Arco di Giano (Arcus Divi Constantini)

Il Velabro era un’area piana che rappresentava una zona di Roma antica situata tra il Tevere e il Forum Magnum, tra i colli Campidoglio e Palatino, adiacente al Foro Boario. Secondo la leggenda, il Velabro era il nome della palude fluviale dove Faustolo si accorse della cesta di Romolo e Remo, trasportata dalla corrente e fermata dalle radici di un fico.
Ai limiti orientali di questa zona, si trova il cosiddetto Arco di Giano, un imponente arco quadrifronte fatto costruire da Costanzo II nel IV secolo d.C. e nei secoli erroneamente intitolato alla divinità dai due volti che guardavano in direzione opposta. Citato dai Cataloghi regionari come Arcus divi Constantini, secondo le fonti, non si trattava semplicemente di un monumento, visto l’uso che i mercanti impegnati nelle attività commerciali ne facevano, allo scopo di riparo e di contrattazione.

1848-52
L’arco, di pianta quadrata (12 m di lato per 16 m di altezza), è costituito da quattro pilastri in opera a sacco rivestiti di lastre marmoree, che sostengono una volta a crociera, costruiti in cementizio ed ornati sui lati esterni, sopra lo zoccolo, da due file di tre nicchie (48 in totale) semicircolari con calottine a conchiglia, anticamente inquadrate da edicole con minute colonne sostenute da mensole, oggi scomparse. Le nicchie ospitavano probabilmente delle statue. I soli resti conservati dell’ornamento scultoreo sono rappresentati dalle quattro figure femminili sulle chiavi di volta: sono appena riconoscibili la figura della dea Roma sul lato est e di Minerva sul lato nord, mentre rimane incerta l’identificazione delle altre due figure, forse Giunone e Cerere.
La costruzione dell’attico ebbe una sorte sfortunata: durante il periodo medioevale, la potente famiglia romana dei Frangipane ne chiuse i fornici e lo utilizzò come una vera e propria fortezza. Nel 1830, in occasione dell’abbattimento e dello sbancamento delle opere medievali, andarono perduti l’attico e il coronamento originari, non riconosciuti come opere appartenenti alla struttura originaria. All’interno della vicina chiesa di San Giorgio al Velabro sono conservati dei frammenti che molto probabilmente apparterrebbero all’iscrizione dedicatoria di Costanzo II.
Una scoperta recente, a seguito di nuovi interventi di restauro e di ripulitura dei marmi del monumento, ha riportato alla luce una iscrizione composta dalle tre lettere «Cos» che, secondo gli studiosi, danno la conferma che si trattava di un monumento onorifico, dedicato all’imperatore Costantino dai suoi figli.