Addio a Greg: a Viale Trastevere finisce la vita in strada del 42enne polacco

La vita di Greg, al secolo Grzegorz Pienkowski, 42 anni, si è conclusa su viale di Trastevere, a Roma, in un tragico epilogo di un lungo e travagliato viaggio. Dalla sua nativa Polonia, attraverso una lunga parentesi in Costa Azzurra, fino all’arrivo nella Capitale, la sua esistenza è stata segnata dalla lotta contro l’alcolismo e i “fantasmi” di un passato complesso, inclusa la perdita della compagna. Il decesso, avvenuto tra domenica e lunedì notte, è stato inizialmente circondato dal mistero. Le immagini delle telecamere di videosorveglianza hanno poi chiarito la dinamica: visibilmente ubriaco, Greg si è appoggiato a uno scooter, è caduto all’indietro e, dopo essersi rialzato, ha raggiunto il suo giaciglio di fortuna dove è stato trovato morto con la testa sanguinante. Non si è trattato, quindi, di un’aggressione, ma di una morte che ha radici molto più profonde e dolorose nella sua condizione di senza dimora. L’autopsia è stata disposta per fare definitiva chiarezza sulle cause del decesso.

Il fallimento del reinserimento

La storia di Greg è nota ai servizi sociali di Roma. Come confermato dall’assessora comunale alle Politiche sociali, Barbara Funari, l’uomo era monitorato dalla sala operativa sociale sin dal febbraio del 2023. Greg aveva condiviso frammenti del suo passato—il lavoro come manutentore in un hotel a Roma e gli anni vissuti in Francia. Nonostante fosse conosciuto e benvoluto nel quartiere, l’alcolismo rappresentava un ostacolo insormontabile. La Funari ha messo in luce la difficoltà di avviare percorsi di disintossicazione e reinserimento per chi vive in strada. L’accoglienza in un centro richiede la capacità di rispettare regole di convivenza e sobrietà per molti giorni consecutivi, una sfida quasi impossibile per chi è dipendente. Greg aveva risposto a un primo appuntamento con i servizi, ma poi si era allontanato. L’ultimo monitoraggio risaliva a un mese prima della sua morte.

Il tempo che manca

La riflessione dell’assessora Funari tocca il nervo scoperto del welfare urbano: “Resta la ferita di avere avuto poco tempo a disposizione per le condizioni di salute che aveva”. Questo è il punto cruciale. Per costruire percorsi di recupero efficaci per persone con doppia vulnerabilità (senza dimora e dipendenza), sono necessari tempi lunghi e risorse complesse, spesso incompatibili con l’urgenza e la precarietà della vita in strada. La morte di Greg, causata da una caduta nella notte, è la tragica conseguenza di questo divario: tra l’aiuto offerto dalle istituzioni e la resistenza fisica e psicologica di chi quell’aiuto deve riceverlo in condizioni estreme.

Il paradosso della solitudine urbana

L’originalità della storia di Greg risiede nel paradosso della sua morte. Non è morto per violenza esterna, ma, apparentemente, per la violenza intrinseca della sua condizione, quella di un uomo che, parafrasando una celebre canzone, è morto solo nel suo giaciglio. L’uomo che aveva girovagato tra Marconi, via Ippolito Nievo e Trastevere, che aveva parlato della sua compagna perduta e della sua vita in Costa Azzurra, è morto nel cuore pulsante di una città che, pur avendolo in qualche modo “adottato” e monitorato, non è riuscita a strapparlo alla sua solitudine finale. La sua storia è l’amaro monito che, anche in una società che si impegna nella solidarietà, la piaga dell’invisibilità può mietere vittime. Greg era un uomo conosciuto, non un fantasma, ma il suo destino è stato deciso da una semplice caduta, simbolo della sua estrema fragilità in un ambiente ostile. Resta la domanda: quante vite complesse come quella di Greg si perdono nelle pieghe delle nostre città, aspettando un tempo che non arriva mai?

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