Il Tesoro dell’Esquilino

Il tesoro dell’Esquilino è un insieme di oggetti in argento di varia natura, composto da un numero di pezzi che varia tra 27 e 31. Tra questi si annoverano una coppa rituale, piatti da portata, bottiglie, decorazioni per mobili, finimenti per cavalli e due pregiati scrigni da toeletta. Questo tesoro fu scoperto casualmente nel 1793 durante degli scavi nella zona dell’Esquilino, da cui prende il nome.

Gli oggetti, di grande valore artistico ed economico, attirarono l’attenzione degli operai che stavano lavorando alla ristrutturazione di una proprietà delle Religiose Minime nel moderno Rione Monti. Dopo averli trovati, gli operai tentarono di nascondere il tesoro con l’intento di venderlo, ma furono scoperti dal vescovo Giulio Maria della Somaglia. Il prelato affidò il tesoro all’allora direttore dei Musei Capitolini, Ennio Quirino Visconti, che ne determinò l’epoca e il contesto storico di provenienza. Tuttavia, gli oggetti non furono considerati idonei a far parte del patrimonio statale e vennero venduti a peso. Dopo vari passaggi tra collezionisti privati, il tesoro finì infine al British Museum di Londra.

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Sebbene i manufatti presentino decorazioni di carattere pagano, essi furono donati a una matrona romana di fede cristiana di nome Proiecta, come indicato dall’iscrizione “SECUNDE ET PROIECTA VIVATIS IN CHRIS” incisa su uno degli scrigni da toeletta, probabilmente in occasione del suo matrimonio. L’augurio “Secondo e Proiecta, vivete in Cristo” sembra infatti riferirsi a un’unione coniugale celebrata secondo i riti della nuova fede cristiana, che, a partire dall’Editto di Costantino e durante tutto il IV secolo, si diffondeva sempre più tra le famiglie nobili di Roma.

Su altri oggetti dello stesso “Tesoro” appare il nome di una certa Pellegrina, che potrebbe essere stata una nuova moglie successivamente entrata nella famiglia, o forse una discendente di Proiecta. Chiunque fosse il proprietario degli oggetti alla fine del IV secolo, probabilmente cercò di proteggere i suoi preziosi beni dalla devastazione dei Visigoti, che nel agosto del 410 d.C. saccheggiarono Roma. Questo evento, noto come il “Sacco di Roma”, avvenne dopo due anni di tensioni e incertezze politiche, delle quali i cittadini romani erano ben consapevoli.

Di Jononmac46 – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=31902974

Si ritiene che Proiecta e Secondo appartenessero alla Gens Turcia, una famiglia che raggiunse posizioni di rilievo nell’amministrazione imperiale. Questi esponenti della nobiltà romana, originariamente pagana, si erano ormai convertiti al Cristianesimo, pur mantenendo un forte legame culturale con le loro radici. Le elaborate decorazioni presenti sul cofanetto, e sugli altri oggetti del “Tesoro”, sono ispirate al mondo pagano; ad esempio, la rappresentazione della toeletta di Venere è un chiaro richiamo alla routine di bellezza alla quale Proiecta, come molte altre donne romane di alto lignaggio, si dedicava.

Il possesso di oggetti così raffinati, associati a un aspetto considerato frivolo, era visto come inappropriato nella Roma del tardo IV secolo. Tuttavia, molte famiglie aristocratiche non vollero rinunciare a queste manifestazioni di vanità e di status, anche se in contrasto con i principi della loro fede cristiana. Questi reperti, quindi, non solo testimoniano un periodo storico complesso, caratterizzato da contraddizioni e resistenze, ma documentano anche la persistenza di antiche tradizioni in un contesto religioso in trasformazione.

Nonostante l’Editto di Tessalonica del 380 d.C., emanato dall’imperatore Teodosio per porre fine all’era pagana di Roma, nella vita quotidiana molte delle pratiche, simboli e rituali pagani continuarono a sopravvivere. Questi elementi furono successivamente integrati e reinterpretati nell’iconografia e nelle tradizioni cristiane, evidenziando la lenta e graduale transizione culturale che caratterizzò quel periodo.

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