La Tetrarchia di Diocleziano

La Tetrarchia di Diocleziano

La tetrarchia fu una forma di governo che consistette nella divisione del territorio dell’Impero Romano in quattro parti, ognuno retto da un’amministrazione distinta. Ad inaugurarla fu Diocleziano, imperatore dal 284 al 305 d. C..

Gaio Aurelio Valerio Diocle (in seguito latinizzato in Diocleziano) nacque nel 244 d. C. in Dalmazia da una famiglia di umili origini: suo padre, infatti, era un liberto (schiavo affrancato). Non potendo ricevere un’istruzione di alto livello, Diocleziano scelse la carriera militare per tentare l’ascesa sociale.

Nel 270 d. C. circa riuscì ad entrare nei ranghi dell’esercito, combattendo in Gallia sotto gli imperatori Aureliano e Probo. Nel 280 d. C. Diocleziano divenne comandante delle legioni nella Mesia (regione corrispondente alle attuali Serbia e Bulgaria, più a parti della Repubblica di Macedonia settentrionale o della Dobrugia rumena). Nel 282 d. C. arrivò un’ulteriore promozione: divenne infatti comandante delle guardie personali dell’imperatore Marco Aurelio Caro. Dopo la morte del sovrano (in circostanze tutt’oggi ancora non chiare in una spedizione in Persia), si venne a creare un breve periodo di scontri per la successione. Oltre alla morte di Caro, morì anche suo figlio Numeriano nella campagna militare contro i Sasanidi. Diocleziano venne acclamato imperatore dalle legioni (proprio in questa occasione mutò il proprio nome in Diocleziano), ma trovò l’opposizione del figlio maggiore di Caro, Marco Aurelio Carino, che era stato nominato imperatore dal padre prima della campagna. I due arrivarono inevitabilmente allo scontro nella battaglia del fiume Margus, in cui Carino perse il potere e la vita (285 d. C.).

Con l’avvento al potere di Diocleziano ebbe fine il periodo noto come crisi del terzo secolo, caratterizzato dal punto di vista politico da una fase di anarchia militare, protrattasi per quasi un cinquantennio e che vide succedersi un elevato numero di imperatori la cui ascesa e permanenza al potere dipese esclusivamente dalla volontà dell’esercito.

Come riuscì Diocleziano a porre fine a questa instabilità che divenne ormai pericolosa per la stabilità dell’impero?

Resosi conto che l’impero di Roma era ormai troppo vasto per essere gestito in maniera efficiente da un solo uomo, Diocleziano nominò nel novembre del 285 come suo vice (in qualità di caesare) un valente ufficiale proveniente dalla Pannonia, Marco Aurelio Valerio Massimiano. Pochi mesi più tardi, il 1° aprile 286 d. C., Massimiano venne elevato al rango di «augusto», formando di fatto una diarchia in cui i due imperatori si dividevano geograficamente il governo dell’impero e la responsabilità della difesa delle frontiere dagli invasori. A Massimiano venne affidato il governo dell’Occidente, mentre Diocleziano riservò a sé stesso la parte orientale, senz’altro più ricca e popolosa.

Nonostante l’impero fosse stato diviso, Diocleziano mantenne la supremazia su Massimiano: infatti il primo si considerava protetto da Iovio (Giove), mentre il secondo da Erculio (il figlio di Giove).

Data la crescente difficoltà a contenere le numerose rivolte all’interno dell’impero, nel 293 d. C. si giunse a un’ulteriore suddivisione territoriale e funzionale dell’impero, con gli intenti di evitare le lotte per la successione, di facilitare le operazioni militari, di rendere efficienti l’amministrazione e la difesa dell’impero. Secondo Diocleziano quindi non bastavano più nemmeno due imperatori ed istituì la tetrarchia. L’intero Impero Romano venne quindi suddiviso in quattro grandi parti (tetrarchie) e ai due imperatori augusti vennero affiancati due «imperatori giovani», i cosiddetti «cesari». Diocleziano nominò come suo cesare Galerio per l’Oriente, mentre Massimiano per l’Occidente nominò Costanzo Cloro. Questa fu la divisione dell’impero:

– A Diocleziano spettava il governo delle province orientali e dell’Egitto.
– Galerio governava le province balcaniche.
– Massimiano governava su Italia, Africa settentrionale e Spagna.
– A Costanzo Cloro fu affidato il governo la Britannia e la Gallia.

La divisione ebbe valore puramente amministrativo e non politico, in quanto l’impero manteneva la sua unità e ogni legge veniva emanata a nome di tutti e quattro i sovrani. Diocleziano, comunque, conservò il titolo di Augustus Maximus e ogni decisione finale spettava a lui. Per la successione Diocleziano aveva imposto che all’abdicazione o alla morte di uno dei due «augusti», anche l’altro avrebbe dovuto ritirarsi, mentre i due «cesari» sarebbero diventati i due nuovi «augusti» e avrebbero dovuto nominare a loro volta altri due «cesari». La tetrarchia si rivelò efficace per la stabilità dell’impero e rese possibile agli augusti di celebrare i vicennalia, ossia i vent’anni di regno. Vennero poi create dodici circoscrizioni amministrative (le «diocesi», tre per ogni tetrarca) rette dai vicarii e suddivise a loro volta in ben 101 province.

