Alessandro Severo: imperatore per necessità

Alessandro Severo imperatore per necessità

Alessandro Severo rappresenta l’ultimo esponente della dinastia dei Severi, che ebbe inizio con Settimio Severo e si concluse proprio con lui. La sua esistenza riflette la complessa situazione politica e sociale di Roma nel III secolo, un’epoca di profonda crisi per l’Impero Romano, dove il potere non era più saldamente nelle mani di un singolo leader, ma minacciato da varie pressioni interne ed esterne. Per mantenere il potere, si ricorreva anche a manipolazioni, documenti falsificati e inganni. È proprio in questo contesto che Alessandro Severo fa il suo ingresso nella Storia, diventando imperatore dal 222 al 235 d.C. Pur essendo considerato un regnante giusto e attento ai bisogni di tutti, la sua incapacità di eguagliare le gesta militari dei predecessori contribuì alla sua caduta.

Alessandro Severo: un giovane imperatore

Nato come Marco Bassiano Alessiano ad Arca Caesarea, in quella che oggi è il Libano, Alessandro era un imperatore “straniero,” un fatto ormai comune per la Roma di allora. Una domanda sorge spontanea: perché il suo nome cambiò una volta diventato imperatore? Per comprenderlo, occorre volgere lo sguardo al suo predecessore, Eliogabalo, che regnò dal 218 al 222 d.C.

Eliogabalo, asceso al trono a soli 14 anni grazie alle astute manovre della nonna Giulia Mesa, riuscì a scontentare tutte le forze della società romana: il Senato, l’esercito e il popolo. Giulia Mesa, sorella di Giulia Domna (moglie di Settimio Severo), orchestrò il matrimonio di Eliogabalo con sua figlia, Giulia Soemia, e lo fece passare come figlio del defunto Caracalla per legittimarne il trono. In realtà, il giovane imperatore, il cui vero nome era Sesto Vario Avito Bassiano, era il sommo sacerdote del dio solare siriano El Gabal. Determinato a imporre questo culto a Roma, arrivò a voler trasformare la città in una sorta di “provincia siriana” dal punto di vista religioso. Il suo comportamento eccentrico e il rifiuto di intraprendere imprese militari, a favore di feste e devozioni, alienarono ben presto i suoi sudditi e portarono alla sua rovina. Abbandonato persino dalla nonna, fu ucciso assieme alla madre, Giulia Soemia.

In questo vuoto di potere si inserisce Marco Bassiano Alessiano, figlio di Giulia Mamea (altra figlia di Giulia Mesa), che divenne imperatore a soli 13 anni. Come nel caso di Eliogabalo, il giovane Alessandro non poteva esercitare potere diretto, che rimase nelle mani della potente Giulia Mesa. Tuttavia, il problema era convincere i Romani ad accettare un nuovo imperatore proveniente dalla famiglia di Eliogabalo. Fu a questo punto che Giulia Mesa elaborò un’astuta strategia…

Il Nome di Alessandro Severo

Per far accettare ai Romani il giovane Alessandro come imperatore, fu messa in atto una poderosa campagna di propaganda. Innanzitutto, si decise di farlo passare come figlio di Caracalla, mantenendo così un’apparente continuità nella dinastia. Poi, Giulia Mesa, con il supporto di Eliogabalo, convinse il giovane Marco Bassiano a cambiare il proprio nome. Ecco allora che entrò nella storia come Marco Aurelio Severo Alessandro: un nome carico di riferimenti potenti, che richiamava i grandi imperatori e figure eroiche del passato. Il nome “Alessandro” omaggiava Alessandro Magno, con cui condivideva, secondo la tradizione, il giorno di nascita; “Severo” richiamava Settimio Severo, fondatore della dinastia e amatissimo dai soldati; mentre “Marco Aurelio” evocava uno degli imperatori più rispettati dai Romani. Questa mossa di Giulia Mesa mirava a conquistare il favore di tutte le fazioni: Senato, legioni e popolo.

Paradossalmente, la sorte di Alessandro Severo fu favorita dall’eccentricità e dall’impopolarità del cugino e predecessore, Eliogabalo. Quando Alessandro fu nominato ufficialmente Cesare, quindi erede di Eliogabalo, quest’ultimo cercò di influenzarlo introducendolo al culto di El Gabal. Tuttavia, la nonna Giulia Mesa intervenne, impedendo che ciò accadesse e creando una frattura insanabile tra i due. Con il tempo, l’insoddisfazione per Eliogabalo crebbe sia tra i senatori che tra i soldati, fino a portare molti di loro a preferire il giovane Alessandro. Eliogabalo tentò addirittura di diffondere la notizia che il cugino fosse gravemente malato, per testare la reazione del popolo. Il risultato fu evidente: l’esercito e soprattutto i pretoriani si rifiutarono di schierarsi a difesa di Eliogabalo. Questo provocò la sua caduta definitiva, poiché quando minacciò di punire tutti coloro che avevano disobbedito, fu lui stesso ucciso dai suoi soldati.

Così, nel mezzo di intrighi di corte, propaganda astuta e spargimento di sangue, iniziò il regno di Alessandro Severo.

