Attentato neofascista a scuola sulla Portuense: bomba carta e svastiche sui muri. 3 incappucciati in fuga

L’Istituto Comprensivo “Santa Beatrice” in via delle Vigne, nel quartiere Portuense (zona Trullo) di Roma, è diventato il bersaglio di una preoccupante escalation di atti vandalici culminata ieri sera. Un vero e proprio ordigno – una bomba carta – è stato lanciato contro l’ufficio del collaboratore scolastico, causando il completo divellimento di finestra e serranda. Questo atto di guerriglia urbana non è stato isolato: i muri della scuola sono stati imbrattati con scritte incommentabili, disegni osceni e, soprattutto, riproduzioni di svastiche. La gravità dell’episodio è duplice: il danno materiale da attentato si unisce al danno morale e ideologico veicolato dai simboli nazisti, colpendo un luogo che per definizione è baluardo di tolleranza e antifascismo. L’atto è avvenuto nel tardo pomeriggio, con le attività ancora in corso nella palestra, aumentando il rischio per studenti e personale.

L’allarme: tre incappucciati e un presidio eroico

La scoperta dell’attacco è dovuta alla prontezza di una collaboratrice scolastica che, trovandosi all’interno dello stabile, ha visto fuggire tre persone incappucciate. È stata lei a dare l’allarme immediato, trasformandosi involontariamente in un presidio di resistenza e in un testimone chiave per le forze dell’ordine. Il fatto che i vandali abbiano agito in pieno pomeriggio e non nel cuore della notte dimostra una sfrontatezza e un’escalation di audacia preoccupanti. Il Dirigente Scolastico, Donato Testa, ha subito tuonato attraverso una circolare, portando a conoscenza della comunità educante la sequenza degli attacchi subiti negli ultimi giorni: dall’eradicazione di un citofono al danneggiamento dei vetri con petardi, fino all’esplosione dell’ordigno. L’attacco non è più un semplice atto vandalico, ma una vera e propria azione intimidatoria.

La condanna del preside: disagio e guerriglia urbana

La reazione del Preside Testa è andata oltre la mera denuncia del danno. Il dirigente ha espresso una forte preoccupazione per questa “escalation di azioni di guerriglia urbana, frutto di un fortissimo disagio che pervade ormai la nostra società“. Questa lettura è fondamentale: l’atto non viene liquidato come una bravata isolata, ma come il sintomo di una malattia sociale più profonda. Colpire la scuola, per il preside, è il modo in cui questo disagio si manifesta, ferendo il cuore pulsante dell’educazione e della civiltà. Nonostante la ferita, il Preside ha lanciato un appello alla resistenza: la scuola farà la sua parte nel continuare il delicato compito di educare le generazioni future, ma ha chiesto a tutta la comunità di non abbassare la guardia. La richiesta implicita di una maggiore protezione e l’intervento delle forze dell’ordine (che il Preside ringrazia, confermando le indagini in corso) mirano a ripristinare la sicurezza fisica e morale dell’istituto.

Il comitato dei genitori e la difesa dei valori

Anche il comitato dei genitori ha immediatamente alzato la voce, esprimendo “profonda indignazione e dolore”. Il loro comunicato evidenzia la percezione che l’attacco non sia diretto solo all’edificio, ma ai valori fondamentali stessi che la scuola rappresenta: l’educazione, la convivenza civile e il rispetto reciproco. La voce dei genitori è cruciale perché trasforma la scuola da mero ente statale a “cuore della nostra comunità”. Colpire la scuola, in questa prospettiva, significa colpire il futuro di tutti noi. La loro condanna ferma e la solidarietà espressa al corpo docente e al dirigente mostrano l’unità del quartiere di fronte all’aggressione. Questa compattezza civile è il miglior antidoto all’intento disgregatore di atti che veicolano odio e violenza ideologica.

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