Palazzo della Cancelleria di Roma

Palazzo della Cancelleria di Roma
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Sappiamo bene che Roma non è solo Colosseo o Musei Vaticani, così come sappiamo che la Città Eterna, spesso, ha delle chicche poco conosciute ma, allo stesso tempo, fantastiche. Inoltre sappiamo che un periodo di massimo splendore, sotto molti punti di vista, per l’Urbe fu proprio quel Rinascimento che, grazie ai pontefici e ai grandi maestri che per loro hanno lavorato, rese indimenticabile Roma.

Ecco, tutte queste caratteristiche le ritroviamo nel Palazzo della Cancelleria che, per le forme architettoniche e l’origine, è considerato il primo, vero, palazzo rinascimentale di tutta la città. E già ora capiamo un concetto importante: a fianco delle chiese e delle basiliche, delle aree archeologiche o sotterranee, Roma è piena zeppa di palazzi e palazzine nobiliari (oltre alle ville), appartenenti in passato alle illustri e ricche famiglie che qui vollero abitare. Palazzo della Cancelleria non fa di certo eccezione e, così come per altri edifici, ha una storia millenaria alle sue spalle. Una storia che, tra le altre cose, rese l’edificio un indiscusso protagonista di alcune vicende fondamentali per Roma. Vediamola assieme:

IV secolo d.C: in realtà il primo nucleo architettonico di Palazzo della Cancelleria risale all’epoca di Papa Damaso, pontefice del IV secolo d.C. che diede un grandissimo impulso al culto dei martiri, allo sviluppo delle catacombe e, più in generale, alla diffusione del Cristianesimo a Roma. L’Urbe si stava a poco a poco cristianizzando, a Papa Damaso prese la palla al balzo inaugurando un fervente periodo di restauri e costruzioni di nuovi edifici di culto cristiani come, ad esempio, quella che oggi è conosciuta come la Basilica di San Lorenzo in Damaso. Dal nome si evince come essa, originariamente, fu voluta proprio da questo papa. Ed ancora oggi la chiesa, nelle sue forme rinnovate nel corso dei secoli, è ben visibile. L’ingresso, infatti, si colloca praticamente accanto a quella di Palazzo della Cancelleria. Quando, nel ‘400, l’edificio fu completamente restaurato, la vicina chiesa fu inglobata nell’architettura, rendendola un tutt’uno con il palazzo. Altri esempi del genere sono visibili a Roma (Palazzo Venezia e la chiesa di San Marco, oppure il Collegio Romano e la Basilica di Sant’Ignazio da Loyola), ma questo è il primo in assoluto. Perché questo stretto rapporto? Perché quando Damaso volle erigere questa chiesa, pensò bene di realizzare un vicino edificio che potesse fungere da sede cardinalizia e archivio. Ed ecco l’origine di Palazzo della Cancelleria

Prima metà del ‘400: a quest’epoca risale l’acquisto del palazzo, nel frattempo già in parte rinnovato nel corso del Medioevo, da parte del Cardinal Mezzarota. Il suo simbolo araldico, una rosa, è ben visibile oggi, ad esempio, nel cortile interno del palazzo.

