Lo scontro tra Mario e Silla

Mario e Silla

La contrapposizione tra Gaio Mario e Lucio Cornelio Silla si pone all’origine di quel processo storico che caratterizza il passaggio dalla res publica al principato, dal potere delle assemblee del senato a quello di un singolo individuo.

Silla nacque in una famiglia appartenente a un ramo povero della gens dei Cornelii nel 138 a. C., antica famiglia romana di origine patrizia, ma in quell’epoca senza alcuna influenza nella vita politica della città. Descritto come persona cordiale e astuta, Silla amava la gloria e i piaceri, ma questo non lo distoglieva dai doveri civili. Inoltre, sapeva elargire i beni e soprattutto il denaro. Egli trascorse quindi i primi anni di gioventù ai margini dei circoli più influenti di Roma. In seguito, venne ammesso nel rango senatorio, ma rimane a tutt’oggi oscuro come Silla riuscì a procurarsi le risorse economiche necessarie. Alcune fonti romane alludono comunque a un’anziana prostituta d’alto bordo che lo avrebbe mantenuto sino a oltre i trent’anni. Nel 107 a. C. Silla fu nominato questore di Gaio Mario, del quale era cognato avendo sposato la sorella, Giulia, nel periodo in cui questi stava assumendo il comando della spedizione militare in Numidia, contro il re Giugurta. Questa guerra si protraeva ormai dal 112 a. C., con risultati pessimi per l’esercito romano, spesso sconfitto dalle truppe africane. Nel 106 a. C., però, Mario riuscì a sconfiggere il nemico, grazie soprattutto all’aiuto fondamentale di Silla, che riuscì nell’impresa di catturare Giugurta convincendo il suocero Bocco e gli altri familiari a tradirlo e consegnarlo ai Romani. La fama di Silla crebbe di conseguenza e in parallelo anche la sua carriera politica e militare (qualche anno dopo venne eletto addirittura come pretore urbano). Da questo punto in poi si segnalano quindi le prime frizioni con Mario, geloso nei confronti del successo di Silla.

Le differenze tra i due erano anche di estrazione sociale. Gaio Mario nacque nel 157 a. C. ad Arpino (provincia di Frosinone), e benché di origine plebea, riuscì a divenire console per ben sette volte dimostrando di possedere grandi doti di ingegno, di profonda onestà, e spiccate capacità militari; agli studi preferì di gran lunga la vita militare. Plutarco riferisce che il padre fosse un manovale, ma la notizia non è confermata da altre fonti.

Dopo i successi militari in Africa e Spagna, e soprattutto dopo aver sposato Giulia Maggiore nel 110 a. C. (giovane esponente della famiglia aristocratica Iulia), Mario si candidò al consolato. Una volta divenuto console, questi apportò notevoli riforme nell’esercito: vennero arruolati infatti per la prima volta anche i nullatenenti, mentre ai soldati venne corrisposto uno stipendio. In questo modo esso si trasformò da esercito di cittadini, in un esercito di mercenari professionisti, composto in maggioranza da uomini che avevano scelto la carriera militare esclusivamente per necessità economiche, disposti a tutto e totalmente disponibili a chi poteva garantire loro i maggiori guadagni. Ed è proprio con questo esercito che Mario ebbe la meglio sul re Giugurta. Durante il secondo consolato, Mario ottiene il comando della spedizione contro Cimbri e Teutoni. Si tratta dell’ennesimo trionfo. Dapprima, sconfigge i Teutoni alle Aquae Sextiae, poi i Cimbri ai Campi Raudii, presso Vercelli, nel 101. Intanto, la situazione a Roma rimane incerta. Con l’intervento di Mario le invasioni dei barbari vennero represse e i pericoli per Roma vennero scongiurati. Anche in questo caso l’apporto militare di Lucio Cornelio Silla fu di grande importanza.

Sebbene Silla e Mario cooperassero inizialmente, i due rappresentavano due fazioni distinte della nobilitas (la classe dirigente di Roma). Dopo la morte dei Gracchi, infatti, la Repubblica romana era divenuta teatro dei contrasti tra gli Ottimati (optimates) e i Populares (“amici del popolo”). I primi rappresentavano il gruppo nobiliare strenuo difensore dell’ordine vigente e dei privilegi del Senato, contrari alle rivendicazioni delle masse popolari e a cambiamenti di matrice progressista. I secondi, invece, erano quei nobili che si facevano interpreti delle esigenze delle masse ed erano favorevoli al cambiamento e alle riforme politiche e sociali.