Alessandro Severo al Potere

Quando Alessandro Severo salì al trono, era appena quattordicenne e non poteva ancora esercitare il pieno controllo sull’impero. Solo dopo la morte della nonna, Giulia Mesa, ottenne la libertà necessaria per governare con maggiore autonomia. A differenza del cugino Eliogabalo, Alessandro aveva ricevuto una formazione classica e rigorosa in linea con la tradizione romana. Ciò che lo rese particolarmente apprezzato fu il suo temperamento pacato e l’impegno a non apparire mai come un despota. La Historia Augusta riporta che “[Alessandro Severo] proibì che lo si chiamasse Signore, chiedendo di essere trattato come un privato cittadino e di mantenere solo il titolo di Imperatore”. Questa scelta di semplicità e umiltà gli guadagnò il favore del Senato e del popolo, che vedevano in lui un giovane giusto e moderato. Si racconta che indossasse sempre “una veste bianca senza ornamenti d’oro, e mantelli e toghe semplici”, un abbigliamento che rifletteva il suo stile di vita sobrio. Nella gestione del potere, Alessandro si distinse per un’intelligenza riflessiva e una forte propensione alla cautela, anche se alcuni lo ritenevano troppo esitante.

Uno dei primi atti politici di Alessandro fu la creazione di un consilium di 16 eminenti membri della società romana, quasi come una sorta di consiglio dei saggi. Prendeva raramente una decisione senza il consenso unanime di questo gruppo. Durante il suo regno, pacifico e moderato, fu raro che egli decretasse la pena di morte. Lo storico Erodiano, nella Storia dell’Impero Romano dopo Marco Aurelio, scrive che “[Alessandro Severo] governò per 14 anni senza versare sangue innocente; anche nelle sentenze più gravi, evitava la pena capitale”. Alessandro intraprese anche opere pubbliche che contribuirono al suo prestigio: fece costruire un nuovo acquedotto, l’Alessandrino, ultimo dei grandi acquedotti romani, e restaurò le Terme di Nerone, rinominandole Terme Alessandrine. Per rafforzare il legame con la tradizione, decorò il Foro di Traiano e quello di Nerva con statue di precedenti imperatori e personaggi illustri.

In campo religioso, per differenziarsi dal suo predecessore Eliogabalo, Alessandro mantenne un forte rispetto per le tradizioni romane. Pregava ogni giorno nel suo larario personale e pare che seguisse un sincretismo che includeva figure come Gesù e Abramo, segno di una visione spirituale molto avanzata per i tempi. Nonostante il suo regno ideale e pacifico, anche questa fase di prosperità giunse a una triste conclusione, segnando la fine di un periodo di stabilità.

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Il Declino di Alessandro Severo

All’orizzonte stava emergendo una nuova minaccia per l’Impero Romano: i Sasanidi. La dinastia sasanide, infatti, sorse dopo che Artabano V, ultimo sovrano dei Parti, fu deposto da Ardashir I, dando il via a una nuova era di conflitti. La tensione crebbe fino a scoppiare in guerra, e nel 231 d.C., Alessandro Severo lasciò Roma per dirigersi in una campagna militare contro i Sasanidi. Secondo Erodiano, l’imperatore partì con le lacrime agli occhi, voltandosi più volte a guardare l’Urbe, mentre i senatori osservavano malinconici la sua partenza. Un segnale inquietante di ciò che sarebbe accaduto.

A quel tempo, Alessandro Severo godeva del pieno sostegno del suo esercito, anche grazie a generose distribuzioni di denaro. Tuttavia, la campagna militare si rivelò un insuccesso. L’anno seguente, entrambi gli schieramenti subirono perdite significative, e le strategie adottate da Alessandro, probabilmente su consiglio dei suoi generali, sollevarono dubbi. Prima della battaglia, Alessandro divise le sue truppe in tre gruppi per attaccare i Sasanidi da più fronti, ma la manovra fallì: uno dei gruppi fu quasi completamente annientato. Molti attribuirono la disfatta all’indecisione e all’inesperienza dell’imperatore e a quella della madre, Giulia Mamea, che lo avrebbe trattenuto nei momenti cruciali. Solo nella Historia Augusta la battaglia viene raccontata come un risultato perlomeno neutrale, e Alessandro tentò di rappresentarla come un pareggio. Tuttavia, il rapporto con l’esercito risultò compromesso, segnando l’inizio della sua fine.

Durante le campagne contro le tribù germaniche, Alessandro Severo e Giulia Mamea trovarono la morte nella loro tenda. Le versioni sulla loro fine variano: alcune fonti affermano che Massimino il Trace, futuro imperatore, li abbia uccisi personalmente, mentre altre sostengono che abbia mandato sicari per assassinare l’imperatore e sua madre. Un’altra versione suggerisce che un soldato germanico della loro scorta, sorpreso all’interno della tenda, abbia reagito uccidendo Alessandro. In ogni caso, la perdita di fiducia dell’esercito fu determinante. I generali, dopo aver constatato che Alessandro non era né un grande condottiero come Alessandro Magno né un leader militare come Settimio Severo, decisero che il trono dovesse andare a un vero uomo di guerra come Massimino il Trace. Così, il 19 marzo del 235 d.C., si chiuse tragicamente il capitolo della vita di Alessandro Severo.

Alessandro aveva cercato di governare saggiamente, nonostante le difficoltà rappresentate dall’influenza familiare e l’eredità caotica lasciata dal suo predecessore, Eliogabalo. Un imperatore ricordato per il suo equilibrio e il suo rispetto per il popolo, che forse avrebbe avuto un lungo regno se non fosse stato per le sconfitte in battaglia. Ma la Storia, purtroppo, ha preso un’altra strada.

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