Palazzo della Cancelleria di Roma

1483/1513: questo ventennio fu fondamentale per Palazzo della Cancelleria, in quanto questo fu il periodo in cui, fondamentalmente, delle sorti dell’edificio se ne occupò fu Raffaele Riario, potentissimo uomo di chiesa, nonché cardinale e titolare di numerosi titoli (scusate il gioco di parole). La sua ascesa politica e clericale la dobbiamo ad un suo illustre parente: Papa Sisto IV Della Rovere, colui che, ad esempio, commissionò la Cappella Sistina. Essendo un pontefice si capisce bene come tutta la famiglia beneficiò dell’elezione al soglio di Pietro di un membro dei Della Rovere. E Raffaele Riario, facente parte di un ramo del clan, non fece certo eccezione. Sebbene a vicende alterne, in quanto ad esempio nel 1484, alla morte di Sisto IV, dovette fuggire da Roma per poi tornare successivamente, e a Raffaele Riario che dobbiamo in larga parte le forme attuali del palazzo. Secondo la tradizione, probabilmente vere, il Cardinal Riario acquistò il palazzo…al gioco! Pare, infatti, che come altri rampolli di nobili origini il Riario fosse un accanito giocatore (carte, dadi, tutto ciò con cui si potesse scommettere). E, secondo queste storie, Raffaele Riario addirittura vinse al palazzo, a scapito del figlio di Papa Innocenzo VIII Cybo (successore di Sisto IV). Anche se poi il Cardinal Riario, per un po’, dovette fuggire da Roma, questo edificio riuscì, in un modo o nell’altro, a rimanere sempre in suo possesso. Fu poi con l’elezione di Papa Giulio II, avvenuta nel 1503, un altro membro della famiglia Della Rovere, che Raffaele Riario poté continuare, con tranquillità, ad amministrare i suoi affari qui a Roma, Morì nel 1521 a Napoli non prima, però, di aver commissionato il profondo restauro di Palazzo della Cancelleria. Un progetto, probabilmente, ad opera dello stesso Bramante, forse il miglior artefice dell’architettura rinascimentale, colui che meglio di altri riuscì a coniugare le esperienze e modelli pregressi dell’epoca classica con le nuove spinte, idee e soluzioni di stampo rinascimentale. Il cortile interno, elemento imprescindibile nel Rinascimento, è un compendio di bellezza, armonia e perfezione. Impostato su tre ordini, di cui i primi due ad arco ed il terzo in muratura, le linee del cortile ricalcano quelle degli edifici antichi, ma infondendo in esse alcune soluzioni contemporanee a Bramante.

Palazzo della Cancelleria di Roma

‘500: per tutto il secolo, fondamentalmente, il Palazzo della Cancelleria non cambierà molto esternamente, quanto internamente e nelle sue funzioni. Nel 1517 Papa Leone X Medici sequestrò l’edificio, mentre nel 1523 Papa Clemente VIII lo rese ufficialmente sede della Cancelleria. Essa era un ufficio, oggi confluito nella Segreteria Vaticana, preposto alla realizzazione, conservazione e diffusione delle bolle papali. Essendo esse delle vere e proprie firme, nonché simbolo di un sovrano assoluto quale era il Papa dell’epoca, a volte artisti importanti venivano chiamati per realizzare il disegno dei bolli, che venivano fusi col piombo. Sebastiano del Piombo, ad esempio, fu un artista attivo nel Cinquecento, non solo a Roma, e oltre ad essere affreschista e pittore era anche molto abile nella lavorazione del piombo, in particolare per soggetti come i bolli. Successivamente il Palazzo della Cancelleria fu coinvolto nel disastro del Sacco di Roma del 1527, per essere poi restaurato sotto Papa Sisto V, alla fine del secolo.

‘700/’800: come detto in precedenza il Palazzo della Cancelleria ha attraversato varie fasi e, soprattutto, fu un luogo che, a modo suo, divenne teatro di fatti storici importanti per l’Urbe. Nel 1798, ad esempio, divenne sede del Tribunale della Repubblica Romana di Francia, quando Roma, per la prima volta dopo secoli, non ebbe più un Papa né un sistemo monarchico assolutistico. Sempre qui, poi, alla fine del 1848 fu assassinato, a causa di rivolte popolari, Pellegrino Rossi. Costui era un importante membro del governo della città sotto il pontificato di Pio IX ed il suo omicidio diede al via alla ribellione del popolo di Roma contro il pontefice. Lui dovette fuggire e, per pochissimi mesi, l’Urbe divenne un laboratorio politico senza eguali in tutta Europa. Guidata da un triumvirato, come ai vecchi tempi, tra i cui componenti vi erano Mazzini e Garibaldi, Roma divenne una Repubblica fondata sui principi figli della Rivoluzione Francese, dotandosi anche di una Costituzione liberale che niente avrebbe da inviare a quella moderna!

