L’arte da Adriano agli Antonini

L'arte da Adriano agli Antonini

Adriano fu uno degli imperatori più attivi e appassionati sul tema dell’arte (117-138 d.C.), rendendo intensissima e varia anche l’attività edilizia non solo in Grecia (ricostruzione di Atene) e nelle città greche dell’Asia Minore (Traianeo di Pergamo) ma in tutto il territorio imperiale, dalla Britannia (Vallo di Adriano) all’Africa (impianto termale di Leptis Magna).

Nel periodo adrianeo l’architettura fu ricchissima di idee e di motivi, con predilezione per le linee curve, per le planimetrie centralizzate e per i grandi ambienti coperti a volta di vario tipo (Villa Adriana di Tivoli; Pantheon) che caratterizzarono l’architettura romana più tarda. Ci fu inoltre un ritorno a composte eleganze classicheggianti come nei tondi adrianei che vennero inseriti nell’Arco di Costantino. Antonino Pio eresse, prima in ricordo della moglie Faustina maggiore (morta nel 141), un tempio a lei dedicato nel Foro romano (oggi Chiesa di San Lorenzo in Miranda), e poi in onore del suo predecessore, l’imperatore Adriano (divinizzato dopo la sua morte), un tempio allo stesso dedicato nel 145, oggi in piazza di Pietra, nell’antica regione del Campo Marzio. Nel 147 questo imperatore provvedette alla costruzione di un nuovo ponte sul Tevere (o forse alla ristrutturazione del precedente ponte di Agrippa), prendendo probabilmente i nomi di ponte Aurelio (pons Aurelius) o ponte di Antonino (pons Antonini), riportati da fonti tarde.

Durante la dinastia antonina si nota una tendenza al pittoricismo, in particolare nei ritratti, in cui, con l’ausilio di particolari strumenti, il contrasto tra la morbidezza delle figure e le superfici mosse dei capelli o della barba appare sempre più forte. La base della colonna dell’imperatore Antonino Pio (138-161) a Roma presenta, a differenza di altri rilievi storici contemporanei di composta classicità, figure di cavalieri a tutto tondo, galoppanti spesso di scorcio, immersi nello spazio intorno al gruppo centrale. In questo periodo le novità più salienti si concentrarono nella scultura. Nel periodo iniziale essa continuò nel solco classicista dell’arte adrianea, appena più vivace per il chiaroscuro più ricco e, nei rilievi, l’uso della linea di contorno con solchi, per accrescere l’effetto plastico. Il risultato sono opere classiciste, con figure composte ed equilibrate, ma isolate e fredde, come le personificazioni delle Province sul basamento del tempio del Divo Adriano (del 145, oggi nel cortile di palazzo dei Conservatori), i due rilievi con l’apoteosi di Sabina dal cosiddetto Arco di Portogallo.

Il pittoricismo, che appare già evidente negli otto rilievi storici di Marco Aurelio (161-180) oggi parti dell’Arco di Costantino, fu particolarmente accentuato nel fregio della sua colonna coclide, meno ricca di invenzioni rispetto a quella traianea e dal modellato ruvido e duro, ma dall’espressività forte e drammatica; la frequente posizione frontale dell’imperatore, che ne indica il carattere divino, come anche la scena del miracolo della pioggia nel paese dei Quadi, preludono all’elemento irrazionale e metafisico che, rompendo la tradizione ellenistica, si affermò poi nell’arte tardo-antica e nel Medioevo. Durante l’età degli Antonini le province orientali si dimostrarono particolarmente fiorenti dal punto di vista artistico e culturale, diventando anche centri di irradiazione grazie all’esportazione di opere. La ricchezza dei loro commerci, che travalicò anche i confini del Mediterraneo grazie alla scoperta dei venti e delle correnti stagionali nell’Oceano Indiano (i monsoni), è dimostrata per esempio dai vetri alessandrini ritrovati fino in Afghanistan (a Begram). Un importante esempio di scultura asiana importata in Italia è il sarcofago di Melfi, datato al 169, che mostra elementi ellenistici adattati al gusto pittorico degli elementi ornamentali. Alcune novità della successiva svolta artistica nell’età di Commodo hanno come modello immediatamente precedente alcune opere ad Efeso. Qui, fin dall’epoca adrianea, le decorazioni architettoniche di alcuni edifici (Biblioteca di Celso, monumento alle vittorie partiche di Lucio Vero, ecc.) presentano le novità, compositive, spaziali e tecniche che a Roma giungeranno solo alcuni decenni dopo. Alla scarsità di pitture riferibili a questo periodo in area italica fa da compensazione la straordinaria produzione di ritratti del Fayyum, conservati grazie alle eccezionali condizioni atmosferiche dell’Egitto. Si trattava di ritratti eseguiti dipinti per privati quando erano ancora in vita e conservati in casa; dopo la morte venivano applicati sulle bende della mummia, con piccoli adattamenti. In queste opere, che dovevano essere comuni in tutto l’impero, si rileva come la tradizione ellenistica continuasse immutata nelle asiane zone dove aveva avuto origine.

Da ricordare, infine, la famosa statua di Marco Aurelio: sebbene modesta nel trattamento delle superfici, rende la fermezza d’animo dell’imperatore e il senso di moto nel passo del cavallo e rimane l’unico esempio di statua equestre romana pervenutaci.

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