Oltre alla divisione dell’impero, Diocleziano continuò nella sua politica di rafforzamento dell’autorità imperiale. Questa non poteva ammettere che all’interno dell’impero ci fossero comunità che sfuggissero al controllo dello Stato. Nel 303 d. C. emanò, quindi, un editto di persecuzione contro i cristiani, considerati una minaccia non tanto perché veneravano un proprio dio, ma perché non erano disposti a riconoscere la religione ufficiale romana, né tantomeno la natura divina dell’imperatore.

Di Nino Barbieri (discussione · contributi) – Opera propria, CC BY 2.5, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1697833

Diocleziano modificò anche l’assetto dell’esercito romano. Furono creati reparti militari stanziati nelle città principali dell’impero, pronti a intervenire rapidamente laddove si presentasse una minaccia.  Si trattava quindi delle truppe migliori e meglio equipaggiate di fanteria pesante e cavalleria. Lungo le frontiere, invece, venne posto l’esercito di confinecostituito dai limitanei (dal termine latino limes, «confine»). I limitanei dovevano essere procurati dai grandi proprietari terrieri delle zone di confine; ma poiché questi si sottraevano spesso a ogni obbligo di tipo militare pagando una tassa di leva, l’esercito utilizzava il denaro incassato per reclutare altri soldati-mercenari stranieri, perlopiù fra i germani. Questi ultimi, in breve tempo, contribuirono a indebolire le difese romane di fronte alle incursioni barbare.

Diocleziano cercò quindi di rendere stabile e coeso l’intero impero con le sue riforme. Quando abdicò nel 305 per motivi di salute (costringendo anche l’altro augusto Massimiano a fare lo stesso), il sistema di successione da lui voluto subì degli intoppi. Come pattuito, Galerio e Costanzo Cloro divennero i due nuovi «augusti» e nominarono come loro «cesari» rispettivamente Massimino Daia e Flavio Valerio Severo. Dopo solo un anno, nel 306 d. C., Costanzo Cloro, l’augusto d’Occidente, morì mentre era impegnato in una campagna militare in Britannia, quindi il cesare d’Occidente, Flavio Valerio Severo, venne nominato augusto di Occidente. Contemporaneamente le legioni romane, trasgredendo la legge emanata da Diocleziano, nominarono augusto d’Occidente Costantino, figlio di Costanzo Cloro. Per evitare la guerra civile, Costantino accettò di diventare cesare di Flavio Valerio Severo.

I problemi per l’augusto d’Occidente non finirono qui. Nell’autunno del 306 d. C., i pretoriani e il Senato nominarono Massenzio, figlio di Massimiano, nuovo augusto di Occidente. Severo decise di dichiarare guerra a Massenzio nel 307 d. C., ma non fece i conti con molti dei suoi legionari che erano fedeli al suo rivale. Tradito dai suoi uomini, Severo venne fatto prigioniero e condannato a morte. La successione tetrarchica auspicata da Diocleziano era ufficialmente spezzata.

Nel 308 d. C. gli ex-augusti Diocleziano e Massimiano (che aveva rotto i rapporti col figlio) cercarono di ripristinare l’ordine: venne nominato quindi Licinio come nuovo augusto di Occidente, Costantino veniva confermato come cesare. Quest’ultimo, però, insieme a Massimino Daia, si considerava augusto. Si ebbero quindi quattro augusti e nessun cesare. Galerio e Massimino Daia in oriente, e Licinio e Costantino in occidente. Inoltre, Massenzio restava come usurpatore al governo di Italia e Africa. Dopo la morte di Galerio nel 311 d. C., Massimino Daia ne approfittò per impadronirsi di tutte le province orientali. I tre augusti rimasti decisero poi di coalizzarsi contro Massenzio, il quale venne sconfitto nella battaglia di Ponte Milvio da Costantino nel 312 d. C.. Un anno dopo morì anche Massimino Daia, perciò rimasero solo due augusti: Costantino in occidente e Licinio in oriente. La visione dioclezianea era stata però ormai accantonata da tempo, quindi, per entrambi, c’era spazio solo per uno di loro al comando dell’Impero Romano. Il conflitto fu inevitabile.

Dopo una prima vittoria di Costantino nel 314 (che si aggiudicò l’Illirico), nel 324 d. C. arrivò la definitiva sconfitta per Licinio. Costantino divenne quindi l’unico imperatore di Roma. La tetrarchia venne ufficialmente abolita.

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