Palazzo della Cancelleria di Roma

Ora che abbiamo capito perché, storicamente parlando, il Palazzo della Cancelleria è importante per Roma, è tempo di vedere le bellezze interne. Essendo, ancora oggi, di proprietà dello Stato del Vaticano non si ha un libero accesso a tutte le sale, nonostante la presenza di alcuni uffici aperti al pubblico. Ma ci sono in particolare tre sale, abbellite in pieno Rinascimento, che possono essere visitate tramite prenotazione. Prima di viaggiare in un mondo di colori, storia e affreschi, è giusto dire che tali saloni interni, e le bellezze al loro interno, sono dovuti ad Alessandro Farnese, altro cardinale e, soprattutto, nipote di un Papa. Il pontefice in questione è Paolo III (che governò dal 1534 al 1549), famoso in particolare per il Concilio di Trento e per essersi speso tantissimo per la pace tra il Re di Francia Francesco I e Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero ed esponente di spicco degli Asburgo. I due stavano, praticamente, insanguinando l’Europa intera, falcidiata da guerre che, al centro, avevano gli interessi ed i non rosei rapporti tra i due. Comunque sia quando Paolo III Farnese, altra famosa famiglia dell’epoca, divenne pontefice è ovvio che, come costume dell’epoca, molti suoi parenti beneficiarono della nuova posizione. Ed il nipote Alessandro non fece alcuna eccezione. Fu lui a stabilirsi qui per un poco e, soprattutto, a promuovere l’abbellimento degli interni del Palazzo della Cancelleria, che ancora oggi possono essere ammirati. Le tre sale in questione sono: Sala Riaria, Sala dei 100 Giorni, Cappella Salviati (o del Pallio). Scopriamole assieme:

Sala Riaria: era una sorta di anticamera, in origine, utilizzata per far attendere gli ospiti che venivano ad incontrare il Cardinal Riario. Come spesso accadeva, e come prevede anche oggi per incontri importanti, di Stato ad esempio, era qui che la maggior parte delle persone a seguito dell’ospite illustre attendevano che l’incontro avesse termine. Al tempo del cardinale, nei primi anni del Cinquecento dunque, le pareti erano tappezzate di arazzi e di affreschi, e l’intera sala era, probabilmente, abbellita da alcuni manufatti di epoca romana, quali statue o busti. Quello, dopotutto, era l’ornamento tipico dei palazzi nobiliari dell’epoca. Purtroppo di tutte le decorazioni originali rimane ben poco, a causa di incendi o rimaneggiamenti successivi. Il pavimento, ad esempio, fu completamente ricostruito il secolo scorso. Ma non tutto è perduto, diciamo così, poiché la sala colpisce per una peculiarità. Oggi le mura sono decorate in maniera molto particolare: abbiamo i cartoni preparatori dei mosaici che oggi abbelliscono le cupole minore della Basilica di San Pietro, affreschi raffiguranti allegorie delle arti inserite in grandi nicchie, e pitture monocrome raffiguranti alcuni monumenti o aree simbolo di Roma. Tutto ciò è visibile sin dal ‘700, quando Papa Clemente XI decise di adornare la sala con nuovi elementi. Il pontefice, dopotutto, aveva molto a cuore questo edificio poiché il padre lavorava per il vice cancellerie e, dunque, Palazzo della Cancelleria era il suo luogo di lavoro. Molto interessanti, nonché unici direi, i cartoni preparatori dei mosaici che, oggi, sono visti da milioni di persone nella Basilica di San Pietro. Un modo per vedere con i propri occhi una parte del processo di realizzazione di un mosaico e, anche, un modo per comprendere come non si butta mai niente e come tutto, alla fine, ha una sua dignità artistica. Ma ora, prima di passare nella prossima sala è giusto soffermarsi sulle pitture monocrome (ad un colore solo quindi), che tappezzano le mura della Sala Riaria. Essendo state realizzate nel ‘700 esse rappresentano scorci di Roma dell’epoca. Una sorta di foto a colori, veritiera e reale, come se potessimo vedere indietro nel tempo. Ed allora possiamo osservare il Pantheon quando ancora aveva le sue piccole torrette sulla facciata (chiamate “Orecchie d’Asino” dai Romani), o il Porto di Ripetta che, all’epoca, era tra i più importanti porti fluviali, e funzionali, di Roma.

