo zolfo, ci si lavava in acqua corrente o ci si aspergeva con acqua lustrale.

All’interno del tempio, sugli altari, venivano offerti sacrifici rituali. I doni, come frutti, spighe e pani, venivano consacrati e bruciati per simboleggiare l’offerta alla divinità. Le cerimonie sacrificali prevedevano che la vittima fosse portata ornata di fiori e nastri. Prima del sacrificio, un banditore richiedeva silenzio e invitava chi fosse in peccato ad allontanarsi. Durante il rito, il sacerdote cospargeva la vittima di mola salsa e recitava preghiere rituali, mentre trombe accompagnavano l’offerta. Il vittimario uccideva l’animale, il cui sangue veniva sparso sull’altare, e gli aruspici esaminavano le viscere per fare predizioni. Le viscere erano poi poste sull’altare e bruciate con vino, mentre i partecipanti consumavano il resto dell’animale offerto.

Questi rituali e caratteristiche distintive rendevano il tempio romano non solo un luogo di culto, ma il centro delle funzioni religiose che regolavano la vita civica dell’Impero.

La costruzione di un tempio romano seguiva un processo articolato in cinque fasi principali:

  1. Votum: una promessa fatta alla divinità per la costruzione del tempio, spesso come voto di ringraziamento o supplica durante eventi come battaglie, conflitti civili o disastri naturali.
  2. Locatio: selezione del sito dove il tempio sarebbe sorto.
  3. Inauguratio: prima di iniziare i lavori, il sito veniva delimitato e reso sacro attraverso il rito degli Auguri.
  4. Consecratio: al termine dei lavori, i Pontefici consacravano ufficialmente il tempio alla divinità.
  5. Dedicatio: la dedica formale alla divinità, celebrata con una festività annuale nel giorno dell’inaugurazione (dies natalis).

In alcuni casi, i templi romani fungevano anche da sedi per attività pubbliche: i più ampi ospitavano le riunioni del Senato, mentre altri venivano utilizzati per funzioni amministrative. Il Tempio di Saturno nel Foro Romano, ad esempio, serviva sia per affissioni pubbliche che come deposito del tesoro statale.

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