Verso il 120 a.C., Roma attraversava un periodo di prosperità e stabilità. Le legioni romane consolidavano il dominio su vaste regioni, dalla Spagna meridionale ai Balcani, fino all’alto corso del Danubio e all’Asia Minore. A Roma, dopo i conflitti tra i Gracchi e il Senato, erano tornati la tranquillità e l’ordine. Tuttavia, questa fase di pace non durò a lungo: nella Numidia, sull’opposta riva del Mediterraneo, si verificavano eventi drammatici che avrebbero portato a una nuova guerra.
La Numidia, corrispondente all’attuale Algeria e Libia settentrionale, aveva visto salire al trono Micipsa, figlio di Massinissa, interessato soprattutto alla filosofia greca. Alla morte di Micipsa, il potere, anziché passare stabilmente ai suoi giovani figli, Aderbale e Iempsale, venne conteso dal nipote Giugurta. Nel 118 a.C., appena morto il re, scoppiò una lotta feroce tra i tre, che culminò con l’assassinio di Iempsale, il più pericoloso avversario di Giugurta. Il regno si divise in due fazioni, una a favore di Aderbale e l’altra di Giugurta, e scoppiò una guerra. Aderbale, sconfitto, fuggì a Roma per chiedere protezione.
Anche Giugurta inviò emissari a Roma per difendersi; le due fazioni si presentarono al Senato, dove Aderbale denunciò le azioni del cugino e chiese l’aiuto della Repubblica. Dopo una discussione accesa, il Senato inviò in Numidia una commissione d’inchiesta, che decise di dividere il regno: Giugurta ottenne il territorio della Libia settentrionale, mentre ad Aderbale fu assegnata l’area occidentale, l’attuale Algeria, con capitale Cirta (oggi Costantina).
Giugurta, insoddisfatto della divisione, invase nel 114 a.C. la parte di Aderbale, costringendolo a rifugiarsi a Cirta. In città vivevano molti Italici e Greci, che si rivolsero a Roma per chiedere un intervento in loro difesa. Ma la Repubblica, impegnata a fronteggiare le crescenti minacce germaniche dal nord Europa, poteva fare ben poco. Furono mandate due ambascerie in Numidia che, dopo lunghe negoziazioni, tornarono senza risultati concreti.
Giugurta, astuto e tenace, sembrava avere la meglio. Nella primavera del 112 a.C., Cirta cadde; Aderbale venne brutalmente ucciso, e migliaia di Italici e Numidi furono massacrati. La notizia del massacro scosse profondamente Roma, dove il Senato, accusato di essere stato corrotto dall’oro di Giugurta, si decise finalmente a reagire dichiarando guerra. Un corpo di spedizione fu inviato in Africa per avviare le operazioni militari.
Giugurta, consapevole del pericolo, si presentò al campo romano e si disse pronto a negoziare. Il comandante romano, Lucio Calpurnio Bestia, preferì risolvere rapidamente la questione, imponendo a Giugurta una multa e la cessione degli elefanti da guerra, restituendogli così il regno nel 111 a.C. A Roma, tuttavia, questa soluzione parve insoddisfacente: assemblee popolari furono convocate, chiedendo che Giugurta venisse in persona a Roma per rispondere delle sue azioni. Con un salvacondotto, il Senato inviò un pretore in Numidia affinché lo scortasse in città.
Giugurta si presentò in Senato, ma con il sostegno di un tribuno che pose il veto alla continuazione del dibattito, riuscì a evitare un vero processo, verosimilmente grazie alle sue generose mazzette. La frustrazione popolare, però, aumentò, e il Senato iniziò a pianificare la deposizione di Giugurta a favore di Massiva, nipote di Micipsa. Venuto a conoscenza di questo piano, Giugurta fece assassinare Massiva, suscitando un ulteriore sdegno. Espulso da Roma, la guerra riprese con intensità.
Dopo i disastrosi esiti iniziali, nel 109 a.C. il Senato affidò il comando a Quinto Cecilio Metello, noto per la sua integrità. Con Caio Mario come luogotenente, Metello sbarcò in Africa e riorganizzò le truppe, avviando una lunga campagna. Giugurta, alleatosi con il suocero Bocco, re dei Mauri, si ritirò nell’interno e condusse una resistenza accanita tra le montagne. Tuttavia, la lentezza della guerra accrebbe il malcontento a Roma, dove molti sospettavano corruzione.
Nel 107 a.C., Mario ritornò a Roma per candidarsi a console, avviando una campagna contro la corruzione dei nobili e ottenendo il comando dell’esercito in Numidia. Mario attuò una riforma epocale, arruolando anche i nullatenenti, e creando così il primo esercito “professionale” di Roma. Giunto in Africa, iniziò nuove manovre militari e cercò di allontanare Bocco dall’alleanza con Giugurta. Bocco, temendo per la propria posizione, infine tradì Giugurta: nel 105 a.C. si accordò con Mario e attirò Giugurta in un’imboscata, dove fu catturato.
Il 1° gennaio 104 a.C., Mario celebrò il trionfo a Roma, accompagnato da Silla. Al corteo trionfale Giugurta, con i figli e la sua corte, sfilò in catene, per poi essere rinchiuso nel Tullianum, il freddo carcere sotto il Campidoglio, dove trovò la morte. Con la fine della guerra giugurtina, emergevano sulla scena politica le figure di Mario e Silla, destinate a segnare il futuro della Repubblica.