Lucio Cornelio Silla: un dittatore, un generale, un mancato re

Lucio Cornelio Silla

La figura di Lucio Cornelio Silla è associata a quella di un dittatore sanguinario capace di esercitare potere di vita e di morte sui suoi concittadini, autore di terribili liste di proscrizione, strenuo difensore della classe senatoriale e dei ceti più abbienti, il tutto a totale disprezzo della classe media e del popolo. Il profilo storico di Silla che, se per alcuni fu letto come quello di una specie di re mancato, per altri fu interpretato come quello di uno dei più abili condottieri che Roma abbia mai avuto, artefice di sanguinose repressioni delle ribellioni interne o di attacchi esterni. A differenza di altri, inoltre, il personaggio di Silla sembra emergere  per caso a paragoni di altri, le cui gesta risultano meglio documentate; rimane da chiarire il processo che lo introdusse nella politica romana, dove appare quasi dal nulla. Basandosi sulle parole di Sallustio, Silla era un uomo che “ebbe un ingegno il più profondo simulatore che immaginare si possa; fu il più fortunato degli uomini ma la sua attività non fu mai inferiore alla sua fortuna”.

LE OSCURE ORIGINI E LE PRIME CARICHE POLITICHE

Sebbene Silla abbia vissuto in pieno il I secolo a.C., conoscendo ed avendo rapporti con personaggi come Gaio Mario e Giulio Cesare, le sue origini sono ancora velate di mistero. Sappiamo che nacque nel 138 a.C. a Roma dalla gens Cornelia, seppure da un ramo meno nobile di quello che il nome della famiglia suggerirebbe. Questo, unito al fatto che non esistono notizie di alcuna carica pubblica rivestita da Silla fino ai quarant’anni, è una conferma di come probabilmente Lucio Cornelio inizialmente fosse uno dei tanti giovani nobili romani più rivolti ai piaceri terreni che a seguire un cursus honorum. Si suppone che Silla riuscì ad entrare in politica grazie alle sostanze lasciategli da una sua parente lontana per via testamentaria; Nel 107 a.C. compare sulla scena politica con la carica di questore, concessagli da Mario, del quale aveva sposato la giovane cognata Giulia qualche anno prima, ovvero quando l’homo novus era intento a preparare la spedizione contro Giugurta, Re della Numidia. Fu proprio questa vittoriosa spedizione, che vide Mario vincere definitivamente un sovrano che da anni minacciava Roma, a far emergere per la prima volta il nome di Silla. Fu quest’ultimo, infatti, a convincere Bocco, il Re dei Mauri, a consegnare Giugurta, il quale dopo la sconfitta militare subita contro l’esercito guidato da Mario si rifugiò presso colui che pensava essere un amico. Silla, dunque, non si fece alcuno scrupolo a catturarlo tramite il tradimento, espediente che Lucio Cornelio dimostrò anche in altre occasioni di padroneggiare. Questo fu il primo episodio noto alle fonti  in cui veniamo a sapere qualcosa del carattere di Silla, che passò alla storia come un uomo senza scrupoli. Lucio Cornelio aiutò Mario anche durante la campagna in Gallia, contribuendo a sconfiggere i Cimbri nella celebre battaglia dei Campi Raudii nel 101 a.C., dimostrandosi ancora una volta un abile condottiero, un guerriero fidato che, apparentemente, affrontava con passione il campo di battaglia come conferma il fatto che, nonostante il contributo decisivo alla sconfitta del re numidico, preferì continuare a distinguersi in campo militare che intraprendere subito la carriera politica.

