13 agosto – Nemoralia

Il 13 Agosto si svolgeva quella che i Romani chiamavano la “festa degli schiavi” (servorum die), poiché si ricordava come in questo giorno Servio Tullio, il sesto re di Roma ch’era nato schiavo, aveva introdotto il culto di Diana nella Città Eterna, riuscendo a convincere i popoli Latini a dedicarle un santuario sul colle Aventino, dove ogni anno ognuno avrebbe sacrificato alla dea, solidificando così l’alleanza e risolvendo i litigi.
Fin dall’inizio, il culto di Diana sull’Aventino è stato legato a quello di Diana Nemorense, com’era nota a Nemi (nel territorio dell’antica città latina di Aricia, l’attuale Ariccia) in qualità di dea dei boschi e delle foreste, delle nascite e dalla luna, il cui santuario era anch’esso comune a tutti i popoli latini. Il 13 Agosto, il giorno della festa della dea, le donne romane con delle torce accese svolgevano una processione dal nemus (“bosco sacro”) di Aricia fino a Roma. Quel giorno, le donne curavano con particolare attenzione i propri capelli, a causa di una probabile allusione a un antico rito sui bagni rituali della dea. Anche ad Aricia, la festa di Diana si svolgeva intorno alle Idi di Agosto (15), in special modo, durante il plenilunio.
La localizzazione del tempio a Roma di Diana Aventina, o Aventinensis, così noto da far cambiare nome allo stesso colle Aventino (chiamato anche collis Dianae), è dibattuta ancora oggi. L’ipotesi più accreditata, grazie a un frammento della Forma Urbis Severiana, è che fosse situato su Via di Santa Sabina, tra le chiese di Santa Sabina e Sant’Alessio, in cima all’Aventino. Questo tempio venne poi ricostruito da Lucio Cornificio, sotto il principato di Ottaviano Augusto, per il quale l’edificio prese poi il nome di aedes Dianae Cornificianae.
All’interno del tempio, la statua di culto della dea era un’antica statua probabilmente in legno (xoanon) che raffigurava Diana come nel tempio di Artemide a Marsiglia. Un’altra scultura di Diana, ma in marmo, doveva riprendere le fattezze di quella conservata del tempio di Efeso. Avendo un ruolo politico per l’intera comunità latina, all’interno della cella si trovava una stele bronzea, fatta erigere da Servio Tullio, su cui era inciso in greco il trattato tra i Romani e i Latini, con l’indicazione dei popoli che l’avevano sottoscritto. È probabile che la grande affluenza di numerosi schiavi, presente a Roma fin dai tempi delle prime conquiste latine dei re, abbia portato allo sviluppo di una forte devozione a questa dea ch’era protettrice di tutti i popoli latini. Inoltre, va ricordato che lo schiavo che entrava nel tempio di Diana sull’Aventino aveva diritto di asilo e lì non poteva essere toccato. Festo riporta che uno dei termini usati per nominare gli schiavi fuggiaschi era “cervo”, a causa della velocità con la quale scappavano, o forse perché devoti a Diana il cui animale sacro era proprio il cervo.
Invero, la Diana romana delle origini era una divinità profondamente legata alla luna, tanto da venire onorata come lucifera (“portatrice di luce”) in riferimento alla luce della luna. La presenza di corna di vacca (e non di cervo) appese sul frontone del tempio sull’Aventino potevano essere un riferimento alla luna crescente. Per di più, Diana veniva raffigurata in triplice forma in relazione alle tre forme della luna durante le sue fasi, tanto che spesso era definita “triplice”, “triforme” e “trivia”, rappresentando la luna crescente; mentre Selene ed Ecate, col le quali possedeva un forte legame, rappresentavano rispettivamente la luna piena e la luna calante. Cicerone la indica come divinità degli incantesimi notturni.
Mentre la sua corrispettiva nell’Olimpo greco, Artemide, era spesso considerata Potnia Theròn (Signora degli animali), la romana Diana delle origini al contrario non possedeva alcun legame con gli animali selvatici. Se tra i suoi attributi figura anche l’arco, va sottolineato ch’ella era la dea vergine della caccia. Il cervo era l’animale sacro di Artemide/Diana, e alcune fonti riportano che una pratica romana prevedeva il sacrificio a Diana di un’agnella nominata cervaria ovis, giacché immolata al posto di un cervo. L’identificazione tra Diana e Artemide avvenne già in epoca arcaica, tanto che ella fu la prima divinità femminile a ricevere l’offerta di un lectisternio (un sontuoso banchetto offerto alle divinità, consumato sui letti tricliniari).
Diana era anche in stretta relazione con il ciclo femminile, i parti e la sovranità, cosa che la rendeva più simile all’Artemide Efesina, una divinità orientale della fecondità e della terra chiamata anche “Grande Madre”. Sono stati infatti trovati numerosi ex-voto attinenti alla gravidanza e alla nascita nel suo santuario a Nemi. Inoltre, del suo corteggio faceva parte Egeria, la ninfa che presidiava alle nascite e che era legata al secondo re di Roma, Numa Pompilio. Le frecce di Artemide/Diana erano capaci di portare pestilenza e morte, tanto che la scomparsa delle donne, soprattutto se improvvisa, veniva ricondotta alla sua influenza. Tuttavia, la dea era anche protettrice, dei giovani e dei cuccioli degli animali, del gregge e della caccia.
Un episodio leggendario racconta di una profezia che indicava come il sacrificio a Diana della giovenca posseduta dal pastore sabino Antro avrebbe consentito alla città dell’officiante di governare tutta l’Italia. Servio Tullio, saputo di questo responso, ingannò il pastore Antro suggerendogli di purificarsi nelle acque del Tevere prima di compiere il sacrificio. Così, mentre quello si allontanava, egli lo anticipava sacrificando la giovenca e attaccando le sue corna sul frontone del tempio. Il legame tra Diana e la sovranità descritta in questo episodio mitologico, la rendevano garante della successione dei re e della continuità del potere regale; proprio come, in un certo senso, lo era ad Aricia.
Nel bosco di Nemi, presso l’omonimo lago chiamato Speculum Dianae, si effettuava un curioso rito di successione del rex nemorensis: il sacerdote del culto di Diana. La dea infondeva il suo potere in un albero sacro, dal quale il pretendente, spesso uno schiavo fuggitivo, avrebbe dovuto recuperare un ramo, per poter uccidere il sacerdote che intendeva sostituire.

Gruppo scultoreo di Diana cacciatrice con cervo, copia romana di un originale ellenistico, Museo del Louvre, Parigi. By Commonists – Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=99819999
Antonietta Patti
Archeologa
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