Crisi idrica nel condominio: Acea stacca l’acqua, in pericolo disabili e malati oncologici. Colpa dell’amministratore scomparso

La storia del condominio di Torvaianica, rimasto senz’acqua per giorni a causa di un debito di poco più di 2.200 euro, non è solo una cronaca di morosità, ma un paradosso tipicamente italiano. È un racconto in cui l’assenza di un singolo amministratore, che si è reso irreperibile lasciando un “buco” nelle casse, innesca una reazione a catena che sfocia nell’interruzione di un servizio essenziale. Il dettaglio più doloroso è che a pagare il prezzo più alto non sono i responsabili, ma 14 famiglie, tra cui spiccano due disabili e un malato oncologico: persone che dovrebbero godere delle tutele di “non disalimentabilità” previste dalle normative. L’assurdità risiede nel fatto che il problema, piccolo e gestibile, si è gonfiato fino a diventare una crisi umanitaria domestica a causa di un cortocircuito tra irresponsabilità individuale e rigidità burocratica.

La sparizione e il conto da pagare

Tutto inizia con l’ombra lunga del vecchio amministratore. Secondo quanto ricostruito dalla nuova subentrata, Elisabetta Santinelli, l’uomo sarebbe sparito senza effettuare il passaggio di consegne e, soprattutto, senza pagare le bollette, nonostante i condomini avessero versato le quote. Questo “buco” ha fatto sì che Acea, gestore del servizio idrico, bussasse alla porta del palazzo di via Pola, 93. La nuova amministratrice, insediatasi a settembre, ha agito con prontezza. Rendendosi conto della morosità, ha negoziato un piano di rateizzazione del debito. In un atto di responsabilità eccezionale, ha pagato anticipatamente ben quattro rate su cinque, coprendo gli importi fino a dicembre 2025, ben oltre le scadenze. Sembrava che l’emergenza fosse stata gestita, ma proprio qui la storia prende una piega incomprensibile.

Il circolo vizioso dei solleciti infiniti

Nonostante la diligenza nel sanare il debito, Acea ha staccato l’acqua il 10 novembre, senza una previa comunicazione chiara. La cosa peggiore, come emerge dalla cronaca, è il balletto delle cifre successive. Dopo il distacco, Acea ha chiesto una nuova bolletta da 800 euro (poi ridotta), poi altri 35 euro, e infine ha richiesto l’invio di documenti per un nuovo allaccio che, a detta dell’amministratrice, erano già stati inviati. Questo non è solo un errore amministrativo; è un vero e proprio “labirinto burocratico” in cui chi cerca di regolarizzare la propria posizione viene intrappolato in richieste sempre nuove e cifre variabili. È una dimostrazione di come, a volte, l’eccesso di procedure e la mancanza di comunicazione interna tra enti possano paralizzare la vita delle persone, rendendo vani gli sforzi onesti dimostrati.

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