Palazzo della Cancelleria di Roma

Sala dei 100 Giorni: oggi la sala è usata per conferenze, ed infatti spesso troverete delle sedie. Ma a parte questo colpiscono i bellissimi affreschi, risalenti alla prima metà del ‘500, realizzata dal Vasari e aiuti. Il Vasari, famoso soprattutto per il suo testo in cui racconta la vita di molti pittori e artisti dal ‘200 alla sua epoca (e che dunque rappresenta, ancora oggi, una buona fonte storica e scritta), cominciò il suo lavoro qui su richiesta diretta del Cardinale Alessandro Farnese, nipote di Papa Paolo III. La genesi della sala, in realtà, è dovuta ad una missione diplomatica andata molto male. In un contesto europeo in cui, come ho scritto in precedenza, il continente intero era falcidiato da guerre scaturite, fondamentalmente, dalla rivalità ed interessi di Carlo V Asburgo e Francesco I di Francia, il Papa Paolo III cercò sempre di spendersi come minimo per una tregua. Inviò dunque suo nipote, Alessandro Farnese, a parlamentare con Carlo V. Purtroppo il viaggio fu infruttuoso, i colloqui andarono male e, come se non bastasse, Alessandro si ammalò anche! Dunque, di ritorno a Roma, forse il nostro cardinale decise di addolcire un poco la pillola al parente potente, realizzando per lui questi bellissimi affreschi. Ormai il fallimento c’era stato, ma cosa c’è di meglio di qualche pittura atta a celebrare le gesta del Papa? Per tale ragione il Vasari, qui, affrescherà le mura con scene che celebrano, sotto molti punti di vista, l’operato e le virtù di Paolo III Farnese, senza lasciare nulla al caso. Sulla parete di fondo rispetto all’ingresso, ad esempio, abbiamo il pontefice assiso su sul sontuoso trono intento a ricevere doni e omaggi da tutto il mondo. Per dare l’idea di universalità vediamo, tra le figure che si affollano dinanzi al Papa, anche uomini dalla pelle scura che donano giraffe ed altri animali esotici a Paolo III. Da notare inoltre le figure poste dietro il trono pontificio, tra cui spicca proprio il giovane Alessandro Farnese. A sinistra la parete, oltre ad essere ritmata da finte architetture quali nicchie e cornicioni (un sapiente esempio di illusione prospettica e geometria rinascimentale) abbiamo due episodi: quello che dà verso la parete di fondo rappresenta il Papa Paolo III Farnese nell’atto di approvare il progetto per la nuova Basilica di San Pietro. Il pontefice, sontuosamente vestito all’orientale, sovrintende alla realizzazione della grande basilica romana, i cui lavori di ricostruzione partirono in grande stile, nel 1506 con Papa Giulio II. Immaginate che ci vollero 120 anni per arrivare all’inaugurazione della basilica di San Pietro, avvenuta nel 1526, e questo dipese anche dal fatto che numerosi artisti e maestri, nonché diversi pontefici, si susseguirono nel corso del tempo, spesso cambiando idee e progetti. Anche in questo caso questo affresco cinquecentesco ci mostra qualcosa che non c’è più, ci mostra come era l’area all’epoca. Noi vediamo l’abside in costruzione della Basilica di San Pietro e, sulla sua destra, notiamo un piccolo edificio in muratura, oggi non più esistente. Esso era il Mausoleo di Sant’Andrea. In primo piano abbiamo anche una grande figura nuda e semidistesa: essa è l’allegoria del Papato. L’altro affresco della parete di sinistra, quella vicino alla porta d’ingresso, ci mostra una delle virtù più riconosciute di Paolo III: la capacità di non guardare solo ai soldi. Infatti qui