Lucio Cornelio Silla

Dopo il 101 a.C., però, per Silla cominciò anche l’ascesa sociale diventando prima edile e poi pretore, dimostrando inoltre una grande abilità nell’ottenere consenso pubblico e personale, nonostante alcune voci malevole  che cominciarono a circolare sul suo conto. Da edile, tra i quali compiti era quello di organizzare e sovrintendere giochi ed eventi di vario genere, fu il primo romano a portare dei leoni nell’Urbe. Quando divenne pretore nel 94 a.C. si rafforzarono i sospetti di una sua presunta corruzione che lo avrebbe visto comprare voti per essere eletto, fatto non insolito a Roma, ma che pose il suo esordio politico sotto una cattiva luce. Pare che il giovane Giulio Cesare fosse tra i suoi più accaniti detrattori, tanto che quando accusò pubblicamente Silla, questo minacciò di contrastarlo utilizzando il potere derivante dalla carica di pretore, suscitando all’altro la seguente battuta: “Hai ben ragione di considerare tua proprietà la carica che ricopri: hai pagato, per averla”. Al tempo Silla era già riuscito ad acquisire notorietà tramite  l’incarico di governatore della Cilicia, nuova provincia romana, stabilendo il confine tra Roma e l’impero partico lungo l’Eufrate. Questa sua disposizione fu considerata un notevole risultato politico che pose Silla in ottima luce agli occhi del Senato, il quale, anche  in virtù delle sue doti diplomatiche ispirate al principio di superiorità romana sui popoli considerati barbari, iniziò  a fidarsi di lui. Dopotutto Plutarco ricorda con lode che “Tra le grandi fortune toccate a Silla, va ricordata anche questa. Egli fu infatti il primo romano che i Parti incontrarono, chiedendo alleanza e amicizia”. Il nome di Lucio Cornelio era noto a tutti quando i suoi successi in ambito militare cominciarono a renderlo popolare, come quello ottenuto al suo ritorno a Roma nell’ambito della sanguinosa Guerra Sociale (dal 91 all’88 a.C.), la prima che coinvolse politicamente e in maniera disastrosa l’Italia intera. Questa guerra, infatti, prese il nome dalla ribellione dei socii, gli alleati italici, spesso anche di vecchia data, che iniziarono a pretendere maggior potere decisionale in seno al Senato che aveva sempre legiferato anche sulle loro sorti. Partì quindi un’istanza di indipendenza a cominciare dal riconoscimento della cittadinanza, portava avanti con la difesa di un esercito di ben 100.000 uomini. Anche se alla fine i socii videro accolte le loro richieste, Silla impose la sua azione su quella dei consoli in carica all’epoca, cioè Gaio Mario e Strabone. Risale a questa fase storica, l’immagine del futuro dittatore come individuo sadico e violento, capace di prendere decisioni con conseguenze sanguinose e drammatiche. Sempre Plutarco, ad esempio, ci narra che nel corso della guerra sociale convinse tremila sanniti a combattere per Roma contro le loro fila, in un vero e proprio scontro fratricida e civile. Quando la battaglia ebbe termine Silla fece riunire i superstiti di entrambi i fronti all’interno di un circo, per poi ucciderli tutti.

