Streaming Community nel mirino: l’Italia dichiara guerra alla più grande piattaforma pirata di film e serie TV

Streaming Community sotto attacco: scatta l’operazione delle autorità italiane contro la pirateria online

Streaming Community

Negli ultimi giorni è partita una vera e propria offensiva contro il sito in questione, una delle più grandi piattaforme italiane dedicate allo streaming illegale di film e serie TV. Le autorità stanno conducendo un’operazione su vasta scala con l’obiettivo di smantellare la rete e risalire all’identità sia dei gestori che degli utenti coinvolti.

Nel frattempo, migliaia di spettatori abituali si ritrovano improvvisamente “orfani” del portale. Sui social, sono moltissime le segnalazioni di utenti che non riescono più ad accedere al sito in questione, ormai considerato da molti come l’equivalente pirata di Netflix.

Con un’interfaccia intuitiva e un canale Telegram da quasi 500.000 iscritti, il sito si era guadagnato una popolarità enorme nel panorama dello streaming illegale. Ma questa notorietà lo ha anche messo nel mirino delle istituzioni, che da giorni stanno portando avanti blocchi mirati e continui.

I gestori, in fuga da dominio a dominio per restare online, parlano apertamente di una “caccia spietata”. Nei loro canali ufficiali, dichiarano:

“Subiamo oscuramenti ogni 1-2 giorni. Non sono più blocchi sporadici, ma attacchi sistematici. Sospettiamo che dietro tutto ciò ci sia Piracy Shield, il sistema introdotto dalle autorità italiane. L’Italia è l’unico paese in Europa dove è possibile bloccare un sito ogni 30 minuti, senza processo e senza verifica. Questo approccio, a nostro avviso, è una forma di censura più che una reale tutela dei diritti.”

Tuttavia, secondo fonti attendibili, Piracy Shield non sarebbe ancora operativo per quanto riguarda i siti di streaming video. Il sistema, infatti, dovrebbe entrare pienamente in funzione a breve, ma per ora non sarebbe coinvolto nella chiusura del sito in questione.

L’attuale offensiva sembrerebbe rientrare in una classica strategia antipirateria, con una particolarità significativa: non si limita a bloccare il sito, ma utilizza un meccanismo di redirect verso una honeypot, ovvero un sito trappola gestito dalle forze dell’ordine. Chi prova ad accedere finisce inconsapevolmente su una pagina che registra l’indirizzo IP dell’utente, lasciandolo potenzialmente identificabile.

Una mossa, questa, che ha allarmato molti utenti, ormai consapevoli del fatto che accedere a questo tipo di piattaforme non sia più privo di rischi.
L’Italia sembra intenzionata a fare sul serio: la lotta alla pirateria si fa sempre più tecnologica e aggressiva, e il sito in questione potrebbe essere solo il primo di una lunga serie a finire nel mirino.

Cosa potrebbe accadere ora agli utenti che accedono ai siti di streaming pirata? La risposta, al momento, resta incerta. Ma una cosa è sicura: da diversi mesi è operativo un nuovo protocollo anti-pirateria messo a punto da Agcom e Guardia di Finanza, che permette di identificare i singoli utenti attraverso l’indirizzo IP, prevedendo sanzioni automatiche in caso di violazione.

Sebbene l’applicazione concreta del protocollo sembri ancora agli inizi, negli ultimi giorni la Guardia di Finanza ha confermato l’apertura di almeno tre procedimenti ufficiali basati proprio su questa nuova procedura. I dettagli specifici restano riservati, ma l’attivazione del sistema è ormai un fatto.

È importante ricordare che, in Italia, la pirateria online non costituisce reato penale, ma è considerata un illecito amministrativo. Le sanzioni partono da 154 euro, una cifra che equivale a quasi due anni di abbonamento a una piattaforma streaming legale come Netflix (piano premium senza pubblicità). Tuttavia, in caso di recidiva, l’importo può salire sensibilmente.

Per anni si è parlato di multe senza che venissero mai effettivamente notificate. Ma oggi la situazione è cambiata: secondo fonti ufficiali, oltre 2.000 utenti hanno già ricevuto una comunicazione formale di sanzione nelle ultime settimane. Non si tratta più solo di una minaccia generica, ma di un’azione concreta.

Il messaggio delle autorità è chiaro: il tempo dell’impunità sembra finito. Con l’introduzione di strumenti più avanzati per il tracciamento degli accessi, anche gli utenti finali rischiano di subire conseguenze dirette. E con l’espansione del protocollo, nuovi casi potrebbero emergere molto presto.

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