Un appartamento ATER occupato, al tredicesimo piano del nono ponte di via Gogol 3 nel quartiere Laurentino 38 a Roma, è stato scoperto e smantellato dalla Polizia Locale, gruppo IX Eur, dopo una segnalazione anonima. Quello che a prima vista sembrava un semplice caso di occupazione abusiva di un alloggio popolare, si è rivelato essere un vero e proprio laboratorio per la lavorazione di sostanze stupefacenti. L’operazione ha avuto luogo quando i “caschi bianchi” sono arrivati davanti alla porta dell’abitazione e sono stati subito investiti da un forte odore di sostanze chimiche. Sebbene all’interno non sia stato trovato nessuno al momento del blitz, la scena che si è presentata agli investigatori ha rivelato il livello di organizzazione della base: non si trattava di un semplice luogo di spaccio, ma di una centrale operativa dedicata alla raffinazione della droga.
Un laboratorio chimico per la cocaina
La scoperta più significativa all’interno dell’appartamento è stata la presenza di diverse taniche contenenti composti chimici specifici, normalmente utilizzati per un processo ben preciso: estrarre e lavorare la cocaina che era stata precedentemente cucita negli indumenti. Questo metodo è noto per essere impiegato per eludere i controlli, inclusi quelli doganali. Oltre ai prodotti chimici, gli investigatori hanno sequestrato sostanze da taglio, bilancini di precisione e buste per il confezionamento delle dosi, strumenti tipici che confermano come l’appartamento fosse la base per trasformare la droga grezza o mascherata in prodotto finito pronto per essere immesso sul mercato. Il materiale è stato sequestrato e l’appartamento è stato immediatamente riconsegnato all’ATER, la proprietà dell’immobile. Per le indagini successive, sul posto è intervenuta anche la Scientifica della Polizia di Stato.
Il trauma invisibile della casa popolare
Il punto di vista originale su questo evento non riguarda solo l’efficacia del blitz, ma ciò che questa scoperta rivela sul tessuto sociale del Laurentino 38, un quartiere originariamente pensato come modello di edilizia popolare. La trasformazione di una casa popolare, destinata a famiglie bisognose, in un laboratorio della droga, rappresenta un doppio tradimento. È un tradimento del principio di solidarietà e un’aggressione al senso di sicurezza dei residenti onesti. L’odore acre delle sostanze chimiche non è solo un dettaglio di cronaca, ma il simbolo della tossicità sociale che avvelena la quotidianità. Questo ambiente, a pochi passi da asili e altre abitazioni (come testimoniato dall’allarme per l’esplosione, in un’altra cronaca), è costantemente minacciato da operazioni criminali.
La rete dello spaccio al laurentino 38
L’episodio di via Gogol non è isolato, ma si inserisce in un contesto criminale ben radicato. Lo stesso stabile era già stato al centro dell’attenzione lo scorso gennaio, quando un maxi blitz della Guardia di Finanza portò all’arresto di 27 persone accusate di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di droga. Il ritrovamento odierno di un laboratorio chimico in un appartamento occupato suggerisce che, nonostante i precedenti arresti, le reti dello spaccio hanno una notevole capacità di resilienza e riorganizzazione, rimpiazzando velocemente le basi operative perdute. Il Laurentino 38, con la sua alta densità abitativa e i complessi di edilizia popolare, offre un nascondiglio ideale per queste attività. La lotta contro il crimine in questi quartieri non si esaurisce con l’arresto dei singoli, ma richiede un costante presidio del territorio e il recupero degli spazi comuni sottratti all’uso illegale.