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SILLA AL CONSOLATO E LA GUERRA CONTRO MARIO

Nell’88 a.C. Lucio Cornelio Silla divenne console, con tutte le responsabilità ma soprattutto il potere che derivarono dall’importante carica pubblica. Arrivò al rango di console con ben 13 anni di ritardo rispetto all’età legale prevista, un fatto che sottolinea l’influenza decisiva che Silla ebbe sul Senato. In questa occasione e per vincere le elezioni Silla optò per una posizione che lo etichettò per sempre: campione della nobilitas, fulgido esempio di difensore dell’interesse degli optimates. Non fu dunque un caso che Silla sposò in seconde nozze Cecilia Metella, donna di nobili origini appartenente alla famiglia dei Metelli i quali erano nemici giurati di Mario, l’uomo che nel suo percorso politico esiliò Metello Numidico, influente membro della gens romana a cui Silla si affiancò. Si rese evidente che il nuovo, vero nemico di Mario, ormai divenuto anziano, era proprio Silla. Una volta che gli fu affidato l’esercito in partenza per il Ponto, terra governata da Mitridate VI con cui Roma aveva intrapreso una guerra detta appunto mitridatica, le relazioni tra i due precipitarono. Quando Silla era accampato nel sud Italia in attesa di attraversare l’Adriatico con le sue legioni, gli arrivò la notizia che Mario aveva forzato la mano convincendo il tribuno della plebe in carica, Rufo, a redigere una legge che gli avrebbe tolto la guida dell’esercito per passarlo proprio a lui. Il tribuno della plebe in questione era un esponente dell’aristocrazia e difensore degli interessi della nobiltà, che divenne uno dei più accesi sostenitori di Mario, originando conflitti vicini a far esplodere una guerra civile. Litigi e vari e scontri insanguinarono le strade dell’Urbe, tanto che si racconta che Rufo girasse per i vicoli della città con un’impressionante scorta di ben 600 uomini! Fu così che Silla fece una cosa mai vista sino ad allora: entrò in armi a Roma, facendo fuggire Mario ed i suoi sodali. Questo atto andava ben oltre la semplice minaccia armata, in quanto il pomerio (cioè l’area sacra corrispondente all’Urbe posta all’interno delle mura), era ciò che di più sacro vi fosse a Roma, protetto dagli Dei e per questo precluso dall’essere attraversato con un esercito: Oltrepassare questo sacro confine in assetto militare costituiva un sacrilegio e una sfida alle divinità ed al potere del Senato anche se Silla impostò il suo fulmineo ritorno a Roma come un gesto benevolo atto a liberarla dalla tirannia di Mario e dei mariani. Le parole di Plutarco descrivono bene il clima che si respirava allora e il senso del gesto compiuto da Silla, il quale si avvicinò a Roma al suono delle trombe dell’esercito, come se stesse marciando in territorio nemico: “Si ebbe così – scrive Plutarco – un vero e proprio combattimento fra nemici, il primo in Roma, non più con l’aspetto di una sedizione, ma propriamente con trombe e insegne secondo le regole di guerra”. Le intenzioni di Silla erano però quelle di mostrarsi il padrone della città dando poi prova della sua proverbiale crudeltà uccidendo molti dei fedelissimi di Mario (il quale nel frattempo riuscì a fuggire), dichiarando quest’ultimo hostis publicus e dipingendosi come una vittima di una congiura.  Sicuro del suo potere, Silla lasciò l’Urbe per proseguire la guerra dopo aver nuovamente ricevuto l’incarico di guidare l’esercito, riuscendo a vincerla dopo una serie di battaglie in cui Roma si dimostrò superiore. Mitridate VI fu costretto ad accettare un trattato di pace che, tra le altre cose, descrisse il re del Ponto come nuovo amico di Roma, a cui furono in parte perdonati i gesti di aggressione e gli scontri perpetrati contro i Romani e patto che si fosse ritirato entro i confini precedenti il conflitto. Per Silla, infatti, c’era qualcosa di ben più importante da fare: ritornare a Roma e imporre la sua politica.

Durante la campagna orientale di Silla, infatti, Mario aveva approfittato dell’assenza del rivale per riprendersi il potere e delegittimare le sue decisioni politiche, continuando così quella serie di sgarbi istituzionali, se non vere e proprie violazioni e storture delle leggi repubblicane, che contraddistinsero questo turbolento periodo romano. Così nell’83 a.C. Silla, dopo aver sconfitto Mitridate, sbarcò nuovamente a Brindisi deciso a porre fine alle divisioni interne e a marciare apertamente su Roma con l’unica intenzione di detronizzare i nemici e sconfiggere i mariani. Mario, infatti, era già morto nell’86 a.C. ma i suoi seguaci erano ben agguerriti e pronti ad avanzare in nome del campione dei populares, come ad esempio Cinna, divenuto console in quello stesso anno, che politicamente parlando ostacolò  Silla e agli altri esponenti dell’oligarchia nobile. L’esercito sillano, composto da almeno 40.000 uomini, raggiunse Roma nei pressi di Porta Collina, dove ci fu lo scontro decisivo  tra i suoi alleati (tra cui popolazioni italiche) e gli avversari mariani i quali, già dall’84 a.C., non potevano contare più su Cinna, ucciso a tradimento dai suoi stessi soldati. Nell’82 a.C. si combatte quelle che sarà ricordata la Battaglia di Porta Collina che, grazie anche alle imprese di quel Crasso che anni dopo farà parte del primo triumvirato, aprì le porte dell’Urbe a Silla, inaugurando così un periodo terribile, violento e dittatoriale.

