4/10 aprile: Celebrazioni dei Ludi Megalenses

Ludi Megalenses

Nell’antica Roma, dal 4 al 10 aprile, si celebravano i Megalesia (o Ludi Megalenses), delle festività accompagnate da giochi in onore della Grande Madre Cibele, simbolo della forza creatrice e distruttrice della Natura.

Il culto di Cibele venne introdotto a Roma il 4 aprile del 204 a. C. quando, secondo un consiglio che i sacerdoti avevano tratto dai Libri Sibillini, la statua della dea e la pietra nera (di forma conica, simbolo della stessa) vennero prelevate dal suo luogo di culto a Pessinunte (Pergamo) in Asia Minore, allo scopo di scongiurare una guerra col temibile Annibale. Gli oggetti sacri, giunti al porto di Ostia, vennero caricati su una nave adatta alla navigazione fluviale, ma quest’ultima s’incagliò. Mentre la popolazione accoglieva quanto vedeva come un evento nefasto, una donna pura riuscì a disincagliarla. Secondo Ovidio, fu Claudia Quinta, donna della quale si metteva in dubbio la fedeltà coniugale, che dopo essersi purificata nelle acque del Tevere chiese alla Dea Madre di dare a tutti un segno della sua castità, che le venne concesso: afferrò una fune dell’imbarcazione e cominciò a trainarla senza sforzo. Altri autori, come Tacito e Plinio il Vecchio, indicano invece una vestale della quale si metteva in dubbio la fedeltà al voto di castità, con esito identico.

Dopo il sacrificio di una giumenta che mai era stata sottomessa al giogo, il simulacro e la pietra vennero portati dalle matrone in processione fino al tempio della Vittoria sul Palatino, dove furono temporaneamente custodite, fino a quando non fu pronto il tempio esclusivamente dedicato alla dea sul Palatino, realizzato il 10 aprile del 191 a. C.. Il tempio bruciò per due volte, nel 111 a. C. e nel 3 d. C., venendo riedificato per l’ultima volta dall’imperatore Augusto. Del tempio rimangono ad oggi il basamento (probabilmente risalente alla prima costruzione), alcune colonne in peperino oggi giacenti vicino al podio, capitelli corinzi e frammenti di frontone che risalgono all’epoca augustea. Inoltre è stato recuperato un rilievo dell’età di Claudio, murato nella facciata posteriore di villa Medici, dove il tempio di Cibele viene rappresentato come un esastilo. La pietra nera, chiamata anche “ago di Cibele, fece parte dei pignora imperii, i sette oggetti sacri che, secondo la leggenda, avrebbero garantito il potere di Roma.

Plaza de Cibeles, Madrid, Spain Qmin.jpg

Di Qmin – Opera propria, CC BY-SA 3.0 es, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=35582386

Proprio per celebrare l’introduzione del culto di Cibele a Roma, durante l’età repubblicana vennero istituiti i Megalesia. In realtà le feste in suo onore e di Attis (il paredro della dea), avevano inizio il 15 marzo con la solenne processione dei portatori di canne (cannophori). Le celebrazioni si protraevano fino al 28 marzo, quindi durante il periodo dell’equinozio di primavera.

Dopo le cerimonie preliminari dei primi giorni, dal 22 al 24 marzo si svolgevano le feste vere e proprie. Il 24 marzo era il giorno del rito del Sanguem, così chiamato perché i Galli, i sacerdoti devoti a Cibele, durante le loro frenetiche danze si tagliuzzavano la pelle per spargere il sangue su di un pino abbattuto in precedenza (simbolo di Attis).

Il 29 marzo, il giorno successivo alla fine dei rituali, vi era il lavaggio sacro del simulacro di Cibele, che veniva prelevato dal tempio da una processione e portato all’Almone, un piccolo fiume nei pressi dell’Appia. La statua veniva quindi immersa nelle acque del fiumiciattolo, purificata e in seguito riportata al suo tempio.

A questa serie di riti facevano seguito i Ludi Megalenses. Istituiti nel 191 a. C. per celebrare l’inaugurazione del tempio di Cibele, i Megalesia erano giochi scenici, e non circensi. Nei primi anni si tenevano sul colle Palatino, di fronte al tempio della dea, dove veniva montato un teatro di legno. Quando venne costruito il tempio augusteo, questo venne dotato di una scalinata che declinava verso il Circo Massimo, che permetteva di assistere ai giochi, nei quali poeti del calibro di Plauto e Terenzio rappresentarono alcune delle loro opere proprio durante tali festività).

Organizzati dapprima dagli edili curuli magistratura patrizia e indizio di una pratica che si svolgeva durante i giorni di festa chiamata mutationes: le ricche famiglie romane si scambiavano gli inviti per il pranzo e facevano quasi a gara per offrire i più fastosi. Con Augusto, i giochi passarono sotto il controllo del pretore urbano. I Megalensia prevedevano il sacrificio di una giovenca e la partecipazione al lectisternium, un banchetto in onore degli dei nel quale venivano presentate le primizie della mietitura. Alla dea si offriva la moretum, una focaccia prodotta con erbe, formaggio, sale, olio e aceto. Gli schiavi non potevano partecipare né assistere ai giochi, mentre i magistrati dovevano indossare una toga praetexta di colore viola

L’11 Aprile, dopo la conclusione dei giochi, si celebrava il dies natalis della dea, “Matri Deum Magnae Ideae”.

Antonietta Patti

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