24/26 gennaio – Feriae Sementivae

24/26 gennaio - Feriae Sementivae

Le Feriae Sementivae nacquero come feriae conceptivae, cioè un periodo festivo mobile, le cui date non erano fisse nel calendario. Il periodo occupava 3 giorni, solitamente alla fine del mese di Gennaio, quando si fermavano tutti i lavori agricoli. Col tempo, i giorni dal 24 al 26 Gennaio vennero fissati nel calendario alle Feriae Sementivae.

Questa festività chiudeva ufficialmente il periodo della semina: il seme, ormai sotto la terra, doveva germogliare e dare frutto. In quei giorni infatti, a Roma, i Frater Arvales compivano delle celebrazioni per propiziare la germinazione dei semi interrati.

La gente usava coronare gli animali e appendere gli oscilla (piccole maschere di terracotta) agli alberi, per cacciare gli influssi malvagi. Inoltre, si andava spesso a teatro, dove venivano rappresentate delle commedie.

Nei vici (sia in città che nelle campagne) e in tutti i pagi (le circoscrizioni rurali) si offrivano a Cerere e a Tellus il sacrificio di una scrofa gravida, libagioni di farro e la burranica (un composto di latte e mosto), affinché proteggessero e facessero crescere i semi.

Giovanni Lido scrisse che 9 giorni dopo le suddette offerte a Cerere e Tellus, il successivo giorno di mercato, si offriva in sacrificio qualcosa anche a Proserpina, regina degli Inferi, che doveva fornire ai semi la forza di germogliare.

È probabile che, in origine, il culto riguardasse in un primo momento le divinità ctonie di Tellus e Proserpina, che dovevano far germogliare i semi. In un secondo momento interveniva la divinità celeste delle messi, Cerere, che doveva garantire la crescita del germoglio ormai fuoriuscito dal terreno, la sua trasformazione in spiga, proteggendolo dalle gelate, dal vento, dagli uccelli, curando di fargli arrivare abbastanza acqua con le piogge, eccetera.

Esattamente come il ciclo solare, il quale compiva un percorso annuale che portava il Sole a morire e poi a rinascere dopo il solstizio d’inverno; anche il ciclo vegetativo compiva lo stesso destino, col seme che “moriva” quando veniva piantato per “rinascere” coi germogli invernali.

Affresco con raffigurazioni di Cerere e Proserpina tra amorini, vasi e ghirlande fiorite, IV secolo d.C., affresco sulla volta di un cubicolo dell’Ipogeo di Via Dino Compagni, Roma

Antonietta Patti
Archeologa


BIBLIOGRAFIA

  • Giovanni Lido, Liber de mensibus, III, 6;
  • A. Ferrari, Dizionario di Mitologia, UTET, Novara 2015;
  • P. Ovidio Nasone, Fasti, libro I, 658-696;
  • Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, vol. XVIII, 204;
  • Marco Terenzio Varrone,  De lingua Latina, libro VI, 26;
  • Publio Virgilio Marone, Georgiche, II, 385-390.
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