Lucio Cornelio Silla

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LA DITTATURA SILLANA

Alla fine dell’82 a.C. Silla venne ufficialmente nominato dictator republicae costituendae, ricevendo fondamentalmente un pieno e legittimato potere legislativo superiore a quello del Senato e di tutti i patres. Seguendo il filo delle alleanze  che aveva intessuto da anni, tra le prime disposizioni varate si annovera la totale distruzione di tutte le statue, le effigi o opere d’arte che mostrassero il profilo di Mario, in una vera e proprio damnatio memoriae con la quale il nuovo dictator tentò visibilmente di cancellare tutto ciò che il suo avversario aveva rappresentato, politicamente e socialmente parlando. Ufficialmente un dictator poteva essere eletto, ma solo per un periodo di 6 mesi e solo in caso di estrema necessità. Silla, però, aveva già dimostrato in passato la predisposizione a piegare a suo favore leggi o regolamenti anche secolari, arrivando dunque ad instaurare un regno del terrore e, delegittimando quella libertas che era alla base del diritto romano di cittadinanza. Il suo gesto più eclatante e tristemente noto furono le liste di proscrizione affisse al Foro Romano e recanti i nomi di tutti i coloro dei condannati a morte, senza alcun processo e con l’unico pretesto di essere nemici dello Stato (o meglio di Silla). Le proscrizioni durarono circa 6 mesi, sino al giugno dell’81 a.C., e secondo le fonti portarono alla morte di 90 senatori, 2.600 equites, 15 ex consoli. Uomini di alto rango e membri di famiglie aristocratiche, che furono completamente spogliate dei loro beni, poi incamerati dallo Stato o venduti all’asta ad un prezzo esiguo. Nonostante, dunque, Silla si fosse erto a campione della nobilitas, si comprende bene come il suo obiettivo fosse quello di fare tabula rasa attorno a sé, eliminando fisicamente tutti coloro che ancora vivevano con il ricordo di Mario o che in vita avevano appoggiato il suo più acerrimo nemico.

Ristabilito quello che per Silla costituiva l’ordine, il dittatore passò a plasmare la sua idea di Stato sul modello di una vera e propria monarchia oligarchica di stampo orientale conosciuta dai Romani forse solo ai tempi di Tarquinio il Superbo. In questo contesto i patres aumentarono a 600 unità, in un Senato controllato da Silla e dai suoi più stretti collaboratori, in un consesso pubblico diviso in fazioni ed in parte delegittimato. La figura del tribuno della plebe, una delle massime espressioni dei populares e delle loro rivendicazioni, che erano stati capaci di contrastare Silla e il suo partito, fu particolarmente depotenziata: il diritto di veto fu diminuito così come la capacità di legiferare, che fu subordinata ad un permesso e controllo del Senato. Poi, ovviamente, Silla si concentrò anche sulla sua persona facendosi proclamare magistrato massimo dal potere assoluto, signore incontrastato dell’esercito, investendosi del ruolo di nominare o rimuovere consoli e proconsoli, fino ad ottenere il potere legislativo su tutto il territorio italico. Il suo intento, però, non fu quello di accrescere tanto la sua autorità personale quanto, e non solo, quello di riportare stabilmente il controllo di Roma all’aristocrazia ed alla nobilitas. Come dimostrano molte riforme sillane, la sua azione fu protesa a depotenziare la base popolare e, allo stesso tempo, a dare all’aristocrazia tutti gli strumenti utili, politici e sociali, per mantenere il controllo su Roma, sulle colonie e sugli italici. In questo senso vanno lette l’aumento del numero dei pretori (che controllavano le colonie), la concentrazione del potere nelle mani di pochi al fine di evitare ribellioni e inoltre la disposizione di un limite d’età per le magistrature, l’apertura del rango senatorio indipendentemente dall’età e la possibilità di ottenere una corona superiore a quella civica. Per questo è comprensibile se, alla fine, Silla decise di uscire di scena, come un novello Collatino.