Furono quindi anni carichi di tensione sociale e politica. Nel 95 a. C. venne approvata una legge che decretava che tutti coloro che non fossero cittadini romani, cioè coloro che provenivano da altre città italiche, dovessero essere espulsi da Roma. Nel 91 a. C. Marco Livio Druso fu eletto tribuno e propose una grande distribuzione di terre appartenenti allo Stato, l’allargamento del Senato e la concessione della cittadinanza romana a tutti gli uomini liberi di tutte le città italiche. Il Senato fu contrario e il successivo assassinio di Druso provocò l’immediata insurrezione delle città-Stato italiche contro Roma, e la cosiddetta Guerra sociale (da socii, gli alleati italici) che durò dal 91 all’88 a. C.. Mario fu chiamato ad assumere, insieme a Silla, il comando degli eserciti chiamati a sedare la pericolosa rivolta. Dopo un’aspra guerra, Roma riuscì a sconfiggere le città-Stato ribelli. Il Senato fece a quel punto approvare una legge che garantiva la cittadinanza romana alle popolazioni fedeli (le città latine, l’Umbria, l’Etruria) e a tutte quelle che avessero deposto le armi. Questa fu l’ultima “collaborazione” tra Silla e Mario.

Terminata la guerra in Italia, si aprì un nuovo fronte in Asia, dove Mitridate, re del Ponto, nel tentativo di allargare verso occidente i confini del suo regno, invase la Grecia. Il Senato, ovviamente, scelse Silla per affidare il comando delle truppe romane per sconfiggere l’invasore. Nonostante l’età ormai avanzata, Mario aveva ancora l’ambizione di guidare l’esercito romano contro Mitridate e, per ottenere l’incarico, convinse il tribuno della plebe Publio Sulpicio Rufo a fare approvare una legge che sottraesse a Silla il comando delle truppe. Silla, che in quel momento si trovava in Italia meridionale pronto a sbarcare con i suoi soldati in Grecia, scelse le sei legioni a lui più fedeli e tornò insieme a loro verso Roma. Nessun comandante aveva mai osato varcare con il proprio esercito il perimetro della città (il pomerio). Mario e i suoi seguaci, spaventati da tanta risolutezza, fuggirono da Roma. Dopo aver preso una serie di provvedimenti per ristabilire la centralità del Senato come guida della politica romana, Silla lasciò di nuovo Roma, per intraprendere la guerra contro Mitridate.

Sul finire dell’87 a. C., approfittando dell’assenza di Silla poiché impegnato nella battaglia in Grecia, Mario riuscì a riprendere le redini di Roma. Grazie al sostegno del suocero di Giulio Cesare, Lucio Cornelio Cinna, Mario ottenne che leggi emanate in precedenza da Silla fossero abolite e dichiarò il rivale come “nemico di Roma”, perciò costretto all’esilio. Addirittura, i due fecero eliminare fisicamente un gran numero dei suoi seguaci. Quando la situazione a Roma fu normalizzata, Mario si fece eleggere console per la settima volta, ma morì durante il primo mese del suo mandato all’età di 71 anni, precisamente nell’anno 86 a. C..

Nel frattempo, Silla sconfisse definitivamente Mitridate e rientrò in Italia. Dopo aver vinto la resistenza degli ultimi fedelissimi di Mario, rientrò definitivamente a Roma nell’82 a. C.. Silla decise a quel punto di attuare il suo piano di vendetta: vennero pubblicate le liste di proscrizione, veri e propri elenchi di persone destinate ad una morte cruenta (i più colpiti furono i cavalieri, ne morirono circa 2.600). Inoltre, chiunque poteva assassinare i “nemici pubblici” senza poi esser punito e spesso riceveva una ricompensa. I beni materiali dei puniti sarebbero poi stati confiscati dallo Stato.

Nominato dittatore a tempo indeterminato, Silla emanò varie leggi che restituivano all’aristocrazia un’importanza assoluta nella vita politica di Roma. Il potere dei tribuni della plebe calò drasticamente, e aumentò di conseguenza quello del Senato. Agli stessi senatori venne nuovamente assegnata l’amministrazione della giustizia togliendola ai cavalieri, ai quali in contropartita venne concesso l’ingresso in Senato. Ai consoli, inoltre, venne tolto il comando dell’esercito.

Infine, Silla, nel 79 a. C., si ritirò dalla vita pubblica (sorprendendo tutti) e passò il suo ultimo anno di vita nella sua villa di campagna. Nonostante l’operato di Silla, i problemi politici e sociali di Roma non erano affatto risolti. Sebbene Silla avesse vietato che i consoli comandassero l’esercito, questo continuava a dipendere da generali che potevano servirsene contro lo Stato. L’avvento di Giulio Cesare, che aveva idee opposte a quelle di Silla, era ormai alle porte. La Repubblica era avviata verso la sua inesorabile caduta.

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