abbiamo il pontefice nell’atto di regalare titoli nobiliari e prebende non solo a ricchi, ma anche a poveri e cenciosi, gente del popolino (si nota distintamente la condizione sociale dei non abbienti per il loro abbigliamento ed atteggiamento). Seguendo una sorta di meritocrazia, dunque, l’affresco rappresenta la capacità di Paolo III di agire secondo giustizia, non perseguendo altri fini. Per rappresentare al meglio la questione è osservabile, in primo piano, una donna che mangia delle serpi. Ella è l’allegoria dell’invidia, quell’invidia che chiunque potrebbe provare nel non ricevere il giusto compenso o nel vedere altri ascendere la scala sociale senza meritarlo. Ma non finisce qui, poiché questo affresco ha altro da dire, soprattutto quando guardiamo il ritratto, reale, di alcuni uomini di corte e non solo realmente vissuti nel Cinquecento. Dietro il Papa abbiamo un uomo vestito di viola: il letterato Pietro Bembo. Poi un uomo con la barba nera: Reginald Pole, ultimo cardinale inglese cattolico. L’uomo in verde è il futuro Papa Giulio III e vicino a lui, sulla sinistra, il futuro Papa Paolo IV (entrambi regneranno circa nella metà del Cinquecento). Ma a colpire, infine, ecco tre personaggi presenti all’angolo sinistro dell’affresco, quello più vicino alla porta d’ingresso. Quasi dietro una colonna, e praticamente in fila, in ordine dalla colonna abbiamo Michelangelo, Vasari e Tiziano. Tre giganti del Rinascimento, messi lì in posa! Ha un senso, perché il ritratto di Paolo III che vediamo in questo affresco viene proprio dal celebre ritratto dipinto da Tiziano, mentre la presenza di Michelangelo si spiega con il fatto che il Vasari pare avesse chiesto più di un consiglio al grande maestro per la decorazione della sala. Infine, per completare l’opera, considerando che la parete di destra è affrescata semplicemente con paesaggi e finte architetture, vediamo l’altra parete di fondo. Vi dovete girare verso l’ingresso. Vedrete una grande moltitudine di gente in armi, soldati dunque, con il Papa al centro e due figure che spiccano vicino a lui. Essi son Francesco I e Carlo V che sembrano fare, definitivamente, pace. Anche i soldati, molti di loro, si abbandonano a gesti di pace e serenità. Questo affresco attesta come il Papa Paolo III, effettivamente, dopo mille peripezie riuscirà a trovare una tregua nell’annosa guerra tra i due. Un modo per celebrare il Papa stesso, capace solo lui di riportare la pace nel mondo. Non è dunque un caso se vediamo, raffigurato in questo affresco, anche un uomo in catene. Esso è l’allegoria della Furia, imprigionata ed incapace di fare alcunché, poiché è sopraggiunta la pace. Concludo la descrizione della Sala dei 100 Giorni scrivendo il motivo dello strano nome. Alessandro Farnese mise fretta al Vasari, poiché voleva dare in dono al Papa Paolo III questi meravigliosi affreschi il prima possibile. Vasari fece di tutto e, pare, in soli 100 giorni completò l’opera. Successivamente l’artista si pentì un poco della scelta, poiché per la fretta lasciò fare moltissimo ai suoi garzoni, curando con poca chiarezza e compostezza tutto l’affresco. Secondo la tradizione, tra l’altro, al termine dei lavori il Vasari, tutto contento, chiamò Michelangelo e lo invitò ad osservare i suoi affreschi. Quando i due entrarono, pare che con animo il Vasari disse che aveva fatto tutto ciò in soli 100 giorni. E Michelangelo, con il suo classico aplomb, rispose: “E si vede”

