19 ottobre – Armilustrium

Col termine Armilustrium si indica sia un luogo che un rituale di purificazione, il nome stesso deriva da ludere (“rappresentare”) o da lustrum (“purificare”), a sottolineare la messa in scena di un rito di purificazione. Una volta chiusa la stagione delle guerre a Settembre, nel seguente mese di Ottobre si succedevano antichi riti di purificazione, speculari e contrapposti a quelli che si svolgevano a Marzo. All’inizio dell’anno, i guerrieri e le loro armi dovevano essere purificate per cacciare qualsivoglia cattiva influenza, in modo tale da propiziare la stagione bellica in favore della vittoria di Roma. Alla fine dell’anno, quando gli eserciti tornavano in patria, allo stesso modo le armi usate e gli uomini venivano purificati, affinché potessero lasciare lo status di militare e riprendere la vita civile del cittadino. Se Marzo era il mese dedicato a Marte, dio della guerra e dei soldati ordinati nelle centuriae posti sotto la sua tutela; Ottobre si poteva additare sotto la protezione di Quirino, dio dei cittadini e della pace, che governa l’ordinamento delle curiae.
Il 19 Ottobre, i Salii, sacerdoti del culto di Marte, si occupavano della purificazione delle armi usate dai soldati romani in guerra e degli stessi militari. I sacerdoti, armati con gli ancilia (gli scudi sacri, copia di quell’originale donato dagli dei a Numa Pompilio), danzavano attorno alle armi, il ritmo veniva scandito dal suono delle trombe. Una volta terminata la danza lustrale, le armi erano purificate e potevano essere conservate fino all’anno successivo (arma condita).
Il rituale di purificazione compiuto aveva anche l’effetto di allontanare dalla città i Lemures, ossia gli spiriti maligni, dei nemici uccisi dai soldati romani. Questi ultimi venivano innanzitutto purificati attraverso dei suffumigi di foglie di alloro, cosa che ha poi portato a usare ghirlande di quella pianta per decorare il capo dei generali vittoriosi nelle cerimonie dei trionfi militari. Mediante i suffimigi e la danza dei Salii, i soldati espiavano il sangue versato, e purificati potevano far ritorno a Roma senza condurre in città una contaminazione che avrebbe potuto nuocere all’intera comunità.
Il rituale si svolgeva in un luogo denominato Armilustrium, comprendente un altare dedicato a Marte, in un’area a Nord-Ovest del colle Aventino, più o meno nell’attuale Piazza dei Cavalieri di Malta (CIL VI, 802; 975). Il suddetto colle, secondo la leggenda, ospitava la tomba di Tito Tazio, re dei Sabini e co-regnante su Roma insieme a Romolo, proprio nei pressi di un bosco di alloro, che diede il nome alla località: Loretum o Lauretum. Finché non fossero stati purificati, i soldati non sarebbero potuti rientrare a Roma, ed erano costretti a rimanere proprio sul colle Aventino, al di fuori del pomerium.
Gli storiografi romani hanno raccontato che Tito Tazio venne ucciso a Lavinio, mentre stava compiendo dei sacrifici, a causa di una vendetta. Alcuni parenti del sovrano sabino infatti, avevano ucciso gli ambasciatori lavinati che avevano denunciato come i primi rubavano le loro ricchezze. Invece di punire i colpevoli, come Romolo era intenzionato a fare, Tito Tazio prendeva tempo, fino a quando venne ucciso dai parenti degli ambasciatori. A quel punto, per non far scorrere altro sangue, Romolo decise di non punire né gli assassini degli ambasciatori, né quelli di Tito Tazio, perché i primi omicidi erano stati scontati col secondo. Purtroppo, dopo questa decisione scoppiarono delle gravi pestilenze sia a Roma che a Lavinio. A quel punto, Romolo decise di punire tutti gli assassini andando poi a purificare entrambe le città. Di fatto il racconto forniva un monito per ricordare cosa poteva accadere se non si fossero seguiti con attenzione i rituali lustrali prescritti.
Del rituale sopradescritto, che si svolgeva il 19 Ottobre, si occupavano i Salii Agonales, chiamati anche Salii Collini o Salii Quirinales: i sacerdoti del culto di Quirino, simili ai Salii Martiales o Salii Palatini che si occupavano dei riti di Marzo. Secondo quanto riportato da Dionigi di Alicarnasso, il collegio dei Salii Agonales fu istituito dal terzo re di Roma, Tullo Ostilio, che sul campo di battaglia aveva pregato affinché potesse finalmente sconfiggere i Sabini.
Il nome di questo collegio, “salii”, deriva probabilmente dal termine salire (“saltare”), a richiamare i movimenti della danza sacra effettuata dai sacerdoti. Entrambi i gruppi risiedevano nella Curia Saliorum ed erano composti sempre da 12 membri ciascuno, presieduti dal Magister. Altre due figure importanti erano quella del Preasul, una sorta di coreografo, si occupava della direzione delle danze, e il Vates che invece dirigeva il coro coi canti sacri, come il Carmen Saliare. Un aspirante sacerdote, per essere scelto, doveva possedere entrambi i genitori in vita, dopodiché la sua carica durava per tutta la vita.
Durante i rituali, i Salii indossavano la tunica picta, una tunica bordata di rosso e legata alla spalla con una fibbia, alla cintura di bronzo era invece appesa una spada. Sopra la tunica portavano una corazza bronzea e un corto mantello. Infine, usavano lo stesso copricapo dei flamini: l’apex, realizzato in pelle di pecora bianca e decorato con un rametto di legno d’ulivo e un fiocco di lana.

L’apex, il copricapo dei flamini e dei salii (da Harpers Dictionary of Classical Antiquities, New York 1898).
Antonietta Patti
Archeologa
BIBLIOGRAFIA
- A. Ferrari, Dizionario di Mitologia, UTET, Novara 2015;
- Sesto Pompeo Festo, De verborum significatu, 19, 360;
- Dionigi di Alicarnasso, Ῥωμαικὴ ἀρχαιολογία (Antichità Romane) II, 51-53; II, 70-71; III, 32;
- Giovanni Lido, Liber de mensibus, IV, 34;
- Plutarco, Βίοι Παράλληλοι (Vite parallele), Romolo, 23;
- Servio Mario Onorato, Commentarii in Vergilii Aeneidos libros, VI, 859;
- Tito Livio, Ab Urbe Condita, libro I, 14, 1-3; libro XXXVII, 33;
- Marco Terenzio Varrone, De lingua Latina, libro VI, 22.