1° aprile – Celebrazione dei Veneralia

Veneralia

Per i Romani aprile era un mese molto importante. Nell’antico calendario stilato da Romolo, infatti, aprile veniva salutato con rituali legati al risveglio della natura, la Madre Terra, alla quale i Romani erano molto devoti.

Il 1° aprile venivano celebrati i Veneralia, i rituali in onore di Venere Verticordia (nome derivante dai termini latini vertor e cordis, ovvero il “volgimento del cuore” al matrimonio e all’accoppiamento in funzione procreativa). Il giorno scelto per questa festa non era casuale: il 1° aprile, infatti, era l’anniversario della fondazione del tempio di Venere, dedicato alla dea nel 114 a. C. per espiare l’incesto commesso da tre Vestali.

Del rituale ce ne parla Ovidio nei suoi Fasti. Il poeta latino parla a tutte le donne, quindi spose, vergini e prostitute di qualsiasi estrazione sociale, esortandole ad onorare la dea Venere, descritta dallo stesso come colei che «diede la loro origine agli alberi e ai seminati, riunì insieme gli animi rozzi degli uomini e insegnò loro ad unirsi, ciascuno con la sua congeniale compagna» (Ovidio, Fasti, IV, versi 96-98).

La cerimonia consisteva nel recarsi al tempio di Venere, dove le donne spogliavano la statua della dea da tutti gli ornamenti e i gioielli. La statua veniva poi sottoposta ad un lavaggio sacrale, rivestita dei suoi ornamenti e decorata con fiori e petali di rosa.

Seguiva poi un bagno collettivo con le devote che, coprendosi con rami di mirto, si detergevano e bevevano il cocetum, una bevanda composta da latte mescolato al miele e al papavero pestato. Il cocetum era infatti la stessa bevanda bevuta da Venere nel giorno del suo matrimonio col dio Vulcano, mentre l’utilizzo del mirto derivava dal mito che vede Venere coprirsi coi rami di mirto poiché sorpresa nuda a fare il bagno da alcuni satiri.

Sempre nel libro IV dei Fasti, dal verso 133 al 139, Ovidio testimonia il rito del bagno sacro in onore di Venere, esortando le donne romane a portarlo a termine:

«Madri e nuore latine, e anche voi che non portate benda né lunga veste, venerate ugualmente la dea […] la dea è tutta da detergere […] offritele rose novelle e altri fiori. Ella vuole che anche voi vi laviate sotto un verde mirto…».

In questo stesso giorno, le donne provenienti da ceti sociali umili, si lavavano nei bagni degli uomini offrendo dell’incenso alla Fortuna Virile, garantendosi bellezza e nobiltà d’animo.

 

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