I quattro “stili” della pittura Pompeiana

Pittura pompeiana

Lo studio della pittura parietale registrò sostanziali progressi tra Settecento e dell’Ottocento con la scoperta e conseguenti campagne di scavo di Ercolano e Pompei, entrambe distrutte dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. e coperte da uno spesso strato di ceneri che ha garantito la conservazione di interi apparati decorativi di ambito pubblico e privato. August Mau nel 1882 pubblica il primo studio sistematico sulla pittura parietale che, basandosi sui rinvenimenti in area campana, individuò l’esistenza di «quattro stili» tra il secolo II a.C. e la data dell’eruzione. Nonostante si debba ritenere improprio l’uso del termine «stile» per descrivere gli schemi ornamentali invece che l’insieme di caratteri stilistici, e sebbene le successive scoperte archeologiche abbiano ampliato il panorama artistico della pittura antica mostrando la provincialità dei siti campani rispetto a Roma, centro delle mode decorative, la classificazione di Mau, malgrado le fasi alterne di screditamento e riabilitazione, è considerata tuttora valida nelle linee principali.

PITTURA DI PRIMO STILE
Il primo stile della Pittura pompeiana è la definizione con cui si rappresenta uno dei quattro “stili” della pittura di epoca romana. Collocabile a partire dal 150 a.C. fino all’80 a.C., è anche detto stile strutturale o dell’incrostazione. Diffuso sia negli edifici pubblici che nelle domus private, questo stile pittorico, talvolta mediante elementi in stucco a rilievo, tendeva a riprodurre il rivestimento delle pareti in opus quadratum, che veniva chiamato anche “stile dell’incrostazione”.

La caratteristica principale delle pitture in primo stile sono composte da tre zone basilari, mediante una sequenza fissa:

  • una prima fascia al livello superiore decorata con cornici in stucco sporgente.
  • una fascia nel mezzo dipinta con i colori predominanti rosso e nero, ma anche variabile nelle tonalità, come il viola, il giallo-verde, e sistemi che imitavano il marmo, il granito o l’alabastro
  • uno zoccolo solitamente di colore giallo

Nella pittura pompeiana di questo stile trovavano spazio anche piccoli elementi architettonici, come pilastri utilizzati per la divisione verticale delle superfici. Il primo stile derivava da una profonda ispirazione ellenistica: degli esempi possiamo ammirarli a Delos e in altre città greche, come alcune città sul Mar Nero, in modo specifico in edifici del III e II secolo a.C., decorati con cornici in chiaroscuro, finto rilievo e piccole semicolonne in stucco. Nell’area vesuviana, in particolare a Pompei, questa tecnica è presente nella Basilica, nel tempio di Giove, nella Casa del Fauno e nella Casa di Sallustio. Per quanto riguarda Ercolano, ve ne sono tracce nella Casa Sannitica.

PITTURA DI SECONDO STILE
Il secondo stile pompeiano, anche detto stile architettonico, è collocabile nel periodo compreso tra l’80 a.C. e la fine del I secolo a.C. La differenza sostanziale di questo tipo di pittura con quella di primo stile sono le creazioni di cornici e fregi con tralci vegetali attraverso la pittura e non più realizzati in stucco. Rispetto al primo stile, l’innovazione è fornita dall’effetto di elegante prospettiva, con l’illusione in primo piano di podi e finti colonnati, edicole e porte, attraverso le quali si aprivano vedute prospettiche.

