La vita nella famiglia romana

La vita nella famiglia romana
Boulanger Gustave Clarence Rodolphe (1824-1888). Versailles, ch‚teaux de Versailles et de Trianon. MV5614.

Durante l’epoca romana, la famiglia rivestiva un ruolo di fondamentale rilevanza. Si credeva fermamente che una solida educazione fin dall’infanzia fosse essenziale per formare cittadini onesti e integri. L’ordine e la disciplina all’interno del nucleo familiare contribuirono in modo significativo alla grandezza e al successo di Roma.

Il Pater familias

Il padre era il capo indiscusso della famiglia romana, detentore esclusivo del patrimonio familiare, che comprendeva beni come bestiame, casa, schiavi e campi. Era considerato il sovrano della casa e il sacerdote del culto domestico, incaricato di celebrare i riti davanti all’altare degli dei tutelari della famiglia. All’interno della domus, questi riti si svolgevano in una nicchia all’interno di un’edicola chiamata larario, dove le statuette degli dei venivano venerate, spesso accendendo una fiammella in loro onore durante occasioni speciali come il raggiungimento dell’età adulta, la partenza o il ritorno da un viaggio, matrimoni e nascite.

La moglie e i figli dovevano al padre obbedienza totale, e anche se un figlio avesse raggiunto alte cariche come quella di console o senatore, rimaneva soggetto all’autorità paterna. Il padre aveva persino il diritto di decidere sulla vita o la morte dei propri figli. Se un neonato era deformato, il padre poteva scegliere di ripudiarlo, venderlo o lasciarlo morire. I bambini abbandonati venivano lasciati presso una colonna situata in un grande mercato, chiamata “lactaria” (dal latino “lac”, latte), perché il latte era l’unico alimento dei neonati. Tuttavia, spesso persone compassionevoli prendevano questi piccoli per crescerli. Dal punto di vista giuridico, chiunque fosse soggetto alla patria potestas era considerato una “longa manus” del pater, e tutto ciò che i figli o gli schiavi acquisivano ricadeva automaticamente sotto la sfera giuridica del pater familias.

La Matrona

Nell’antica Roma, la matrona era una donna che possedeva la cittadinanza romana e che aveva contratto matrimonio con un uomo libero, seguendo i rituali romani. Diversamente da quanto accadeva in Grecia e tra molti altri popoli antichi, la donna romana godeva di un elevato prestigio e rispetto. Nonostante fosse sottoposta all’autorità del marito, veniva considerata la regina della casa e riceveva titoli onorifici come “domina” e “matrona.” Era davvero una compagna dell’uomo, condividendo con lui le responsabilità familiari e partecipando agli onori della vita pubblica.

Durante la Repubblica Romana, il ruolo principale riservato alla matrona era all’interno della sfera domestica, dove si occupava della gestione della casa e della famiglia, sempre sotto la protezione e l’autorità del paterfamilias, che poteva essere il padre o il marito. Non le era permesso assumere cariche pubbliche o impegnarsi in attività politiche. La matrona, come “mater familias,” era una figura rispettata e dignitosa, responsabile della cura della casa e dell’educazione dei figli. Non era coinvolta nei lavori domestici o agricoli, eccetto nella filatura della lana, un compito simbolico legato alla tradizione del Ratto delle Sabine.

All’interno della casa, la matrona esercitava una certa autorità, dirigendo i servi e gli schiavi e venendo chiamata “domina.” Le era permesso partecipare ai banchetti, un fatto insolito rispetto alla Grecia, dove ciò sarebbe stato considerato sconveniente. Tuttavia, a differenza degli uomini, che mangiavano sdraiati sui triclinia (lettini per tre persone), le donne sedevano e non consumavano vino. In pubblico, gli uomini erano tenuti a cedere il passo alle donne, e chi osava rivolgere loro parole offensive poteva essere severamente punito, fino alla condanna a morte. Secondo la leggenda, l’offesa arrecata da Sesto, figlio del re Tarquinio il Superbo, a Lucrezia, moglie di Collatino, scatenò una rivolta che portò alla cacciata del re e della sua famiglia da Roma.

I Figli

Nei primi tempi della Repubblica Romana, l’educazione dei figli era una responsabilità che ricadeva interamente sui genitori. Fino ai sette anni, era la madre a occuparsi della formazione del bambino, mentre dal settimo al diciassettesimo anno, il padre assumeva questo compito. I padri non esitavano a dedicare parte del loro tempo ai figli, insegnando loro a leggere e scrivere e coinvolgendoli negli eventi più significativi della vita pubblica. L’educazione romana aveva come obiettivo principale inculcare nei giovani l’amore per la patria, il rispetto per la religione, le tradizioni e le leggi. Un’antica massima recitava che i giovani dovessero avere “mens sana in corpore sano,” ovvero una mente pronta e un corpo in salute. Per questo motivo, i ragazzi romani venivano istruiti sia a livello intellettuale che fisico, con attività come l’equitazione, il nuoto, la lotta e la ginnastica, affiancate dalla lettura dei grandi poeti.

Se nei primi anni della Repubblica l’istruzione era un compito esclusivo dei genitori, col passare del tempo questa pratica si affievolì, e i ragazzi vennero sempre più spesso affidati a precettori privati o inviati a scuole pubbliche. Queste scuole non erano gestite dallo Stato, come avviene oggi, ma da insegnanti privati che, per un modesto compenso, si assumevano il compito di insegnare a leggere e scrivere. Verso la fine della Repubblica, esistevano tre livelli di istruzione: il primo corrispondeva all’attuale scuola elementare, il secondo alla scuola media, e il terzo era destinato ai giovani che desideravano apprendere l’arte dell’eloquenza, in preparazione a una futura carriera politica.

Molti dei giochi praticati dai bambini di oggi erano già noti ai ragazzi romani. Essi si divertivano con il cerchio, la trottola, la palla e il cavallino di legno. Tuttavia, il loro gioco preferito era quello delle noci, tanto che l’espressione “nuces relinquere” (lasciare le noci) simboleggiava il passaggio dall’infanzia all’età adulta. I ragazzi romani si divertivano con le noci in vari modi, proprio come i bambini di oggi fanno con le biglie.

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