Lucio Cornelio Silla

Possibile ritratto di Silla (copia del I secolo d.C. (?) di un originale risalente al I secolo a.C., oggi conservata presso la Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen). L’identificazione è stata avanzata dall’archeologo tedesco Klaus Fittschen.

IL TRAMONTO DI SILLA

Nell’80 a.C. Silla fu nuovamente nominato console, anche se la situazione iniziò a non essergli più favorevole come prima a dimostrazione che una dittatura violenta e basata sulla repressione e sul sangue, invece che su decisioni politiche appropriate, nella lunga durata non conduce a buoni esiti. Gradualmente infatti, Silla cominciò a perdere anche l’appoggio del Senato (quello del popolo non lo aveva mai davvero avuto), soprattutto quando all’orizzonte si affacciò la figura di un giovane oratore chiamato Cicerone, tanto sfrontato da farsi portavoce della pubblica accusa, vincendo, contro Roscio Amerino, un liberto al soldo di Silla che sfruttò la sua funzione per vivere una vita di agi e sprezzante della legge.  Il Senato cominciò a ritrovare indipendenza dal controllo basato sul terrore ordito da Silla, all’epoca anche distratto da contrasti interni alla sua famiglia poiché, dopo la morte di Cecilia Metella, cominciò ad inimicarsi quegli stessi Metelli un tempo suoi sostenitori contro Mario. Nel frattempo, una figura sempre più ingombrante cominciò a profilarsi sul futuro di Silla: Gneo Pompeo un giovane e valente generale che si distinse in campo militare nel quale Silla deve aver visto sé stesso agli esordi.  Per questa ragione, piuttosto inaspettatamente, nel 79 a.C. Silla non reagì quando fu eletto un console a lui sgradito decidendo di uscire di scena auto esiliandosi in Campania, anche se protetto praticamente da un intero esercito. L’ex dittatore passò il suo ultimo anno di vita (morì infatti nel 78 a.C.), conducendo un’esistenza piacevole e soprattutto, riservandosi la facoltà di scegliere come e quando morire, esalando serenamente il suo ultimo respiro sul proprio letto. Forse considerò la sua missione conclusa, forse semplicemente visse con maggiore intensità la vita di un romano che, partendo dal basso, scalò le più alte vette sociali e politiche della Roma dell’epoca, cavalcando le onde del fazionismo e del partitismo politico che avrebbe insanguinato Roma anche dopo la sua scomparsa. Probabilmente Silla comprese il momento di fermarsi prima di spingersi ancora oltre come suggerisce Plutarco, che racconta di come l’ex dittatore si presentò al Foro per abdicare ufficialmente, circondato dai suoi fedelissimi e anche da una sorta di enorme rispetto che il popolo cominciò ad avere nei suoi confronti quando, malgrado le crudeltà perpetrate, aveva accettato di farsi da parte senza ulteriori spargimenti di sangue. In quel frangente un giovane si fece avanti tra la folla sbigottita dalla scelta di Silla e cominciò ad insultarlo senza reazioni da parte sua, il quale ricordò ai presenti che semmai ci fosse stata un’altra dittatura, questa non sarebbe finita pacificamente come in quel caso e che un altro tiranno al suo posto non avrebbe mai rinunciato al potere. La vulgata individua in quel giovane esagitato proprio Giulio Cesare, colui che per molti prese idealmente il posto di Silla, il posto di un uomo che dopo aver conquistato una posizione di preminenza, seppe passare il testimone ai suoi sostenitori, senatori e nobili in primis, nell’ottica di convertire la Repubblica in qualcosa di più simile ad un impero. Silla fu probabilmente  un uomo lungimirante che decise, da anziano, di lasciar il campo ad altri protagonisti della Storia.

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