Nel 2008 si parlò di un vero e proprio miracolo archeologico. In una zona piuttosto periferica, lungo la Via Flaminia, circa due chilometri prima di Saxa Rubra, durante gli scavi preliminari per la costruzione di nuovi edifici, emerse a sette metri di profondità un tratto dell’antica via consolare, insieme a un complesso monumentale straordinariamente ben conservato. Tra i resti rinvenuti vi erano pezzi di un mausoleo dedicato a una figura di spicco della storia romana, la cui identificazione fu rapida e certa. Si trattava di Marco Nonio Macrino, un generale bresciano di grande intelligenza e onore, stretto collaboratore di Marco Aurelio, appartenente alla potente e ricca famiglia dei Nonii, e deceduto dopo l’anno 161 d.C.
La scoperta suscitò un’enorme eco mediatica a livello globale, poiché molti giornalisti stabilirono un parallelismo tra la figura storica di Macrino e quella di Massimo Decimo Meridio, il personaggio immaginario del film “Il Gladiatore”, diretto da Ridley Scott. Poiché il periodo storico coincideva, i media di tutto il mondo ribattezzarono la scoperta come la “Tomba del Gladiatore”.
Tuttavia, come spesso accade, Roma riserva sorprese che vanno oltre le prime impressioni e le semplificazioni mediatiche. Grazie all’attento e scrupoloso lavoro degli archeologi, si è scoperto che quella che era stata inizialmente soprannominata “Tomba del Gladiatore” celava in realtà una serie di tesori ancora più sorprendenti e significativi.
Oggi, il ritrovamento di Via Vitorchiano è considerato una delle scoperte archeologiche più significative avvenute a Roma negli ultimi trent’anni. Tra i reperti emersi dagli scavi lungo la Via Flaminia, spiccano i resti di un tempietto alto circa quindici metri, completo di timpano, quattro colonne e un acroterio. Ma la scoperta non si limita a questo: gli scavi hanno riportato alla luce un’intera necropoli militare, che sembra essersi sviluppata a partire da un nucleo originario del I secolo a.C., per poi estendersi fino all’epoca di Costantino. Questo sito fu utilizzato per le sepolture di numerosi soldati narbonesi che presero parte alla Battaglia di Ponte Milvio. Inoltre, sono state ritrovate diverse stele funerarie dei pretoriani e perfino una fullonica, un’officina dedicata al lavaggio e alla tintura delle vesti dei soldati.
Nel 2010, tra i capitelli corinzi rinvenuti durante gli scavi, è stata identificata anche una statua raffigurante Arria, la moglie del “gladiatore”, rappresentata a grandezza naturale nella classica posa della pudicizia romana.
Alla fine, come spesso accade nella storia di Roma, si è confermato che “più si scava, più sorprese emergono dalla terra”. Il sito è stato persino soprannominato “un piccolo foro romano” per la sorprendente quantità di reperti che continuano a venire alla luce. Inizialmente si era ipotizzato di chiudere il sito e proseguire con le costruzioni sopra di esso—una decisione che suscitò una forte opposizione, inclusa quella dell’attore Russell Crowe, protagonista del film “Il Gladiatore” di Ridley Scott. Successivamente, si pensò di trasferire tutti i reperti al Museo Nazionale Romano, presso le Terme di Diocleziano, ricostruendoli nella loro forma originaria. Tuttavia, si è infine riconosciuto che il sito è troppo complesso e ricco per poter essere spostato altrove.
Gli scavi continuano, e l’area rimane purtroppo inaccessibile, riservata solo a pochi fortunati. Tuttavia, il sogno—che potrebbe realizzarsi in un futuro non troppo lontano—è di aprire questo sito al pubblico. Questo permetterebbe di onorare in modo permanente la memoria di un grande generale romano, strettamente legato all’imperatore, che grazie alle sue abilità divenne anche proconsole delle province romane della Pannonia Inferiore e Superiore (le regioni tra il Danubio e la Sava) e d’Asia (l’attuale Turchia), estendendo così l’influenza delle gloriose insegne di Roma.