Cappella Salviati: questa cappella, in origine privata, si chiama anche del Pallio perché qui per molto tempo ai vescovi veniva consegnato il pallio, tra i simboli del loro nuovo ordinamento. Salviati, invece, è il nome del celebre artista rinascimentale che curò personalmente la decorazione della piccola cappella. Bellissima, con i suoi stucchi a rilievo che incorniciano scene raffiguranti santi e non solo. Un ambiente intimo che, grazie a tali ornamenti, risalta e sorprende. Avendo l’ingresso alle spalle a sinistra abbiamo la lunetta raffigurante, forse, l’arrivo di San Paolo a Roma (abbiamo un uomo che approda a terra dalle rive di un fiume, e secondo altre interpretazioni quell’uomo sarebbe addirittura il Titano Saturno), mentre sotto la lunetta vediamo la decollazione di San Giovanni Battista. Sulla parete di destra, invece, in lunetta vediamo la distruzione degli idoli pagani (trionfo del Cristianesimo), con sotto il martirio di San Lorenzo. Girandovi verso l’ingresso, in alto in lunetta abbiamo il buono ed il cattivo sacrificio (un modo per dettare le distanze tra le buone pratiche del culto cristiano e quelle malvagie dei culti pagani), con sotto la conversione di San Paolo. Ma, prima di uscire, non possiamo non avvicinarsi al piccolo altare e vedere la pala posta dietro, sulla parete di fondo. Vi è una bella rappresentazione della Sacra Famiglia con il piccolo Gesù, ancora infante. Ciò che però incuriosisce e colpisce è che, in realtà, la famiglia in questione non è solo quella delle Sacre Scritture. Il Salviati, infatti, ha ritratto esponenti della famiglia Farnese per raffigurare Maria e Giuseppe. Quest’ultimo, infatti, ha le fattezze di Paolo III, con dietro i figli, mentre Maria potrebbe essere rappresentata dalla madre dei due. Forse anche il piccolo Gesù, in realtà, non è altro che un nipotino del Papa. Curiosa come foto di famiglia, vero?

Dopo questa carrellata di bellezze e curiosità è facile capire come Palazzo della Cancelleria sia uno dei luoghi segreti di Roma che merita più di una visita. Dalle sale rinascimentali, affrescate con scene sacre e non solo, alla nascita stessa di questo edificio che, sin dalla sua ricostruzione cinquecentesca, divenne un modello architettonico. Non finisce qui, poiché il palazzo, oltre ad uffici vaticani, ospita anche una piccola mostra permanente dedicata a Leonardo da Vinci. All’interno del piccolo spazio museale vi sono rappresentazioni, in scala e non, di alcune delle celebri invenzioni leonardesche. L’ultima sala del percorso, inoltre, è diversa dalle altre. Vi ritroverete, infatti, in un’area un poco allegata da cui affiorano degli alzati in muratura. Essi non sono altro che i resti di un monumento funebre della fine del I secolo a.C., mentre il laghetto è il risultato dell’allagamento e della parziale distruzione ed ostruzione, avvenuto nel corso dei secoli, di quello che nell’antica Roma era chiamato Euripo. Si trattava di una sorta di piccolo canale, poco profondo, che portava l’acqua qui in zona direttamente dal Tevere. Scavato alla fine del I secolo a.C., e abbellito con argini marmorei e alberi, il piccolo canale aveva una duplice funzione: portava, come detto, acqua per diverse funzioni e ristorava un poco gli antichi Romani dalla calura estiva. Quante cose qui a Palazzo della Cancelleria, vero?

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