Nel cuore del quartiere Prati, la scena sembrava quella di un giorno qualsiasi. Un gruppo di cinque ragazzi, tra i 22 e i 39 anni, stava pranzando in un ristorante di via dei Gracchi, godendosi un pasto in compagnia. All’apparenza, un gruppo di amici come tanti. Ma sotto la superficie, covava un’intenzione ben diversa. Quando è arrivato il momento di saldare il conto, che ammontava a circa 200 euro, il gruppo ha deciso di non pagare. Hanno atteso il momento giusto e, con un gesto di sfrontata leggerezza, sono fuggiti dal locale. La loro azione, nota in gergo romano come “fare il vento”, sembrava un’impresa banale, forse un po’ folle, ma comunque destinata a restare impunita.
Un piano da film e una fuga fallita
Ciò che rende la loro storia particolarmente assurda è l’elaborato piano che avevano messo in atto per un reato di così piccola entità. Per la loro fuga, non hanno usato una semplice auto privata, ma un’auto a noleggio, su cui avevano manomesso l’impianto elettronico e il sistema di geolocalizzazione. La loro speranza era quella di rendersi irrintracciabili, pensando che disattivando il GPS avrebbero potuto agire nell’ombra. Un piano degno di un film d’azione, studiato nei minimi dettagli per evitare il tracciamento, il tutto per non pagare una somma relativamente modesta. In quell’istante, si sono sentiti inafferrabili, convinti di aver superato in astuzia le forze dell’ordine e il sistema stesso.
L’occhio invisibile della legge
Ma il loro piano, apparentemente sofisticato, si è scontrato con una realtà più semplice e inesorabile: quella delle indagini. I Carabinieri non hanno avuto bisogno di inseguirli a tutta velocità. Il loro lavoro si è basato sulla metodica e fredda ricostruzione degli eventi. Sebbene il GPS fosse spento, i ragazzi avevano lasciato una traccia molto più evidente: il contratto di noleggio dell’auto. E da lì, è stato facile risalire a loro. Questo episodio dimostra come l’idea di una criminalità “fai da te” e tecnologicamente avanzata sia, in realtà, ingenua. La legge non si affida solo ai sensori, ma anche alla carta, ai documenti e a una catena di prove che, a volte, sono anche più difficili da cancellare di una traccia digitale.
La realtà della micro-criminalità
L’episodio del ristorante non è un caso isolato. Le denunce sono arrivate nell’ambito di un servizio coordinato di controllo del territorio, che mostra il lavoro silenzioso delle forze dell’ordine contro la “micro-criminalità” che colpisce la vita quotidiana. Mentre i giovani fuggivano dal ristorante, i Carabinieri stavano affrontando altri episodi, apparentemente scollegati, ma parte dello stesso fenomeno: un cittadino bulgaro denunciato per atti osceni in luogo pubblico e un senegalese sorpreso a vendere borse contraffatte. Il “pranzo dei furbetti” si inserisce in questo quadro più ampio, una testimonianza di come il degrado e l’illegalità si manifestino in forme diverse, ma siano tutti collegati e, soprattutto, tutti perseguiti