La medicina romana

Medicina romana

Roma aveva concepito ed istituito una sistema di servizi igienici e sanitari allo scopo di migliorare le condizioni di salute dei cittadini, prevenendo l’insorgere di malattie, servendosi della costruzione di imponenti e funzionali acquedotti per rifornire d’acqua la città, di terme e bagni pubblici, raggiungendo vette elevatissime sotto l’aspetto tecnologico. A differenza dei greci, con i quali condividevano la credenza di origini soprannaturali delle malattie e quindi l’utilizzo di vari rituali di guarigione, i romani ritenevano la salute un fatto pubblico, incoraggiando il miglioramento della sanità pubblica come aspetto della vita quotidiana. Questo insegnamento di Roma venne ben presto diffuso in tutto l’impero, attraverso la costruzione di acquedotti, terme, giardini, controllo sugli alimenti e le fognature (cloache), misure sanitarie a difesa della salute pubblica, divenendo insegnamento nelle scuole.

Lo studio del medico nell’antica Roma (taberna medica) aveva l’aspetto di una bottega classica dotata di un arredamento molto semplice: mobilio per gli strumenti medici e per le medicine, anfore di acqua, olio e vino, sgabelli e lettino. Queste botteghe mediche svolgevano anche la funzione di luoghi di breve degenza. Gli attrezzi chirurgici di cui disponeva il medico romano erano molto simili a quelli odierni (bisturi, pinze, forbici), come evidenziato dai reperti di ferro e di bronzo giunti sino a noi. Le ferite, prima di ogni intervento, venivano disinfettate con spugne e ciuffi di lana di acqua fredda o aceto. Prima dell’operazione si preparava una sorta di anestetico fatto con le erbe come la mandragola bianca e il papavero.

Medicina romana

Il medico romano aveva il carattere di professionista generico, mentre in alcune grandi città si potevano trovare specialisti, divenuti più numerosi a partire dal I secolo d.C. soprattutto nel campo della chirurgia (chirurgus), dell’oculistica (ocularius) e dell’otorinolaringoiatria (auricularius). I medici che potevano forgiarsi di più specializzazioni avevano la possibilità di diventare molto ricchi. Non era insolito trovare impostori e truffatori che a prezzo più basso proponevano cure improbabili. Il motivo di queste continue truffe era da ricercare nel buco legislativo dell’ordinamento che non prevedeva autorizzazioni ufficiali per l’attività medica nell’impero. A partire dal II secolo a.C. le prime botteghe farmaceutiche presenti a Roma divennero sia punti vendita che laboratori, in cui si sperimentavano e producevano farmaci ricavati dalle materie prime.

Le tracce del primo ospedale pubblico si trovano sull’isola Tiberina dove nel 293 a.C. fu edificato un tempio consacrato ad Esculapio, dio della medicina e delle guarigioni. Alcuni reperti ritrovati nelle vicinanze provano l’esistenza di pellegrinaggi per ottenere la guarigione dalla divinità. Non presentava le caratteristiche classiche di un ospedale ma appariva più come una sorta di rifugio per gli malati che non avevano possibilità economiche per una cura di livello. In ambito militare, dopo la riforma di Augusto, furono introdotti i Valetudinaria, gli ospedali militari presenti in tutte le fortezze legionarie e nei forti ausiliari di grandi dimensioni lungo l’intero limes romano. L’interesse a curare la salute dei soldati era una preoccupazione rilevante per l’esercito romano, che disponeva di medici altamente qualificati ed esperti, coordinati dal “medicus castrensis”, esente da servizi, sotto il comando del praefectus castrorum, responsabile del campo. Vi erano poi medici esclusivi alla cavalleria (medicus alarum) e alla marina (medicus triremis).

 

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