In concomitanza con la nascita di questo stile, fecero la comparsa i cosiddetti paesaggisti, che a Pompei erano molto richiesti, in quanto dipingevano i dettagli dei giardini con grande maestria. Secondo Vitruvio il secondo stile era una sorta di imitazione di vedute di edifici, colonne e frontoni sporgenti e, negli spazi più ampi, di esedre nelle quali erano raffigurate scene tragiche, comiche o satiriche. Durante questo periodo era di moda dipingere nature morte con cacciagione guarnite da ortaggi e frutta; questa moda era determinata dall’usanza di inviare agli amici regali principalmente composti dai vari generi alimentari. L’esempio più antico di pittura di secondo stile, è presente a Roma nella casa dei Grifi sul Palatino, collocabile tra il 120 e il 90 a.C. A Pompei lo troviamo nella splendida Villa dei Misteri e nelle case di Obellio Firmo, del Labirinto, delle Nozze d’Argento, del Criptoportico. Il luogo dove è presente l’esempio più elegante e ricco di questo stile si trovava nella villa di Boscoreale, nell’area vesuviana, posteriore al 50 a.C., oggi conservate in più musei, come il Metropolitan Museum di New York e il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Nella casa di via Graziosa a Roma, sono presenti scene dell’Odissea prodotte in secondo stile. In età augustea, negli affreschi della casa della Farnesina o dell’Aula isiaca, si andò delineando una tecnica ricca di decorazione architettonica che riproduceva i grandi edifici ellenistici come colonnati e ampi porticati.

Italia, Pompei, Antichità, Storia Romana, Affresco

PITTURA DI TERZO STILE
Il terzo stile di pittura pompeiana, definito anche stile ornamentale, coincise per un lasso di tempo al secondo stile arrivando alla metà del I secolo, sotto il principato dell’imperatore Claudio (41-54). Profondamente diverso nella prospetticità e la tridimensionalità rispetto al secondo stile, presentava elementi piatti con aree di pittura riempite con un solo colore, in prevalenza scure e paragonabili ad odierni tendaggi, che presentavano al centro piccoli pannelli (pinakes) che raffiguravano scene di varia natura. Alcuni esempi di questi ornamenti, solitamente a tonalità più chiare, potevano essere candelabri, figure alate, ramificazioni vegetali. Un esempio grandioso di questo stile lo possiamo trovare nel tablinum della Casa di Marco Lucrezio Frontone, presso gli scavi archeologici di Pompei. Altri esempi di questo genere si trovano nella Villa Imperiale a Pompei e, a Boscotrecase, in quella di Agrippa Postumo.

PITTURA DI QUARTO STILE
Affermatosi in età neroniana, il quarto stile pompeiano è l’ultimo in ordine di tempo, anche detto dell’illusionismo prospettico. Esso si distingueva dagli altri principalmente per l’introduzione di architetture di ispirazione fantasy, dotate di grande scenicità, come ad esempio la Casa dei Vettii a Pompei e la Domus Aurea di Nerone a Roma. A differenza delle precedenti, questa tecnica pittorica presenta delle architetture bidimensionali ed esclusivamente decorative, paragonabile all’intenso decorativismo caratteristico del rococò.

Di ArchaiOptix – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=91917609

A Pompei, il quarto stile si impose dopo il 60 d.C.: questa datazione abbastanza certa la dobbiamo alla gran parte delle ville pompeiane in cui sono presenti pitture create dopo la ricostruzione della città a seguito del terribile terremoto del 62 d.C., una avvisaglia della disastrosa e tristemente nota eruzione che colpì l’area vesuviana nel 79 d.C. Il quarto stile non presenta grandi innovazioni rispetto ai predecessori, mantenendo uno standard di grande qualità e ricchezza. Alcuni elementi del passato e formule decorative già viste in precedenza tornarono di moda: fu reintrodotta la tecnica di imitazione dei rivestimenti marmorei, le imitazioni di architetture e l’illusione di oggetti reali e tridimensionali, in realtà dipinti su una superficie bidimensionale, caratteristici del secondo stile ma anche le ornamentazioni con candelabri, figure alate, tralci vegetali, già viste nel terzo stile.
Esempi pompeiani pregiati li ritroviamo nella Casa dei Vettii e nella Casa dei Dioscuri, probabilmente affidati ad artisti della stessa bottega. Sempre a Pompei, altri esempi di quarto stile lo possiamo trovare nella Casa di Menandro, nella quale sono presenti piccoli ed eleganti riquadri che raccontano la guerra di Troia.

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