Ara Pacis Augustae

Ara Pacis

L’Ara Pacis Augustae (Altare della pace augustea) è un monumento di Roma voluto da Augusto nel 9 a.C. dedicato alla Pace come divinità, posto in origine in una zona del Campo Marzio consacrata alla celebrazione delle vittorie, luogo simbolo a un miglio dal pomerium, nel quale il console reduce da una spedizione militare perdeva i poteri ad essa relativi (imperium militiae) e tornava alla rappresentanza civile (imperium domi). Questo altare è tra le più significative testimonianze dell’arte augustea giunte sino a noi, simboleggiante la pace e la prosperità raggiunte nel periodo della Pax Romana.

La costruzione dell’Ara Pacis fu decisa dal senato nel 13 a.C. in occasione del ritorno dell’imperatore Augusto nella Capitale dell’Impero, in seguito alle vittorie in Gallia e in Spagna. La sua inaugurazione ufficiale avvenne il 30 gennaio nel 9 a.C. e presentato con il nome di Ara Pacis Augustae (Altare della Pace Augustea). La struttura è costituita da un recinto quasi quadrato in marmo (m 11,65 x 10,62 x h 3.68), elevato su basso podio, con due porte, larghe 3,60 metri; da quella anteriore si accede mediante una rampa di nove gradini; all’interno, sopra una gradinata, si trova il nucleo vero e proprio. La superficie del recinto presenta una elegante decorazione a rilievo, esterno e interno. Nelle scene la profondità dello spazio è ottenuta mediante gioco di spessori delle figure. La volontà celebrativa appare chiara già nella struttura del monumento, soprattutto dai bassorilievi, che esaltano il ruolo di Augusto e della sua famiglia nell’ambito della storia della città.
In origine sorgeva in Campo Marzio, nei pressi del grande orologio solare fatto costruire in quel periodo dallo stesso Augusto. Negli anni 30 l’Ara Pacis fu ricostruita nei pressi del Tevere e poi nel 2006, separata e rialzata rispetto alla zona circostante. Oggi è collocata in un padiglione appositamente costruito presso il Mausoleo di Augusto che ha suscitato molte polemiche.

Il rilievo del lato sud del muro perimetrale dell’Ara Pacis raffigura la Processione dedicatoria con la quale il 30 gennaio del 9 a.C. avvenne l’inaugurazione. La cerimonia è introdotta dai littori, simbolica guardia del corpo, muniti del fascio di verghe tenuto legato assieme; essi precedono gli officianti e i pontefici, in toga, in mezzo ai quali, col capo velato, avanza lo stesso Augusto, nella veste di pontefice massimo. Seguono quindi i Flamini, i sacerdoti preposti al culto delle singole divinità; dopo di loro procedono i membri della casa regnante, nell’ordine di successione. In testa si trova Marco Agrippa, generale e genero di Augusto, nonché braccio destro. ancora in vita nel 13 a.C.; accanto a lui vi è un fanciullo, suo nipote e figlio adottivo di Augusto, Caio Cesare, successore designato, morto nel 4 d.C. Seguono alcune coppie, tra le quali Livia e Tiberio e, più indietro, Druso, fratello di Tiberio, in tenuta militare, mentre interloquisce con la moglie Antonia Minore (figlia della sorella di Augusto). Alla sua mano loro figlio, il piccolo Germanico, che nel 13 a.C. aveva due anni.

Il lato nord, meno conservato rispetto a quello sud, prosegue con la processione secondo l’ordo sacerdotum, con gli auguri, forse recanti dipinti o le insegne del loro potere, e i quindecemviri sacris faciundis, riconoscibili dal camillo con l’acerra dai simboli di Apollo; seguono i septemviri epulones, anch’essi identificabili dai simboli dell’acerra del secondo camillo. Riparte poi, in parallelo con la processione del lato sud, la sfilata dei personaggi della casa imperiale, aperta da Lucio Cesare e da sua madre Giulia maggiore, figlia di Augusto (che quindi sarebbero alla stessa altezza di Agrippa, sull’altro lato); segue un fanciullo abbigliato come un camillo, forse il figlio di Iullo Antonio. A questo punto è la volta di Claudia Marcella maggiore col console Iullo Antonio, e la piccola Giulia minore; poi Claudia Marcella Minore, il figlio e il marito Sesto Apuleio, console nel 29 a.C., del quale i resti sono molto scarsi. La successione al trono quindi era rigidamente raffigurata in due rami principali, corrispondenti ciascuno a un lato, e iniziava quindi da Giulia o da Agrippa, coi relativi figli, poi i figli di Livia (Tiberio e Druso), seguite dalle due Antonie e le due Marcelle.

Ai lati dell’ingresso principale si vedono due fregi. In quello di sinistra, Marte e il pastore Faustolo guardano la lupa che allatta i due gemelli, Romolo e Remo, presso il fico sacro del santuario del Lupercale.

A destra, Enea, col capo velato e assistito da due giovani collaboratori, mentre compie un sacrificio agli dèi in compagnia del figlio Ascanio, portando in dono la scrofa di Laurento.

Accanto alla porta dell’altro lato breve, si trova la raffigurazione della Terra abitata dalla stirpe umana, identificata con la Saturnia Tellus, indicata dalla presenza di putti e primizie tra due ninfe. Il significato della scena suscita varie interpretazioni: la figura centrale potrebbe essere una Venere Genitrice o una personificazione dell’Italia: forse queste interpretazioni erano fuse in un’ideologia ambivalente della Pax Romana dell’epoca di Augusto. La presenza di Venere potrebbe apparire come una ipotesi concreta, che farebbe coppia col rilievo della personificazione di Roma, i cui culti saranno poi accoppiati. Sull’altro fregio. la figura di Roma, seduta sulla catasta d’armi, simbolo della gloria della città, a simboleggiare la vittoria e il conseguimento, seppur con le armi, del nuovo momento di pace. Nelle scene delle processioni, come nelle quattro scene ai lati delle porte, traspare un clima quieto e solenne, senza tensioni né passioni; le figure, allineate e composte, mostrano gesti misurati nel tentativo di riprodurre la perfezione della classicità, tipica dello stile augusteo.

L’esterno è decorato da un fregio figurato in alto e da elaborati girali d’acanto in basso; i due ordini sono separati da una fascia a meandro; le fasce decorate si alternano ai pilastri. Nella parte inferiore l’ornamentazione è naturalistica, formata da girali d’acanto e, tra essi, piccoli animali.

Gli interni del monumento recano nel registro inferiore scanalature verticali che potrebbero ricordare una palizzata, riproduzione di quella provvisoria eretta alla constitutio dell’ara. Questo finto steccato, presente negli altari romani più antichi fin dal VII-VI secolo a.C., veniva ancora costruito per i templi augurali che precedevano il luogo sacro vero e proprio. In quello superiore si trovano festoni sorretti da bucrani, cioè crani di buoi con ghirlande, con al centro, sopra le ghirlande, dei phialai. Anche questo motivo deriva dalla costruzione provvisoria lignea del 13 a.C. tra i due ordini corre una fascia a palmette e fiori di loto. L’altare è composto da un podio di tre gradini su ciascun lato, sul quale si erge un basamento che presenta altri cinque gradini solo su un fronte, dove transitava il sacerdote celebrante il sacrificio sulla mensa, utilizzata per le offerte delle spoglie di animali e stretta tra due avancorpo laterali.

Foto anteprima: Di Rabax63 – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=64568298

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