Il tesoro della Basilica di Santa Prassede: il Sacello di san Zenone

Il tesoro della Basilica di Santa Prassede: il Sacello di san Zenone

di Bruno Carboniero

Roma stupisce il turista con effetti speciali e il percorso di norma seguito da chi, anche per una sola volta, vuole respirare l’eternità è abbastanza stereotipato ma non per questo meno affascinante.

Non di meno il romano, cresciuto nella Grande Bellezza, si impigrisce al cospetto dei tanti tesori nascosti in ogni angolo, misconoscendo piccole perle che in ogni angolo del mondo farebbero la fortuna delle amministrazioni locali.

Al centro di Roma, all’ombra della Papale Arcibasilica Maggiore Arcipretale Liberiana di Santa Maria Maggiore, rannicchiata in un vicolo del rione Monti, si “nasconde” la basilica di Santa Prassede, uno dei tanti gioielli romani poco conosciuti ma non per questo meno stupefacenti per chi ha la fortuna di visitarli. Dedicata alla martire del I secolo santa Prassede, che seguì la sorte del padre Pudente e della sorella Pudenziana (alla quale è dedicata una basilica poco distante), ha subito nel corso dei secoli molte modifiche che ne hanno amplificato la intrigante bellezza architettonica.

All’interno di essa, come in una scatola cinese, si può godere di uno dei più affascinanti esempi di architettura religiosa alto medievale di Roma: il Sacello di san Zenone.

Il Sacello di San Zenone è un piccolo oratorio al quale si accede dalla navata destra della basilica. Voluto e realizzato da Pasquale I (IX secolo) come sacello funerario per la madre Teodora e dedicato a San Zenone costituisce un raro esempio nell’alto medioevo di oratorio annesso ad una basilica.

Di San Zenone non si sa praticamente nulla se non che è seppellito in questa cappella.

La tradizione che vorrebbe anche Pasquale I seppellito qui è smentita dal Liber Pontificalis che ne colloca la sepoltura nell’oratorio di San Pietro da lui stesso realizzato. Il prospetto esterno che si presenta al visitatore percorrendo la navata destra è un richiamo irresistibile. Tutti gli elementi architettonici che lo compongono, come quelli interni, sono di riutilizzo ma l’occhio viene subito rapito dalla decorazione musiva sopra l’entrata. Contenuta in un’area quadrata, presenta una finestra, che incornicia un’urna cineraria, intorno alla quale sono due clipei concentrici.

Nel primo e più basso è raffigurata, al vertice, il volto di una Madonna con bambino ai cui lati due santi, forse san Valentino e san Zenone affiancati da volti di sante non identificate. Nel secondo clipeo, più alto, ai lati di un Cristo benedicente sono raffigurati i dodici apostoli. Negli angoli in alto figure dalla incerta identificazione di Mosè ed Elia mentre agli angoli bassi due papi, Pasquale I e forse il suo successore Eugenio II. Superata la piccola entrata si viene proiettati in un caleidoscopio musivo che riflette fedelmente la tradizione artistica bizantina della quale, questo scrigno, è uno dei più preziosi testimoni a Roma. Quattro colonne agli angoli, senza funzione portante, con capitelli dorati costituiscono il piedistallo per gli angeli raffigurati dal mosaico della volta che a loro volta sorreggono un clipeo nel quale è raffigurato il Cristo Pantocrator. Lo stile iconografico riproduce una visione tipicamente medievale dell’Empireo sull’esempio di quella del VI secolo nella cappella di Sant’Andrea a Ravenna nella quale al posto del busto di Cristo troviamo una croce aurea.

Nella parete di sinistra (entrando) il mosaico raffigura le sante Agnese e Pudenziana separate da santa Prassede da una finestrella cieca recanti tra le mani velate delle corone. La parete dell’altare presenta nella parte alta la Vergine e san Giovanni Battista intercessori per l’umanità.

L’altare è inquadrato da due colonnine in alabastro e architrave ed è costituito da un’edicola lignea del XVII secolo che a sua volta accoglie un’absidiola decorata a mosaico raffigurante la Vergine ed il Bambino benedicente che mostra un cartiglio recante la scritta Ego Sum Lux. Ai lati santa Prassede e santa Pudenziana. Una piccola apertura sulla parete di destra immette nella cappella della Sacra Colonna, visibile anche attraverso una grata che la separa dalla navata laterale della basilica. Qui a sorpresa troviamo una preziosa reliquia della quale oggi si è, comprensibilmente, persa la memoria. In un reliquiario di bronzo e cristallo, è conservato un balaustro rastremato in marmo con un capitello ed un collarino.

Questa è ritenuta, tradizionalmente, la colonna alla quale Cristo fu legato e flagellato e conseguenzialmente oggetto di particolare devozione da parte dei fedeli proprio nel medioevo.

La colonna fu portata a Roma nel 1223 dal cardinale Giovanni Colonna legato apostolico in Siria durante la V Crociata e titolare della Basilica. Dal 1223 al 1699 era custodita nel sacello dal quale fu poi spostata nella cappella laterale ad opera del mons. Ciriaco Lancetta. Una lapide murata sulla sinistra dell’ingresso alla cappella di san Zenone ricorda le gesta per portarla a Roma.

Un solerte e pittoresco guardiano si presta spesso a fornire notizie e materiale informativo utili ad approfondire le conoscenze su questo piccolo tesoro così poco conosciuto.

Il medioevo romano è spesso sovrastato dalla tradizione antica e quella rinascimentale ma chi sa cercare potrà trovare gioielli che dimostrano come, anche in questa “età oscura”, la Grande Bellezza possa produrre lampi di luce abbaglianti!

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