A Ostia, l’eco degli spari da un’auto in corsa non è più l’eccezionalità, ma un segnale preoccupante di una violenza che sta diventando quasi un elemento del paesaggio urbano. L’episodio di lunedì 1 settembre in piazza Ener Bettica, dove due colpi sono stati esplosi in pieno pomeriggio vicino a un’area giochi, è la prova tangibile di come la criminalità organizzata stia ridefinendo i suoi confini, agendo con una sfrontatezza che ignora la presenza di cittadini, famiglie e bambini. La paura, in questo contesto, diventa un sentimento quasi normalizzato, parte di un’atmosfera che sembra sempre più tesa.
L’immediata reazione delle forze dell’ordine, allertate dalle numerose chiamate al 112, ha portato i carabinieri a setacciare la zona in cerca di indizi. Il ritrovamento di due bossoli a terra ha confermato la gravità dell’accaduto. L’attenzione si è poi spostata in via Arturo Forni, a pochi isolati di distanza, dove i militari hanno continuato le loro indagini. È qui che il caso si tinge di un elemento insolito e inquietante: l’accensione simultanea di fuochi d’artificio.
I fuochi d’artificio, un linguaggio non verbale
In un contesto normale, uno spettacolo pirotecnico è un’occasione di festa. A Ostia, in quel momento, il loro significato assume una connotazione ben diversa. In un luogo dove la criminalità ha un suo codice, non si può escludere che i fuochi d’artificio non fossero una semplice coincidenza. È un dettaglio che suggerisce una rete di osservazione e comunicazione tra le bande criminali. Potrebbe essere stato un segnale di avvertimento per segnalare l’arrivo dei carabinieri, un modo per avvisare i responsabili di nascondersi o disperdersi. La criminalità organizzata si adatta, sviluppando nuovi linguaggi e strategie per operare indisturbata, trasformando anche un simbolo di celebrazione in un mezzo di allerta.
Una storia che si ripete
Ciò che rende questo episodio particolarmente preoccupante non è l’atto in sé, ma la sua collocazione in una serie di eventi simili. Questi spari non sono un caso isolato, ma si inseriscono in un quadro di violenza che si ripete. Soltanto pochi giorni prima, il 29 agosto, un uomo era stato ferito a colpi di pistola su viale Vasco de Gama, e il 20 agosto un altro agguato aveva colpito un imprenditore. Questa concatenazione di eventi, in luoghi non lontani tra loro, suggerisce una recrudescenza di scontri legati forse al controllo del territorio o a regolamenti di conti.
Questi episodi ci costringono a guardare oltre il semplice fatto di cronaca. Ci mostrano un tessuto sociale in cui la violenza non solo esiste, ma si manifesta in pieno giorno e in luoghi affollati, con una sfrontatezza che sfida lo Stato. I fuochi d’artificio in via Forni sono il simbolo di questa sfacciataggine, un segnale che le bande criminali si sentono abbastanza sicure da comunicare tra loro alla luce del sole. Il problema di Ostia non è solo un problema di sicurezza, ma un campanello d’allarme su un’erosione della legalità e del vivere civile.